Se la verità su piazza Loggia arrivasse da Wikileaks

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    In questi giorni, in Italia, si fa un gran parlare dell’appello lanciato – all’indomani della sentenza su piazza Loggia – da familiari delle vittime, intellettuali e politici affinché venga cancellato al più presto il segreto di Stato sulle stragi e gli episodi di terrorismo. Una richiesta di buon senso, discussa proprio oggi durante una riunione del Copasir, il Comitato nazionale per la sicurezza della Repubblica presieduto da Massimo D’Alema. E se tutti hanno manifestato l’esigenza di non reiterare il vincolo oltre i 30 anni (come invece proposto dalla commissione Granata), il percorso per arrivare a questo risultato sarà ancora lungo. Troppo lungo per chi da decenni chiede giustizia e si trova sistematicamente a sbattere contro un muro di assoluzioni giudiziarie dovute alla difficoltà dei magistrati di accedere ai documenti necessari per accertare la verità e alla continua opera di depistaggio messa in atto da parte dei servizi segreti. Perché, dunque, aspettare tanto a mostrare carte che dovrebbero essere “dovute” in uno Stato che ambisce a definirsi democratico? La risposta, a tanti anni di distanza, non può più essere ricercata nella “sicurezza nazionale”, bensì – con maliziosa evidenza – nel timore di portare allo scoperto carte che potrebbero in qualche modo nuocere all’attività di personaggi (politici, apparati dello Stato e via dicendo) che ancora un peso e un ruolo nella vita dello Stato ce l’hanno. Insomma. La vera domanda è: quanto tempo dovremo ancora aspettare prima di conoscere la verità su quel tragico 28 maggio del 1974 e sui tanti episodi tragici che hanno macchiato di sangue la storia italiana? Forse anni. O lustri. E in quel caso non ci resterebbe che sperare in qualche anonimo Assange che faccia ciò che lo Stato non ha ancora il coraggio (o peggio: la voglia) di fare. Ma cosa succederebbe se un bel giorno, tra mesi o anni, ci svegliassimo e trovassimo finalmente la verità su piazza Loggia scritta nero su bianco su Wikileaks? Sarebbe un giorno felice per la “giustizia”, ma un giorno tristissimo per la democrazia.

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