Ecco il testo integrale dell’omelia del vescovo

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    Ecco il testo integrale dell’omelia del vescovo Luciano Monari:

    È difficile pensare che la visione della Gerusalemme celeste con cui si chiude la rivelazione della Bibbia possa diventare un progetto politico: asciugare ogni lacrima dal volto dell’uomo, cancellare la morte per sempre, risolvere le situazioni di lutto, di lamento e di affanno è un programma troppo ampio; la politica deve accontentarsi di molto meno. E tuttavia è impossibile che un buon politico rimanga indifferente davanti a queste parole: Dio abiterà con gli uomini e gli uomini saranno suoi popoli ed Egli sarà il Dio con loro. C’è in queste parole il senso vivo della dignità dell’uomo, l’esigenza che l’uomo viva e che la sua vita sia crescita di libertà e di pienezza. Un politico vero deve sentire queste parole come un appello; non, come dicevo, un appello a realizzare il paradiso in terra; ma a desiderare il paradiso perché l’ordine, sulla terra, ne sia un segno, una prefigurazione, una preparazione. Un politico deve patire, come fossero proprie, le ingiustizie patite dagli altri; deve desiderare il bene per tutti, se vuole riuscire a fare qualcosa per qualcuno. Paolo VI insegnava che la politica è una forma esigente di amore; e intendeva dire che l’impulso sano a occuparsi di politica può nascere solo in un cuore che sappia amare, che desideri sinceramente migliorare la condizione degli altri e che, per questo obiettivo, sia disposto a pagare un prezzo personale, anche elevato; altre motivazioni sarebbero improprie e finirebbero per creare ambiguità e danni.

    In questo rito di esequie salutiamo un cristiano sincero, Mino Martinazzoli, che ha trovato la sua vocazione nell’impegno politico, che ha speso le sue energie per il bene della nostra città come sindaco e del nostro paese come ministro e come uomo di partito. Lasciando naturalmente ad altri le valutazioni sul significato e il valore della sua attività politica, vorrei ricordare la sua testimonianza sulle righe del vangelo che abbiamo ascoltato: il messaggio delle beatitudini; una parola che Martinazzoli conosceva bene, che ha mosso e illuminato la sua attività. Viene subito spontanea l’obiezione: le beatitudini sono belle, ma sono parole ideali, astratte; la concretezza della vita le uccide prima ancora che nascano; se vogliamo fare poesia, recitiamole pure; ma se intendiamo parlare di politica, ci aiuta più Machiavelli che il vangelo.

    Non mi azzardo a discutere e in ogni modo non sarebbe questa la sede. Ma voglio parlare di umanità, di un uomo degno della sua intelligenza, della sua libertà e delle sue aspirazioni; e sono convinto che questo uomo si riflette meglio nella semplicità delle beatitudini che nella tortuosità della furbizia politica. Un bambino diventa moralmente adulto quando impara a distinguere il bene dal male, ciò che è realmente bene da ciò che è solo gradevole; e diventa moralmente buono quando impara a scegliere il bene anche quando costa sacrificio, a rifiutare il male anche quando è attraente e appare gratificante. Nello stesso modo un politico diventa politico autentico quando impara a distinguere il bene di tutti dal bene personale e dal vantaggio della sua parte politica; e diventa politico buono quando sa scegliere ciò che è bene per il paese anche se questo va contro la convenienza personale e del suo partito. Che non sia cosa facile, lo si può ammettere facilmente: l’interesse personale o di gruppo, il successo personale o di gruppo possiedono una grande forza di attrazione che agisce a livello di impulsi e di sentimenti, che impedisce talvolta di vedere la realtà com’è e la deforma più o meno consapevolmente. Bisogna percorrere un cammino interiore di conversione e di purificazione per individuare tutte le ambiguità del cuore, confessarle a noi stessi con dolore e vergogna, e combatterle con decisione. Non è facile; ma nessuno ha mai detto che essere pienamente umani sia cosa facile. Bisogna passare inevitabilmente dalle beatitudini: “Beati i miti… quelli che hanno fame e sete della giustizia… i puri di cuore… gli operatori di pace…”

    Le beatitudini non compongono un quadro sereno e idilliaco; ci collocano piuttosto nell’ambito del dramma e della possibile tragedia. La vita di Gesù e soprattutto la sua morte ne sono la dimostrazione più evidente. Chi si pone nella via della mitezza – e non semplicemente perché non ha forza, ma perché sa che è cosa meschina usare la forza per prevalere su chi è debole; chi non rinuncia mai a perseguire la giustizia perchè un mondo ingiusto gli pare indegno dell’uomo; chi allontana dal suo cuore ogni doppiezza rinunciando così a irretire i semplici; chi pone la riconciliazione e la pace come valori superiori rispetto alla vittoria di parte… chi agisce così non ha garanzia di riuscita mondana; al contrario deve mettere in conto che le opposizioni ci saranno e saranno dure; detto in termini cristiani: che la croce è un destino possibile e forse anche probabile. Ma sa anche che solo superando questa prova la sua coscienza esce pulita. Non è facile vivere costantemente all’altezza della propria umanità; come non è facile essere con coerenza un buon politico. Non è facile per le conoscenze e le competenze che si debbono acquisire – la politica è un’arte complessa e raffinata; non è facile per il disinteresse che si deve creare dentro di sé – la politica mette a contatto coi soldi e col potere e finisce per costituire una continua tentazione; non è facile per la speranza che bisogna mantenere salda in mezzo alle delusioni e davanti allo spettacolo desolante dell’egoismo privato e di gruppo. Difficile, quindi; ma necessaria.

    Abbiamo parlato della città promessa da Dio, delle beatitudini che dirigono l’uomo verso questa promessa, della vocazione alta al servizio politico. Abbiamo parlato di Martinazzoli? Sono convinto di sì; ma ciascuno di voi, che lo avete conosciuto e stimato, può ritrovare nella sua memoria il segno che Martinazzoli ha lasciato e verificare questo segno sulla pagina di vangelo che abbiamo ascoltato. A me sembra che la parola di Dio, parlando dell’integrità dell’uomo, dello stile del cristiano, dell’amore come motivazione suprema di un credente abbia fatto il ritratto più bello di Martinazzoli. Non l’ho conosciuto molto. L’ho incontrato soprattutto in occasione di confronti con giovani, quando gli veniva chiesto di rendere la testimonianza di chi alla politica aveva dedicato molto di sé. Colpiva la sua schiettezza, l’ampiezza della sua cultura, la solidità delle sue riflessioni, la libertà di fronte ai luoghi comuni, ai giudizi del politically correct. Quanto a me, sono stato colpito soprattutto dal suo desiderio di coinvolgere i giovani in un cammino di impegno politico o, più ampiamente, di responsabilità sociale. Forse è questo l’aspetto in cui sentiremo maggiormente la sua mancanza. Intuiamo che siamo di fronte a mutamenti epocali; che non bastano aggiustamenti più o meno furbi; che deve cambiare il modo stesso di pensare alla convivenza umana; che dobbiamo diventare responsabili verso le generazioni future, cosa che non abbiamo certamente fatto negli ultimi decenni. C’è una sfida complessa che i giovani debbono affrontare; per questo loro, i giovani, hanno bisogno di persone credibili che li stimolino, che facciano loro intravedere la possibilità e la bellezza di una politica fatta di intelligenza, di sincerità, di coerenza, di passione per l’uomo.

    Nessuno di noi possiede tutte le risposte utili. Non sono più in commercio visioni di società perfette da comporre pezzo per pezzo. Questo tipo di certezza ci è negato. Abbiamo invece sempre più chiara la consapevolezza che un futuro degno dell’uomo potrà essere costruito solo attraverso le scelte di persone umane autentiche: sagge e non stupide; moralmente responsabili e non infantili; capaci di riflessione critica e di autocritica; appassionate del bene delle persone concrete e disponibili ai sacrifici necessari per costruire una civiltà degna dell’uomo, quella che Paolo VI chiamava: la civiltà dell’amore.

    Celebrando le esequie la comunità cristiana vuole consegnare all’amore e alla misericordia di Cristo la vita dei suoi membri. Con fiducia e speranza grande la Chiesa bresciana affida al Signore la vita di un suo figlio, Mino Martinazzoli: unito a Cristo nel battesimo e nella cresima, nutrito continuamente col cibo dell’eucaristia e cioè con l’amore oblativo di Cristo egli ha percorso l’arco della sua esistenza terrena; ha conosciuto momenti di successo, ha conosciuto anche momenti di sofferenza e di croce. Credo di poter dire che ha cercato e ha vissuto con lealtà la sua vocazione nel servizio politico per il bene di tutti. Il Signore gli dia la ricompensa dei servi fedeli, secondo la promessa. “Udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: d’ora in poi beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito – essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono.”

    Quanto a noi, benediciamo il Signore per quanto di bello ci è stato insegnato e testimoniato. Ci viene lasciata un’eredità nobile; Dio ci conceda di conservarla e arricchirla.

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