Tolotti: elezioni, il governo sul Nord deve cambiare rotta

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Franco Tolotti
Franco Tolotti

(da il Brescia, aprile 2007, Andrea Tortelli)

Autocritica. È questa, a destra come a sinistra, la parola d’ordine delle due coalizioni che si sono sfidate in questa ultima tornata elettorale nel Bresciano. Anche se – spiega il parlamentare diessino Franco Tolotti – «qui l’Unione ha tenuto meglio che nel resto del Nord e non ci sono stati particolari scossoni».
Tutto secondo previsioni?
Forse ci aspettavamo qualcosa in più da Darfo, dove la Cdl si presentava divisa. Ma sono molto contento per il risultato di Rovato, merito anche del valore aggiunto di Cottinelli.
E Desenzano?
Arrivati al ballottaggio abbiamo buone opportunità di vittoria, anche perché Fiorenzo Pienazza porta con sé un consenso significativo e a dimostrarlo è innanzitutto l’ottimo risultato ottenuto dalla sua civica.
La linea del Piave, però, per l’Unione era la Franciacorta.
Senza dubbio, se avessimo perso lì – in particolare a Cazzago -sarebbe stato preoccupante.
Anche per gli equilibri di Cogeme, di cui Cazzago e Rovato sono i maggiori azionisti.
Non solo. Aver confermato questi due Comuni ci permette anche di lasciare inalterati i rapporti di forza nell’Associazione Comuni bresciani, dove la maggioranza che ha eletto presidente Carlo Panzera era piuttosto risicata.
Brescia tiene, ma al Nord la spallata della Cdl c’è stata.
Putroppo sì. Verona e Gorizia, forse, sono soltanto tornate alla loro collocazione naturale, ma i risultati di Monza, Asti e Alessandria non vanno sottovalutati. A preoccupare è soprattutto l’entità della vittoria del centrodestra, che deve farci riflettere.
Parla del Governo?
Sul Nord Prodi deve cambiare radicalmente rotta perché l’esito del voto dimostra che c’è una sofferenza nei rapporti con questa parte del Paese, in particolare con la piccola e media impresa che ne costituisce l’ossatura. Una parte del problema è dovuta soltanto alla nostra incapacità di comunicare le scelte importanti che abbiamo fatto, come gli investimenti sulle infrastrutture. Ma non è un caso, forse, se al Nord passiamo per quelli che mettono i lacciuoli allo sviluppo: altro che semplificazione burocratica, in alcuni casi siamo riusciti perfino a complicare le cose.
Anche la sinistra deve fare autocritica?
Più che fare autocritica dobbiamo avere maggiore consapevolezza del fatto che sostenere le imprese, far funzionare la pubblica amministrazione e avere infrastrutture efficienti non sono obiettivi alternativi all’aiuto ai ceti più deboli
C’è anche chi legge questo voto comune una bocciatura al nascente Partito democratico.
Non credo, il primo banco di prova del Pd saranno le amministrative del 2008. Ma dobbiamo subito accelerare i tempi, perché non possiamo continuare a dare l’idea che Ds e Margherita siano due forze estranee e spesso anche confliggenti. In secondo luogo bisogna fare in modo che il processonon sia tutto interno ai partiti, ma si apra alla società. Anche se questo significa mettere in discussione leadership e rendite di posizione. Infine bisogna dare in fretta dei contenuti a questo nuovo soggetto.
In chiave Loggia, invece, cosa dicono queste elezioni?
Che occorre fare un grande sforzo per innovare e – partendo dall’Unione – allargare la coalizione ad altre realtà. Per il resto deve essere chiaro che non possiamo più permetterci di riproporre quei riti che tradizionalmente accompagnano la designazione dei candidati, ma dobbiamo aprire nuovi spazi di coinvolgimento, a partire da vere primarie.
Il programma?
Dobbiamo ricominciare dalle cose fatte in questi anni, ma per andare oltre. La prima parola d’ordine, secondo me, è la sicurezza: una parte della nostra coalizione, infatti, deve superare il tabù di abbinare la repressione alla prevenzione e alle azioni positive. Quanto, invece, alla mobilità e ai tempi della vita dobbiamo lavorare di più per offrire alla gente una città in cui spostarsi con i mezzi pubblici sia una scelta e non un’odissea.
Ma per vincere serve un candidato. E nei Ds ci sono due visioni diverse, tanto che il segretario cittadino Gianbattista Ferrari e l’ex leader provinciale Claudio Braglio sembrano d’accordo solo sul no a Morgano.
Bragaglio pensa che sia necessario partire da candidature del mondo cattolico-democratico. Io, come Ferrari, credo invece che questa discussione debba uscire da una logica politicista per concentrarsi su un unico obiettivo: scegliere il candidato vincente.
La bocciatura di Morgano però sembra chiara.
Attorno al suo nome non mi pare che la Margherita abbia raccolto grandi consensi, ma il problema non è dire sì o no a Morgano. Nè contesto il fatto che i Dl vogliano indicare il successore di Corsini, anche se non è scritto da nessuna parte che questa sia una prerogativa loro, nostra o del Pd. La priorità deve essere quella di vincere e questo voto ci ha dato una bella lezione. A Brescia il rapporto tra l’Unione e la gente e meno esangue che in altre parti del Nord, ma non possiamo sperare che un’onda ci porti automaticamente alla vittoria. Serve uno scatto in avanti.

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