Pirandello tra il S.Chiara e L’Aquila

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Renato Borsoni - www.bsnews.it
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di Renato Borsoni – C’è stato un momento in cui il teatro S. Chiara di Brescia (sere fa, vi è andato in scena un delizioso spettacolo sui nostri patroni inventato e recitato da Bruna Gozio e Edi Gambara, due storiche “ragazze” della nostra scena) e il teatro comunale dell’Aquila si trovarono a vivere un’avventura teatrale comune che si è riaccesa vividamente nella mia memoria (era il 1976). Prima immagine: un servizio televisivo sul teatro dell’Aquila – uno dei palcoscenici più vivaci del panorama italiano – desolatamente devastato dal recente terremoto. Secondo fatto: la morte accaduta in questi giorni di Sandro d’Amico, studioso di teatro raffinato e cortese, marito di Maria Luisa Aguirre, figlia di Lietta e quindi nipote diretta di Pirandello. Perché il collegamento? Al S. Chiara era andato in scena “Vestire gli ignudi”: un’opera fino ad allora poco rappresentata e che Massimo Castri aveva individuato da tempo come suo possibile esordio nel repertorio pirandelliano, soprattutto per le indagini “sottotestuali” che attraevano in quel periodo il nostro regista di punta. Ne uscì uno spettacolo – tanti bresciani non più giovani lo ricorderanno – di fortissime emozioni: se ne accorse immediatamente e unanimemente la critica nazionale giunta a Brescia che sottolineò l’apertura di una fase nuova nell’interpretazione pirandelliana. Ma probabilmente proprio gli aspetti sottotestuali dell’indagine castriana – che alludevano anche ai tormenti nascostamente personali del Poeta – misero in allarme la famiglia che aveva già concesso a fatica i diritti di rappresentazione essendo a conoscenza delle libertà drammaturgiche che segnavano un po’ tutta l’attività della compagnia bresciana. E Maria Luisa, capofila e portavoce degli eredi, arrivò d’improvviso da Roma a L’Aquila, sede di una delle prime trasferte dello spettacolo. Nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo fui perentoriamente “convocato” nell’atrio: con lei c’era il marito Sandro che interpose tutti i suoi buoni uffici da gentiluomo – e da intellettuale – per evitare, addirittura, che si giungesse all’interruzione dello spettacolo quella stessa sera. Ma in seguito il successo fu tale che l’episodio dell’Aquila non ebbe seguito: credo che il grande Nonno non si sia mai rovesciato nella tomba, come temeva la mia tremenda interlocutrice. Anzi avrà goduto del fatto che, anche dopo morto, riusciva a scuotere le platee.

DA IL QUOTIDIANO IL BRESCIA – 12 FEBBRAIO 2010

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