Non si può non comunicare

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    In un’appassionata lettera indirizzata privatamente ai direttori dei due quotidiani cittadini l’avv. Cesare Trebeschi, già sindaco di Brescia, centra in pieno uno dei maggiori problemi che viviamo in questa città. Lo spunto è partito dal dato oggettivo che di fronte a fatti crudelmente eclatanti, le notizie di cronaca nera o rosa nei giornali prendono il sopravvento su ogni altro evento in modo univoco.  Nel caso specifico ignorando la ricorrenza della breccia di Porta Pia. Non da oggi viene spontaneo chiedersi quale dei due giornali vale la pena comprare se le differenze sono così impercettibili. Analogo ragionamento va fatto per le emittenti televisive bresciane.

    Avendo partecipato da collaboratore all’avventura della cooperativa editoriale di Bresciaoggi, credo di poter aggiungere qualche elemento alla citazione storica dell’operato del sindaco Boni. Bresciaoggi nasce strappando alcune delle costole migliori alla cassa toracica del “bugiardino”. Per un certo periodo ha svolto egregiamente la sua vocazione fondativa attivando punti di vista alternativi in entrambe le redazioni sulla medesima realtà territoriale.

    Oggi, dopo le peripezie che hanno portato alla chiusura della cooperativa, è di proprietà del maggior gruppo editoriale di quotidiani locali e di stimoli se ne vedono ben pochi. Non smetterò mai di chiedermi come sia potuto accadere che in anni non lontani sia stato diretto da personaggi come Feltri o che vi abbia scritto Belpietro. Tuttavia oggi sarebbe riduttivo catalogare le attuali linee politiche/editoriali in categorie quali destra/sinistra o moderato/progressista. 

    La loro funzione non è più la propaganda politica diretta né – tantomeno – l’indiretta come spesso e volentieri è accaduto negli ultimi trent’anni. Oggi queste redazioni sono impegnate in un costante, contemporaneo, ridondante e contorto afflusso di notizie pressoché simili che con il passare del tempo causa un’incapacità nei lettori di selezionare e comprendere i fatti e le opinioni.

    È in questo modo che si forma la “spirale del silenzio” teorizzata dalla sociologa Elisabeth Noelle-Neumann proprio negli anni in cui nasceva a Brescia il secondo quotidiano.

    Non sarà forse per questo che le giovani generazioni bresciane non trovano gusto a leggere opinionisti senza opinioni o notizie prevedibilmente uguali a se stesse? 

    Perché degli adolescenti dovrebbero sfogliare una sovrabbondanza di pagine scritte in modo asettico e forgiate nei cliché delle ovvietà da telenovelas utili principalmente a intercalare la pubblicità?

     

    Certo, la diffusione massiccia di questo modo di informare l’hanno introdotta principalmente le televisioni commerciali, ma la carta stampata non ha saputo far altro che inseguire una realtà-reality subendo e mimando agende, modi e funzioni.

    In questa Babilonia di linguaggi, il singolo individuo ha il timore costante d’essere in minoranza rispetto all’opinione pubblica univocamente rappresentata. È in questo stato d’animo che – per non sentirsi isolato – il lettore, l’ascoltatore, il web-navigatore – anche se con un’idea diversa rispetto alla massa non la mostra e si conforma tacendo. Sospinto in un silenzio conscio e dolorante sente d’essere costretto a non fidarsi più di nulla e di nessuno.

    Chi ha pubblicando la lettera dell’avvocato Trebeschi, si è difeso mostrando in pubblico ciò che gli era destinato privatamente. Io ho inteso questa reazione come una volontà di disorientare e neutralizzare i lettori sul nocciolo della questione posta con riservata saggezza dall’ex sindaco che – probabilmente – si prefiggeva solo di stimolare o tuttalpiù concordare un eventuale confronto pubblico.

    Perché, comunque la si pensi, l’assunto rimane che “non si può non comunicare” e anche il silenzio oggi diventa un messaggio potente e inequivocabile.  Anzi, paradossalmente, pare essere proprio lo strumento più diffuso nel comunicare. Una serie impressionante di non parole, una moderna censura, raffinata, sottile, indispensabile ai potenti di turno, che lascia ai cittadini solo la libertà d’essere muti nel sentirsi orfani di spazi per leggere una democrazia matura.

    Uno dei due giornali ha taciuto. Mi auguro abbia risposto all’avv. Trebeschi privatamente e nel merito.

    Gianluigi Fondra, Mompiano

     

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