Da anni ai primi di luglio vado a comprare le pesche nostrane. Vengono da un bel pescheto circondato dalle case di San Bartolomeo e da una grossa fabbrica che bacia le rive del Mella. È l’unica frutta che mangio volentieri, è dolce, maturata sulla pianta, coltivata con saggezza e passione da un’intera famiglia e venduta con simpatia da Maristella che nella vita fa la maestra, ma che ad ogni stagione rende la spesa piacevolmente familiare. Finita la pesata ti regala sempre due o tre “brutte ma buone”… hanno preso la tempesta.
Perché quella frutta mi piace e quella del supermercato neanche un po’?
Quella di Maristella è buonissima perché coltivata e consumata a “chilometri zero”. Quell’altra – se non viene dalla Spagna – ha comunque viaggiato per centinaia di chilometri da sud a nord nelle celle frigorifere.
Non mi sono mai piaciuti quelli che dicono “l’era mej n’à oltà…” ma continuo a pensare che questa città non ha ancora capito quanto vale il patrimonio ambientale e agricolo che la circonda. Colline e coltivi che fino a pochi anni fa davano da mangiare a mezza Brescia e che ora vivono un abbandono incentivato e insipiente.
Quando si smetterà di costruire case e uffici – spesso invenduti – con annessi supermercati dove si vende frutta bella e acerba?
Scrivo queste parole sollecitato da Marisa. Ci chiamano “ecologisti” con tono spregiativo. Invero ci piacerebbe semplicemente sapere se questi ultimi agricoltori cittadini, sono considerati un valore aggiunto o un ostacolo alla “modernità”.
Entro marzo prossimo dovrà essere approvato il Piano del Governo del Territorio di Brescia (PGT). Che futuro avranno gli ultimi frutteti di San Bartolomeo, Casazza e Stocchetta? Saranno integrati in un allargamento del Parco delle Colline o sostituiti da autostrade e residenze?
Per i nostri figli non è banale sapere se cresceranno mangiando frutta buona o finiranno per conoscere solo il sapore di quella aspra. L’urbanistica che c’interessa è questa. Pare che gli uffici di via Marconi non se ne siano accorti, ma siamo in molti a gradire le pesche dolci e mature.
Gianluigi Fondra – Mompiano
Hai ragione Gigi, spero un domani di avere il tempo di riflettere anche su queste cose e non sempre di lavorare lavorare lavorare
ciao mauro [email protected]
Complimenti per l’articolo! Aggiungerei che le strade che vengono costruite servono anche a trasportare le pesche (coltivate chissà dove) nei supermercati che consumano un’altra fetta di suolo agricolo! Poi non è che i coltivatori che vendono alla grande distribuzione si arricchiscano molto
Very nice site!