La morte di Elhadji diventa un caso internazionale. I senegalesi bresciani al loro Presidente: “Vogliamo chiarezza”

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    (a. tortelli) Potrebbe diventare un caso internazionale la morte di Saidou Gadiaga, Elhadji, il 37enne senegalese morto lo scorso 11 dicembre in una cella di sicurezza dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato a causa di un attacco d’asma. A dirlo è stato oggi Sannea Pap, responsabile delle Relazioni pubbliche della nutrita comunità senegalese bresciana, nel corso di una conferenza stampa convocata con Umberto Gobbi di Diritti per tutti. "Abbiamo già attivato i canali diplomatici", ha detto Pap, "il console e l’ambasciatore sono stati informati dell’accaduto, ma presto andremo in Senegal per portare il caso all’attenzione del nostro Presidente della Repubblica (nella foto allegata all’articolo, ndr)". Una battaglia, quella per fare chiarezza sulle ragioni della morte del giovane, che immigrati e militanti di sinistra sono intenzionati a combattere su diversi fronti. "Non vogliamo che accada più un caso del genere", ha sottolineato Pap, "e scenderemo anche in piazza per chiedere che si faccia luce su questa vicenda".

    Il primo appuntamento, su questo fronte, sarà la manifestazione per il permesso di soggiorno del 12 novembre. Ma nel frattempo il vero scontro sarà nelle aule di tribunale, per evitare l’archiviazione del caso. "Servono nuove indagini per arrivare alla verità", ha detto il cognato della vittima, Sow Diokel, "quando Elhadji è stato fermato i carabinieri sapevano delle sue condizioni di salute e l’hanno colpevolmente lasciato in una cella senza riscaldamento". Ad affondare il colpo ci ha quindi pensato Umberto Gobbi, che ha mosso accuse gravissime all’Arma. "Innanzitutto", ha detto il referente di Diritti per tutti, "Elhadji non avrebbe nemmeno dovuto essere arrestato, perché da tempo lo Stato italiano dovrebbe ottemperare alla direttiva europea in materia di rimpatri che cancella il reato di clandestinità". Ma il vero nodo, per Gobbi, è quello delle presunte responsabilità dei Carabinieri.

    "Proprio perché le sue condizioni di salute erano note", ha aggiunto, "Saidou non avrebbe dovuto essere sbattuto in una cella fredda in pieno inverno, tanto più alla luce del fatto – notorio – che lo stress e il freddo possono avere conseguenze pesanti per i malati d’asma. I militari avrebbero dovuto garantire la sua incolumità. Invece nella vicenda vedo molti punti da approfondire e diverse incongruenze. Ad esempio vorrei capire perché i Carabinieri hanno mentito alle autorità consolari del Senegal scrivendo in un fax che il giovane è morto in ospedale, alle 8.41 di quel tragico giorno, a causa di un arresto cardiocircolatorio, quando nel referto del 118 si dice chiaramente che il decesso è avvenuto in caserma prima delle 8. E che la causa della morte va individuata in un attacco d’asma. Vorrei capire il perché di queste bugie", ha aggiunto Gobbi, "ma anche, se esiste un video dell’accaduto, perché si è voluto aspettare una settimana per tirarlo fuori. Per questo", ha concluso, "riteniamo doveroso che l’indagine non venga archiviata, ma rinforzata sentendo anche il giovane che ha condiviso per due giorni la cella di sicurezza con Elhadji e che potrebbe fornire informazioni utili su quanto accaduto nelle ore precedenti la tragedia".

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    5 Commenti

    1. c he cattivoni sti carabinieri,pensa che trattano gli immigrati nello stesso modo degli italiani…………come si fa ad andare avanti cosi?

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