Milani: “Strage, abbiamo le prove ma non i nomi”

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    (da.bac.) – “Abbiamo le prove, ma non i nomi”. Manlio Milani capovolge le celebri parole di Pasolini per cercare di spiegare il suo stato d’animo di questo 28 maggio. Dopo 15 anni di indagini, due di dibattimento, 170 udienze e centinaia di testimoni anche l’ultimo processo per l’eccidio di piazza Loggia non ha individuato alcun colpevole. A 37 anni dallo scoppio che uccise 8 persone e ne ferì un centinaio, quella del 28 maggio 1974 resta una strage impunita.

    Dopo tutti questi anni e l’ennesimo flop giudiziario, verrebbe quasi da dire che questo è un anniversario senza speranza?

    Mah, senza speranza non me la sento di dirlo. Vorrebbe dire arrendersi. Ma è innegabile che la sentenza è stato un duro colpo. Ho avuto attimi di scoramento, mi sono sentito solo e abbandonato. Mi sono detto: ma allora quella mattina non è successo nulla….

    Si può avere ancora fiducia in un paese che in 37 non è riuscito a trovare i responsabili della morte di sua moglie e delle altre 7 vittime?

    Eh…quando vedi uomini dello Stato reticenti o che non ricordano, la fiducia vacilla. Noi quel giorno non eravamo in piazza per una questione personale, ma per difendere le istituzioni democratiche. Le stesse istituzioni che in 37 anni non sono riuscite a darci una risposta e che anzi, in alcuni loro settori, hanno lavorato per impedire l’accertamento della verità. A volte mi viene voglia di dire: chi me lo fa fare? Riesco ad andare avanti perché penso a quei morti e al loro sacrificio. La spinta maggiore è proprio quella, non rendere inutile la loro morte. Finché ci sarà la possibilità di arrivare alla verità dobbiamo percorrere tutte le strade. Ma non nego che, a volte, mi vien voglia di cambiare paese.

    Torniamo al processo. Oggi, dopo sei mesi dalla sentenza, che idea si è fatto?

    Io credo che ci fossero le condizioni per poter condannare almeno un paio di persone, Tramonte e Maggi. Ma, come ho sempre detto, le sentenze si rispettano. La cosa che più mi amareggia è però la povertà delle motivazioni della sentenza che non riflettono l’andamento del processo. Nel corso delle udienze è emerso in modo chiaro che – se non si è raggiunta la verità – è perché ci sono state dichiarate interferenze. L’ex capo del controspionaggio, il generale Maletti, ha confermato un quadro inquietante: a loro risultava che in piazza Loggia non ci doveva essere un attentato che colpiva le persone. Ma questo significa che sapevano che c’era un attentato. I giudici dicono che se si fosse saputo subito quello che ha detto Maletti, oggi sapremmo la verità Io mi aspettavo che nella sentenza ci fosse una critica e un’analisi approfondita su questi comportamenti. Invece ci si è limitati a prenderne atto. Nelle motivazioni manca totalmente una ricostruzione critica di quegli anni. A questo punto ci si chiede perché questo processo è durato due anni, quando il punto fondamentale è stato ricostruire il quadro dello stragismo. Nel dibattimento tutte queste cose sono emerse. Ci è sfilata davanti una ricostruzione che – parafrasando Pasolini- ci porta a dire” abbiamo le prove ma non i nomi”.

    Le prove di cosa?

    Le prove del contesto in cui la strage è avvenuta, le prove dell’ascrivibilità alla destra eversiva delle stragi, il marchio di fabbrica di cui già parlava il giudice Zorzi nella sentenza-ordinanza del 1993. Abbiamo le prove della non collaborazione di apparati dello Stato nei confronti della magistratura.

    Quindi chi – come l’on. Beccalossi – dopo la sentenza ha detto che si è indagato nella direzione sbagliata?

    Ha detto una sciocchezza. Si è trattato di frasi davvero strumentali, distanti dalla conoscenza degli atti. Ancora una volta invece di cercare di spiegare le cose si sceglie la via più breve scaricando tutto sulla magistratura. Che l’ascrivibilità delle stragi sia nei confronti della destra eversiva – che non significa tutta la destra – è ormai un dato acclarato, non solo storicamente ma giudiziariamente. Basta leggersi la sentenza sulla strage di piazza Fontana. E non è un caso che siano gli stessi di Brescia, perché il disegno era quello. Il fatto che non ci sia il nome di un colpevole non significa che il contesto sia sbagliato. 

    Resta che – a differenza di lei – altri famigliari non si accontentano delle prove, del quadro storico, del marchio di fabbrica, vogliono i nomi.

    Io non sottovaluto il valore della verità giudiziaria, che non può che essere sancita con una responsabilità personale. Senza colpevoli non c’è giustizia. E poi mettere un nome sulla strage impedirebbe affermazioni come quelle dell’on. Beccalossi. Però io sono arrivato alla conclusione che sia più importante capire che cosa ha prodotto quel reato piuttosto che il reo in sé. Il colpevole può essere stato l’ultimo anello di una catena, io ho bisogno di conoscere gli anelli precedenti, il perché è avvenuto quel fatto e attraverso quali meccanismi. Per essere ancora più chiaro, voglio che si faccia chiarezza sulle coperture e i depistaggi che hanno consentito che la strage sia rimasta impunita.

    Si tratta di meccanismi che sono ancora in atto e che hanno influenzato anche l’ultimo processo?

    E’ un dubbio che ho. L’ex magistrato Claudio Nunziata, nel leggere la sentenza, ha detto di aver avuto la sensazione che non si sia voluto disturbare il potere. Perché – lo ripeto – la superficialità delle motivazioni è inspiegabile. Poi ci sono episodi inquietanti, come la testimonianza di Maurizio Zotto. Zotto per anni ha raccontato di aver accompagnato Tramonte alla riunione del 25 maggio (riunione “certificata dalle veline di Tramonte) e che quando questi è uscito gli ha detto: “Questi sono tutti matti”. Per l’accusa quella è la riunione in cui si sono decisi i dettagli della strage. In dibattimento Zotto ha confermato la sua versione. Poi, dopo poche settimane, nel confronto con Tramonte, ha cambiato versione. Perché? Cosa è accaduto nel frattempo? Se non l’avesse fatto forse l’esito del processo sarebbe stato diverso…

    Che si attende dall’appello?

    Quello che attendo da 37 anni, verità e giustizia. Voglio andare fino in fondo, senza lasciare nulla di intentato. A volte sento dire: “ma dopo 40 anni cosa stanno lì a cercare”. No, non è accettabile che si metta tutto a tacere per il passare del tempo.

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    1 COMMENT

    1. Quello che dice Milani è sacrosanto! Ma possibile che dopo quasi 40 anni ci siano pezzi dello Stato che ancora remano contro l’accertamento della verità? Possibile che nessuno sappia nulla o ricordi nulla? E’ una vergogna! Basta con tutti questi segreti di stato

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