Da inizio anno 3.500 licenziamenti nel bresciano. Reboni: “Necessità di riqualificare e ricollocare”

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"C’è una grande bugia attorno alla questione dei licenziamenti economici al centro del dibattito politico e sociale di questi giorni – afferma Paolo Reboni della Segreteria della Cisl di Brescia – Non si spiegano in altro modo gli oltre 3.500 licenziamenti collettivi registrati nel nostro territorio nei primi tre mesi dell’anno”.

L’impegno della Cisl per un aggiustamento in sede parlamentare del testo che il Governo si appresta a inoltrare a Camera e Senato prosegue e registra primi importanti segnali. Non cessa invece il ritornello di coloro che sostengono che la possibilità del reintegro in caso di licenziamenti economici senza fondamento creerebbe rigidità al sistema perchè in Italia è difficicle chiudere un’azienda anche quando non ha più mercato. La realtà dice esattamente il contrario. 3.538 persone sono state licenziate in provincia di Brescia nei primi tre mesi del 2012, il 49% in più dello stesso trimestre del 2011. Si è trattato di licenziamenti collettivi per riduzione di personale o cessazione di attività in aziende grandi e piccole (con meno di 16 dipendenti), un dramma che dal 2008 vede una costante conferma e crescita.

“Davanti a questi dati serve un deciso cambio di passo sulla strada della crescita e dello sviluppo – spiega ancora Reboni – Tutti i soggetti pubblici e privati devono riorientarsi rapidamente per offrire politiche attive per il lavoro per dare occupazione il più velocemente possibile a chi ha perso il lavoro o chi lo cerca per la prima volta”.

“Dobbiamo saper dedicare la stessa passione e impegno che viene riservata alle politiche passive (ammortizzatori) e alla tutela dei licenziamenti illegittimi, a temi quali riqualificazione, formazione continua e ricollocamento, questioni che la crisi ha reso ancora più evidenti che in passato. Qualche piccola esperienza si stà sperimentando con le doti riqualificazione e ricollocamento e con i fondi interprofessionali dedicati alle persone in mobilità, ma Brescia può e deve dare di più”.

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