I teatri d’opera e le proposte sbagliate ai giovani

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Caro Direttore, bilanci fallimentari, proteste, scioperi, gestioni troppo personalistiche, incarichi di carattere esclusivamente politico, il pubblico scarseggia, non c’è ricambio di pubblico, le nuove generazioni non sono interessate alla lirica… Di tutto questo e molto di più si sta parlando e discutendo animatamente negli ultimi anni (sui giornali, televisioni, riunioni di vertice, etc.), poiché il tema centrale è la situazione in cui versano le Fondazioni Lirico-Sinfoniche e i teatri d’opera.

Ribaltiamo per un attimo la prospettiva d’analisi del problema. Se da un lato imputiamo la colpa della attuale situazione alle logiche di potere gestionale non dobbiamo dimenticare che esistono anche i fruitori del prodotto ad essi finora propinato. Le “modalità di fruizione” dell’opera lirica hanno fatto sì che il pubblico del teatro sia diventato “elitario”, magari competente ma sicuramente chiuso in se stesso ed assuefatto, addirittura solipsista. Un pubblico scelto, esclusivo. Credo che i giovani, così lontani dall’opera e da certa musica, lo siano non perché non la capiscono, ma perché viene loro proposta in modo "repulsivo" e privo di forza comunicativa.

Una recente indagine svolta dal comitato per le celebrazioni verdiane ha dimostrato che le ragioni di tale distanza non sono la “lontananza nel tempo” o la “difficoltà di linguaggio”: infatti «anche oggi si scrivono opere [e] viceversa […] si apprezzano lavori letterari o artistici del passato». L’opera, inoltre, «adopera un linguaggio musicale elementare» certamente più semplice di «certe musiche famigliari ai ragazzi [che] usano linguaggi complessi». La ragione per cui l’opera lirica non è gradita ai ragazzi è la mancanza di conoscenza, tanto del genere quanto della vita del teatro.

Nella attuale società, andare a teatro non è un’azione propria della vita quotidiana; non è un momento riconosciuto come ‘rituale’ e comunitario, educativo o politico nel senso proprio del termine, e dunque non è metabolizzato come naturale. Bensì è qualcosa di straordinario, proprio della vita intellettuale, legato ad uno status sociale, economico, culturale. Troppe le barriere che si frappongo all’ascolto dell’opera lirica ( e della musica classica) da parte delle nuove generazioni. A ciò si aggiunga la sempre maggiore mancanza di un’adeguata preparazione scolastica in fatto di musica, della quale non viene studiata neppure la storia. Tanto meno ne sono conosciuti i codici e i linguaggi.

Distante per strumenti conoscitivi e per preconcetti socio-culturali, l’opera è disertata dal grande pubblico e dai giovani. Salvo poi riscuotere grande consenso quando è assaggiata in pillole: ne sono un esempio i successi di singoli cantanti d’opera resi noti dai media, o l’uso di arie d’opera nel settore pubblicitario. Grazie a questo, tutti, anche i più giovani, conoscono almeno un’aria composta da Verdi, Puccini, Rossini…senza saperla riconoscere.

Cosa fare, allora? Prima di tutto educare all’opera, ossia promuovere un’educazione musicale di base, che sia tale da coinvolgere l‟intera persona sia dal punto divista cognitivo che socio-affettivo. In questo l’opera è uno strumento perfetto, poiché offre la partecipazione attiva del soggetto, bambino o ragazzo, «puntando sull’aspetto ludico, sull’interesse, sul coinvolgimento personale e del gruppo, adottando strategie vicine a quelle che caratterizzano le attuali modalità di apprendimento di giovani e bambini, sia che si tratti di suonare, cantare, recitare, drammatizzare, redigere copioni, sia che interessi l‟uso delle nuove tecnologie». Poi educare ai linguaggi della messa in scena, ossia creare sempre maggiori legami tra teatro e opera lirica, avvicinando e mescolando i pubblici, rendendo permeabili e osmotici i due settori. L’opera lirica è teatro in musica e come tale va visto e proposto. Inoltre rendere comprensibili le storie, semplicissime e avvincenti, che l’opera propone. Sono trame immortali, basate su intrecci elementari che fanno dell’amore, della guerra, del tradimento, della vendetta e dell’equivoco i principali temi. Esattamente come nella commedia antica e poi nella commedia dell’arte e poi in quella borghese. Esattamente come nelle contemporanee serie televisive. Nulla di complesso. Molto di affascinante, per come sono narrate, per il fattore musica che rende le parole più espressive e più dense di significato. Racconto affettivo, parola poetica e musicale. Parola e musica messe in scena: questa è la cifra dell’opera, una cifra che è sinonimo di semplicità. L’opera è nata per il popolo, per la gente. Solo in tempi recenti è stata allontanata dalla gente attraverso la sua trasformazione in genere elitario. Colpa anche della modalità di gestione dei teatri, che si sono chiusi alle città divenendo per pochi. Infine, eliminare le barriere e i codici sociali, culturali, economici. Deve essere facile andare a teatro per vedere un’opera. Deve essere economico. Non deve implicare obblighi di abbigliamento. Bisogna poter capire e poter godere di quanto di vede. L’Opera è una delle risorse artistiche più importanti che abbiamo in Italia. 

Un tratto distintivo della nostra storia culturale. Deve essere valorizzata, non andando indietro, verso la museificazione di una proposta morta, ma guardando avanti e studiando seriamente e “con passione” le modalità che la possano rendere attuale, creativa, attrattiva.

Viva.

Cordiali saluti e grazie per l’attenzione.

Andrea Arcai ass. alla Cultura del Comune di Brescia.

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