Strage, parti civili depositano atto d’appello: “Trascurate prove su terrorismo”

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    “Tutte le prove a sostegno dei fatti di terrorismo della primavera del 1974 sono state completamente trascurate dai primi giudici che, al contrario, avrebbero dovuto prenderle in esame non tanto perché era loro compito ricostruire il quadro storico dei cosiddetti “anni di piombo”, ma poiché era necessario e doveroso farlo per comprendere l’origine dell’orrendo crimine avvenuto a Brescia”.
    Cosi’ nell’atto d’appello depositato oggi dai legali di parte civile, nel procedimento per la strage di piazza della Loggia che, il 16 Novembre scorso si è concluso con l’assoluzione in primo grado, con formula dubitativa, di: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino, Pino Rauti. Nell’atto d’appello i legali chiedono il riconoscimento della responsabilità di concorso in strage per tutti gli imputati tranne Rauti. Nelle conclusioni delle 172 pagine dell’atto è scritto quindi: “I processi (troppi) per la strage di Piazza della Loggia, sono sempre stati processi “indiziari”. Anche il terzo processo è indiziario.Nei processi indiziari la prova indiziaria non è certamente figlia di un dio minore. Così come figlia di un dio minore non può essere considerata, in concreto, la prova più rilevante che è stata raggiunta, superando il “dubbio ragionevole”: il 25 maggio 1974 (quando era ormai pubblica la notizia della manifestazione di protesta del 28 maggio, a cui ha dato spunto, ma non causa la morte di Silvio Ferrari), nell’abitazione di Giangastone Romani, Maggi comunicò alle persone presenti e concorrenti nel delitto che di lì a tre giorni ci sarebbe stato il “salto di qualità” attraverso il sacrificio degli innocenti sull’altare dell’ideologia politica (”Quelli sono tutti pazzi” – disse uscendo il giovane Tramonte)”.
    E le conclusioni proseguono: “Si vuole, dunque, fare riferimento alla vera prova indiziaria voluta dal legislatore all’articolo 192 comma 2 del codice di procedura penale, escluse le prassi deformanti. In ragione di tutto quanto sopra esposto, e’ evidente che, dopo 37 anni (tanti ce ne sono voluti), tale prova ha superato (e non di poco) la regola “dell’oltre ogni ragionevole dubbio”’ quale massima espressione del principio costituzionale della presunzione d’innocenza”.

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