Eros immediato e amore utopico

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    Di Augusto Mazzoni.

    Pochi lavori musicali sono in grado di attirare un interesse critico come la Zauberflöte. Se Mozart è da tempo uno dei più celebrati compositori della storia, quale opera può essere degna di attenzione se non quella con cui si conclude la sua geniale produzione per il teatro musicale? Peraltro Die Zauberflöte rappresenta qualcosa di unico, qualcosa che non è facilmente inquadrabile in precise categorie di genere: una Maschinenkomödie piena di effetti stravaganti per far presa sul pubblico (non era questo l’intento primario di Schikaneder?), una favola simbolica di stampo massonico, un semplice Singspiel destinato però a entrare nel repertorio perenne come primo grande titolo per l’opera nazionale tedesca. Tutto ciò ha favorito una pluralità interpretativa davvero eccezionale, stimolando le riflessioni non soltanto della musicologia ufficiale, ma altresì di letterati, intellettuali, uomini d’arte e di cultura. Anche i filosofi non si sono potuti sottrarre al richiamo che proviene dalla Zauberflöte e hanno elaborato importanti osservazioni in merito. Questa non è la sede per un resoconto dettagliato di tutte le voci che si sono levate dall’ambito filosofico a proposito dell’opera mozartiana. Basterà limitarsi ad alcuni contributi fondamentali che si concentrano soprattutto sulla fisionomia e sui caratteri dei personaggi in riferimento al significato generale dell’intero lavoro.
    Søren Kierkegaard si è occupato della Zauberflöte subordinatamente al suo interesse principale per il Don Giovanni. Secondo Kierkergaard l’autentico capolavoro teatrale di Mozart è appunto la seconda delle tre opere scritte in collaborazione con Da Ponte. Al contrario, quanto è sortito dalla collaborazione con Schikaneder possiederebbe una musicalità solo in misura limitata. Il punto è che, per Kierkegaard, la musica è essenzialmente espressione dell’immediatezza sensuale e quindi dell’eros immediato, ciò che si può constatare mirabilmente nel Don Giovanni. Nella Zauberflöte invece si assiste ad altro: "tutta l’opera gravita verso la coscienza, e perciò tutta la vera tendenza dell’opera è quella di annullare la musica… Come scopo della trama è stato messo l’amore a sfondo etico o l’amore coniugale, e qui sta l’errore fondamentale dell’opera; l’amore coniugale può essere quel che vuole, in parole sacre o profane, ma non sarà mai musicale, anzi è assolutamente amusicale". Pur nella sua complessiva assenza di musicalità, il lavoro mozartiano si riscatta tuttavia nel personaggio di Papageno: non tanto in quello che emerge dal libretto nella sua interezza quanto piuttosto in un "Papageno mitico" che Kierkegaard ritiene di poter comunque rintracciare in alcuni momenti decisivi. Papageno rappresenterebbe infatti uno stadio particolare della sensualità erotica, il secondo, quello del desiderio che esplora: stadio intermedio tra il primo, quello del desiderio che sogna, rappresentato da Cherubino nelle Nozze di Figaro, e il terzo, quello del desiderio che brama, rappresentato da Don Giovanni. Come afferma Kierkegaard, "se dovessi tentar di caratterizzare con un solo attributo la particolarità della musica di Mozart nella parte dell’opera che ci interessa, direi: essa è gaia, cinguettante, ricca di vita, frizzante d’amore. Perché quello a cui deve soprattutto dar valore è la prima aria e la melodia delle campane; il duetto con Pamina e poi con Papagena esulano completamente dalla determinazione dell’immediato musicale… Come si sa, Papageno accompagna la sua gaia gioia di vivere con il suono del flauto… La sua vita è un continuo cinguettare, un continuo ininterrotto canterellare senza pensieri, in tutta futilità, pieno di gioia e di allegria; perché questo è il contenuto della sua vita: gioia in tutto quello che fa, gioia del suo canto". In tal senso Papageno è da contrapporre nettamente a Tamino. "Come è risaputo, l’opera è architettata in modo che il flauto di Tamino e quello di Papageno si corrispondano. Eppure che diversità! Il flauto di Tamino, che è quello che dà il nome all’opera, manca completamente il suo effetto. Perché? Perché Tamino non è affatto una figura musicale. Questo dipende dalla costruzione completamente sbagliata dell’opera. Tamino col suo flauto è assai noioso e sentimentale… Come figura drammatica esula completamente dal mondo della musicalità, e anche l’evoluzione spirituale che l’opera vuol presentare, è un’idea del tutto immusicale. Infatti Tamino è proprio giunto al punto in cui la musicalità finisce".

    Hermann Cohen, filosofo neokantiano, concorda in qualche modo con Kierkegaard nell’attribuire alla Zauberflöte un contenuto eminentemente etico: solo che in tal caso l’etica non è considerata come ostacolo alla genuina musicalità, ma, all’opposto, come elemento in cui finalmente convergono virtù, arte e saggezza. "L’ideale morale della fratellanza tra gli uomini, della pace terrena nella realtà politica e nella vita degli uomini e delle azioni, questo è il significato del Flauto magico". L’opera inoltre si caratterizza come tipicamente tedesca, là dove "per la prima volta l’atmosfera dominante è costituita dalla solennità religiosa e dalla profonda semplicità del canto popolare". Ora, se per Cohen in generale l’archetipo drammatico del teatro mozartiano è l’amore (da intendere però non certo come sensualità e quindi non come immediatezza erotica nel senso di Kierkegaard), nella Zauberflöte esso risulta legato al tirocinio della virtù e della saggezza. Si tratta delle prove di cui si esige il superamento. "Tamino si sottopone a queste richieste, e per l’ultima prova gli si affianca anche Pamina. Virtù e saggezza sono presupposti imprescindibili, ma precisamente sono solo un mezzo per la realizzazione del fine dell’amore". Nei confronti di Tamino e Pamina come si pone la coppia comica formata da Papageno e Papagena? Il contrasto tra le coppie è in funzione drammatica. "Se anche Papageno e Papagena fossero partecipi di questa altissima gioia della saggezza, si esaurirebbe la possibilità del dramma; eterna pace dell’ideale messianico sarebbe allora una realtà morale, ma anche, al tempo stesso, prosaica… Papageno e Papagena ci liberano dal dubbio che la pace universale possa essere già una piatta realtà, o anche soltanto che si possa calcolare l’approssimarsi della sua realizzazione, così che non ci sarebbe più nessun compito per la ricerca morale". Ciò non vuol dire comunque una mancanza da parte della coppia comica. "Per virtù e amore Papageno e Papagena non sono da meno dell’altra nobile coppia. Essi percorrono insieme la celeste scala dell’amore fino al matrimonio, e fino alla pace messianica dell’umanità, ciò che allora la Massoneria, cui Mozart aderì, perseguiva nella realtà politica. Non c’è forse testimonianza artistica più convincente dei duetti di Papageno con Pamina e con Papagena rispetto alla rappresentazione di quanto la natura più pura, il più ingenuo e pudico suono della natura, il sentimento frugale della felicità e della realtà della vita siano la più matura espressione d’ogni idealità".
    Ernst Bloch ha sottolineato la portata utopica della Zauberflöte, secondo un’idea non troppo dissimile rispetto a quella di Cohen. Tuttavia a essere rimarcato in questo caso è il senso simbolico di cui sono caricate immagini risalenti all’arcaico. "Il flauto magico — per prendere un lavoro di fantasia che indubbiamente opera in senso umanizzante ­- fa uso di allegorie e simboli quasi esclusivamente arcaici: la guida e il re-sacerdote, il regno della notte, il regno della luce, la prova dell’acqua e del fuoco, la magia del flauto, la trasformazione in un sole. E nonostante tutto ciò, tutte queste allegorie e questi simboli, compresi alcuni nelle cui sacre sale non era stato cantato prima alcun amore per gli uomini, si sono dimostrati utilizzabili al servizio dell’illuminismo, anzi nella musica quale tempio non demonico che Mozart compose per questa favola essi trovarono la loro vera casa". Bloch analizza in particolare il rapporto tra Tamino e Pamina, a cominciare dalla tipica funzione utopica dell’immagine. Il riferimento va a come Tamino si è innamorato di Tamina, ammirandone il ritratto. "Pamina offre la figura più dolce di tutte le amate di sogno e, attraverso la musica del suo pre-apparire, la più essenziale. La fine miniatura di Pamina è nella mano di Tamino e viene da essa chiusa come tenerissima cornice, Pamina guarda il giovane nelle bellezze non terrene del suo canto, e si presenta a Tamino come immagine incantata e come figura musicale del suo amore". Da questo primo momento Bloch segue l’evoluzione della coppia. "Nello stato in cui è stata incontrata nella sua realtà, Pamina forse non è così come nel ritratto appare a Tamino, tuttavia l’imago utopica da essa eccitata è appunto la sua". Alla fine si scorge il passaggio tra amore utopico e matrimonio. "L’amore appare come l’utopia di una delle espressioni più amabili, come pure più rigide, del contenuto della vita umana; perciò la sua comprova non è soltanto, anzi in ultima analisi non è più affatto, quella dell’immagine dipinta di Pamina, dell’immagine verginale dell’incontro. Piuttosto all’utopia dell’immagine di Pamina nella mano di Tamino si aggiunge la musica della prova del fuoco e dell’acqua; questa indica e significa ora non più la fidanzata bensì il matrimonio, non più la passione bensì l’amicizia dell’amore, che appunto si chiama matrimonio. Pamina stessa avvia la musica della fedeltà ovvero la comprova dell’imago molto oltre il primo, mero incantesimo prodotto da quest’imago".

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