Quando le armi entrano nel tempio

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    Non mi è mai piaciuta la celebrazione della Messa via etere, ha un che di lontano, distaccato. Di solito cambio canale, mi pare più consono. Ma la Messa andata in onda il 29 marzo scorso alle 10,55 su RAI UNO dal Campo del Contingente italiano Forze UNIFIL a Shama in Libano mi è apparsa veramente troppo. È stata più che una bestemmia, più che un’offesa, più che una contraddizione.
    Non voglio assegnare eccessivo valore ai "segni", ma nemmeno posso ignorare che all’interno del "segno per eccellenza" dei cristiani campeggino bocche di cannone, bandiere di corpi d’armata, crocefissi e divise abbigliati con mimetiche d’ogni tipo.
    Quel giorno mons.Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, non ha celebrato una semplice eucarestia, ha benedetto la supremazia delle icone della guerra sugli strumenti della Pace, della compassione, della convivialità. Quel giorno nel tempio non sono entrati soli i mercanti, sono entrate anche le loro armi e gli uomini che le usano per fare la guerra, poco importa se dicono di farla per mantenere la Pace.
    Avrei qualche dubbio se fra i soldati italiani si fossero mescolati i parenti dei civili morti, i commilitoni degli avversari uccisi.
    Abbiamo saltato alcune pagine oppure questi preti/generali corpo d’armata hanno scritture che a noi non è
    dato di leggere? Potremmo spegnere la TV, ma possiamo fare zapping con la nostra coscienza?

    Gianluigi Fondra – Mompiano

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