Ragionamenti di un provinciale

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    Su in montagna la vita della gente del posto è tutto un occuparsi del bestiame, da quando si impara a camminare fino a che non si sta più in piedi, e durante questo quotidiano starsene assieme a ruminanti, pennuti e creature mangia e dormi e caga e crepa del genere se ne assimilano inconsapevolmente le abitudini, una su tutte il ragionare a odori. Per esempio, se una sera vai a ballare dentro a certe balere di montagna ancora ferme al dopoguerra, vale a dire con il pavimento in graniglia e dove si può fumare e male illuminate da una solitaria lampadina fissata al muro con del nastro isolante nero e tenuta tra la vita e la morte da un generatore balordo di corrente, balere così affumicate e buie che non ci si vede in faccia, è facile venire avvicinato da una pastorella del posto che per capire se ha voglia di farsi portare via da te, invece di rovesciarti addosso una quintalata di discorsi spigolosi come farebbe una che si occupa di gestione del personale o lavori da pianura urbanizzata del genere, ragiona a odori come il bestiame e ti annusa: se sai di roba che le piace, si lascia portare via. Così, quando non ho voglia di star lì a farmi psicanalizzare da una che vorrei fare semplicemente mia nottetempo in mezzo a un prato, impugno la mia Poderosa III e do gas fino su a quelle balere buie lì tutto graniglia e fumo, dove una a cui piace il mio odore e con cui andare a rotolarmi tra i grilli la trovo di sicuro. Oltretutto queste pastorelle dalle bestie hanno assimilato anche il modo genuino di provar piacere… altro che logorroiche donne in carriera dai gemiti di plastica! Non sto qui a raccontare di come anch’io, contagiato da tutta questa pastorizia, grugnisco fiero al cielo.     

    Qualche sabato sera fa, l’inaspettato. Ero nel bel mezzo di una di quelle balere lì a far vedere come ci si muove sopra un Otis Redding del ‘68, quando percepisco l’avvicinarsi di una femmina che mi annusa e mi fa capire, leccandomi l’orecchio, che l’odore di terra bagnata di cui so le piace. Io ricambio baciandola sul collo, importante e venoso e caldo, e la porto fuori al chiaro di luna per guardarla negli occhi ed organizzare la camporella.

    Sulla targhetta c’era scritto ‘Giuseppina’, il primo caso di pezzato bovino femmina con campanaccio ad aver assimilato le abitudini delle pastorelle del posto, una su tutte l’andare in balera la sera.

    Averle dovuto dire che di farla mia sopra un plaid non se ne parlava le ha spezzato il cuore.

     

    Rubes*

     

    * COMICO E COLLABORATORE DI ZELIG 

     

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    1 COMMENT

    1. Prarafrasando la lirica,l\’Arlesiana by Francesco Cilela,inparticolare la celebre aria IL LAMENTO DI FEDERICO,le argomentazioni del RUBES sono per niente rubafacenti come i vari tipi di Olio di Canfora,che riattivano, come in un Cabaret,la circolazine sanguigna.

      Cantava Federico:È la solita storia del pastore…
      Il povero ragazzo voleva raccontarla…
      E s\’addormì…

      Rubes invece: ci addormi!Poco male! Salut.

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