Strage, per i giudici dal processo “risultati schizofrenici”. Delfino? “Elementi ambigui e non univoci”

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    “Risultati schizofrenici”. Con queste parole i giudici della Corte d’assise di Brescia hanno motivato l’assoluzione – per insufficienza di prove – dei 5 imputati per la strage di piazza Loggia. Questa mattina sono infatti state depositate le motivazioni della sentenza del processo conclusosi il 16 novembre scorso e che vedeva alla sbarra gli ordinovisti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, l’informatore dell’Ufficio Affari riservati Maurizio Tramonte, l’ex generale dei carabinieri Francesco Delfino e l’ex segretario dell’Msi Pino Rauti. Per i giudici durante il dibattimento – durato due anni – non sarebbe emersa una ricostruzione coerente e unitaria dei fatti, tale da permettere di attribuire con certezza le responsabilità. Le motivazioni sono riportate in 435 pagine. In uno dei passaggi si legge: ”I risultati, in termine di ricostruzione del fatto, appaiono potenzialmente schizofrenici. Ed, infatti, in base alle regole oggi vigenti, potrebbe giungersi a ricostruire un fatto differente (sebbene naturalisticamente identico) per ogni imputato, a seconda degli elementi utilizzabili nei suoi confronti e per alcuni potrebbe giungersi, in astratto, a negare la stessa sussistenza del fatto”.

    Scrive la corte, presieduta da Enrico Fischetti: ”Le attese, pertanto, di chi pretenda di ricevere dal processo l’accertamento della verità su un determinato avvenimento non può che restare delusa, potendo, tuttalpiù, il processo ricostruire una verità “processuale” per ogni imputato del medesimo reato, a seconda degli elementi utilizzabili nei suoi confronti. In altri termini, anche alla luce delle regole processuali da ultimo affermatisi, si è preferito assicurare al cittadino chiamato a difendersi dall’accusa in ordine ad un determinato reato, la possibilità di difendersi nella sua massima estensione, attribuendogli la possibilità di paralizzare la valenza probatoria di quegli elementi che lo hanno visto assente al momento della loro acquisizione (ad eccezione naturalmente di quelli per i quali sussista la impossibilità di ripetizione). In sostanza il processo penale non serve a stabilire la verità su un accadimento (costituente evidentemente reato), ma solo a stabilire se nei confronti di un determinato soggetto, in base alle regole processuali vigenti all’epoca del procedimento, quell’avvenimento si sia realizzato e lo abbia visto coinvolto al punto da potersene attribuire la responsabilità. Si tratta – hanno scritto i giudici – di una scelta di civiltà che questo collegio non può che tener presente e da cui va prestata osservanza pur non esimendosi, nei limiti del possibile, di ricercare una unitarietà della vicenda processuale che riguarda una pluralità di soggetti chiamati a rispondere del medesimo reato”.

    Nelle motivazioni della sentenza sulla strage si legge inoltre: “Non è stata consentita l’acquisizione integrale dei precedenti procedimenti sia sulla strage di Brescia che sulla strage di piazza Fontana, che pertanto, sebbene prodotti, hanno valenza solo nei confronti delle parti (e qui viene in risalto la posizione degli imputati Maggi, Zorzi e Rauti) che non si sono opposti alla loro utilizzazione. Di talché – hanno scritto i giudici – si è reso necessario riassumere i testi più significativi escussi in quei procedimenti verificando direttamente gli inevitabili inconvenienti derivanti dall’assunzione di una testimonianza a distanza di oltre 30 anni dagli avvenimenti che il teste è chiamato a ricordare e raccontare, non senza sottacere i sospetti di interessate dimenticanze od omissioni, mascherate da asseriti ‘non ricordo’, che riguardano alcuni dei soggetti coinvolti in azioni delittuose di matrice asseritamente politica chiamati a rievocare le loro condotte ed il contesto, molto spesso eversivo, nel quale si muovevano. Ciò nonostante – hanno concluso – vi sono parti di quei procedimenti, anche se la meno rilevante, che valgono solo per alcuni degli imputati, e non per tutti. I risultati, in termini di ricostruzione del fatto, appaiono potenzialmente schizofrenici”.

    Per i giudici l‘ex generale Delfino, all’epoca dei fatti capitano a Brescia e colui che per primo indagò sulla strage imbastendo la prima discussa inchiesta va assolto ”essendo gli elementi a suo carico ambigui e non univoci” . Secondo l’accusa Delfino partecipò alle riunioni in cui venne preparata la strage e comunque non fece nulla per impedirla, pur sapendo che qualcosa stava per accadere. Nelle motivazioni, però, la corte scrive: ”Orbene, a tutto voler concedere ed anche ammettendo che il Delfino fosse stato informato da Del Gaudio del contenuto degli appunti di Felli (il maresciallo del Sid che nel 1974 redasse le “veline” di Tramonte – fonte “Tritone” – in cui si parlava delle riunioni preparatorie alla strage, ndr) e non ne abbia tenuto conto, ciò non prova che egli fosse a conoscenza della strage prima che fosse realizzata ma, tutt’al più, che gli sia stata fornita una pista di cui non ha tenuto conto. In altri termini, si può parlare tutt’al più di favoreggiamento nei confronti del gruppo di Padova, del quale peraltro non vi e’ prova che abbia commesso l’attentato, non già di concorso in strage”.  

     

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    1 COMMENT

    1. Capisco che in un processo debbano accertarsi le responsabilità personali degli imputati e capisco anche che a 36 anni dai fatti sia difficile arrivare a certezze "univoche" (tanto che si parla elementi ambigui e l’assoluzione è per insufficienza di prove). Però il passaggio dove si dice: "si è preferito assicurare al cittadino chiamato a difendersi …la possibilità di difendersi nella sua massima estensione, attribuendogli la possibilità di paralizzare la valenza probatoria…" mi lascia un po’ di amaro in bocca. Va bene il giusto processo e le massime garanzie per gli imputati, ma qui c’è una città che chiede giustizia da 36 anni!!! Non sono un avvocato e potrei dire una sciocchezza, ma se c’era qualche elemento utile ad accertare la verità e non è stato usato per tutelare "al massimo" gli imputati, lo troverei davvero avvilente…

    2. VOGLIAMO LA VERITA’… NON E’ COLPA DEI GIUDICI MA E’ GRAVISSIMO CHE A DISTANZA DI TANTI ANNI NON CI SIANO ANCORA I COLPEVOLI E CHE LO STATO NON ABBIA VOLUTO APRIRE I SUOI RCHIVI

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