Dopo il “referendum” del maggio scorso su Berlusconi, quello del 12-13 giugno è stato un referendum sul referendum: il vero vincitore è stato l’istituto referendario tornato a vivere di luce propria. In politica nulla è scontato, nemmeno le cose date come probabili fino al giorno prima delle elezioni o gli esiti annunciati come inevitabili fino a un’ora prima delle consultazioni. E’ stato così per le amministrative del maggio scorso quando si è tenuto il primo “referendum” sulla leadership di Berlusconi, poiché nessuno aveva previsto la sonora sconfitta del centro destra, o quantomeno in quella misura, ed è stato così per i risultati del “secondo” referendum, quello dei quattro quesiti sull’acqua, sul nucleare e sul legittimo impedimento. Anche in quest’ultimo caso, la riuscita del quorum non era scontata – non nella misura del 57% degli elettori – e, di conseguenza, nemmeno la schiacciante vittoria del sì con il 90% dei voti.
Fatta questa elementare premessa, la duplice performance del quorum e del sì all’abrogazione dei quesiti referendari va letta nella sua palmare evidenza, ossia come una seconda sconfitta politica di Berlusconi e del suo ministero. E ciò per la semplice ragione che, anche in questo caso, l’eccessiva politicizzazione del voto referendario si è ritorta contro il Cavaliere e il suo governo, così come l’eccessiva personalizzazione delle amministrative del maggio scorso sono state un boomerang per lui e la sua maggioranza. Sta all’intelligenza di Berlusconi, dei suoi alleati e dei suoi più stretti consiglieri e collaboratori trarne la dovuta lezione e le opportune indicazioni. La prima è che uno strumento di democrazia diretta come il referendum non va snobbato o disprezzato come democraticismo deteriore ma, sia pure relativizzandone la funzione, va preso per come è previsto nella nostra Costituzione. Vale a dire un istituto integrativo (non sostitutivo) della democrazia delegata cui bisogna ricorrere senza abusarne quando sono in gioco temi fondamentali della vita politica o comunque aspetti importanti del vivere civile. I quattro quesiti referendari, detto per inciso, non erano questioni secondarie o trascurabili trattandosi di diritti umani (l’acqua, in quanto bisogno naturale, al di là di ogni aspetto economico o risvolto gestionale, è un “diritto umano” per eccellenza,e come tutti i diritti umani è un valore “eticamente sensibile”), di problemi energetico-ambientali (nucleare) e di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (legittimo impedimento). La seconda – da rivolgere anche alle forze di opposizione e non solo di maggioranza – che non bisogna mai caricare di pesi eccessivi da “ultima spiaggia” o significati estranei da “fine di un’epoca” le consultazioni elettorali, massime quelle referendarie, ma è bene relativizzarle e circoscriverle per quello che sono e per ciò che rappresentano. Nel senso che l’alternativa a Berlusconi è ancora tutta politicamente da perseguire e programmaticamente da costruire, pur essendo teoricamente possibile e tecnicamente agibile. La terza, infine, che occorre più personalità e meno personalismi (e personalizzazione), più politica e meno politicizzazione, più programmi e meno proclami. Occorre insomma una ripresa delle politica, prima ancora di una ripresa dell’economia. La prima è condizione della seconda. Un dovere per tutti, ma che spetta in primo luogo a chi ha perso le elezioni amministrative e la consultazione referendaria.
Non ci ho capito un azzo
Eppure è così chiaro. Una lucida riflessione: il referendum sul referendum. Fantastico!
Cheula come sempre ci regala un’analisi semplice ma acuta e puntuale. Da anni sentiamo dire che il referendum è uno strumento che ha perso valore anche perché in passato – questo è vero – è stato abusato. Con il voto di ieri e oggi, finalmente su temi di grande portata come l’acqua e il nucleare e non su tecnicismi incomprensibili, il referendum è tornato a essere uno strumento importante per la nostra democrazia. L’unico che finora lo ha sottolineato mi pare sia stato proprio Cheula. Bravo Sandro, ti leggo sempre con piacere
sottoscrivo tutto
Complimenti al dottor Cheula: leggo più volentieri i suoi articoli qui che sul mensile. Franco
BELL’ARTICOLO
Anche io condivido: analisi lucida e originale.
peccato che il referendum sull’acqua nn abbia cambiatio molto,il nucleare era gia sepolto,e il legittimo impedimento di fatto affossato dalla consulta….l’istituto referendario era e rimane importantissimo(anche se dovrebbe essere anche propositivo e non solo abrogativo),ma ,quando si propongono,si dovrebbe essere anche cosi onesti da spiegarne le conseguenze………..
ma che polemica inutile leggo… a me pare che a non capire niente siano stati i partiti che hanno cercato di sabotarli i referendum
bello bello
Cheula quando si impegna è bravo. Ma si deve impegnare più spesso!!!
no cheula no party