Gardone Riviera. Spettacolare Patty Smith: balla con il pubblico e porta sul palco una piccola fan

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Non c’è niente da fare. Quando arriva lei, non si può stare fermi, non si può non pensare che il palco diventi un unicum ideale con la platea in cui un’artista che è al contempo cantante rabbiosa e poetessa sublime, anche nel suo incedere, non si unisca al suo pubblico che, semplicemente, inesorabilmente, la ama. Con Patti Smith non c’è quel gradino di distanza che spesso separa un grande artista dalle persone, perché lei non lo vuole. E anche ieri sera, nonostante la location fosse il suggestivo anfiteatro all’aperto di Gabriele d’Annunzio a Gardone Riviera, Brescia, definito dall’artista statunitense “splendido per il suo giardino, le sue architetture, ma ancora di più per le nuvole e il cielo che la natura ci regala stasera”, quello di Patti Smith al “Festival del Vittoriale tener –a –mente” è stato un concerto-show da overbooking, nonostante il tempo minacciasse pioggia.
 
Con il suo solito look graffiante, jeans, stivaletti, capelli selvaggi e giacca nera vissuta, la sacerdotessa rock è partita con “Redondo Beach” e “Dancing Barefoot” in un’escalation continua che l’ha portata a omaggiare Amy Winehouse in “This is the girl” e il popolo giapponese in “Fuji-San”. Poi, non ce l’ha più fatta. Poco oltre metà concerto ha lasciato sotto i riflettori la sua essenziale – nel senso di essenza – band, composta dal pilastro Lenny Kaye e da Tony Shanahan, Jay Dee Daugherty e Jack Petruzzelli, e dopo essersi messa a sedere sul bordo del palco, si è fatta scivolare lentamente in platea. E così, come in un rito sciamanico, la sacerdotessa, in un attimo circondata da centinaia di persone, che hanno potuto toccarla e salutarla, ha intrapreso la sua danza fluttuante per una manciata di minuti in mezzo a loro. Poi ha “rapito” C., una fan – bambina di 7 anni che a quanto pare ha costretto i genitori a comprare i biglietti del concerto chiamando direttamente il botteghino del teatro, e l’ha portata sul palco. Un ballo scatenato e quasi simmetrico per le due “ragazze” che, illuminate dalla luce dei fari del palcoscenico, si sono parlate con lo stesso linguaggio. Stessi capelli lunghi scomposti, stessa passione nello sguardo. Una dolcezza infinita per Patti Smith, una contentezza senza margine di imbarazzo o timidezza per la bambina che, così, ha realizzato il proprio sogno, come ha dichiarato alla fine del concerto al fianco dei genitori orgogliosi. Una parentesi intima e umana che ha continuato ad avvolgere l’anfiteatro del Vittoriale fino alla fine del concerto: buona parte del pubblico che si accampa sotto il palco e le persone rimaste al proprio posto che si alzano in una standing ovation che non termina mai, con I love you solleciti urlati da punti diversi. E così Patti – viene da chiamarla in questo modo visto la vicinanza che concede – ha proseguito con “Banga” , “una canzone che si suona con una corda sola, per una voce sola, per un unico amore e per un fott… issimo cane” e poi un medley e i suoi cavalli di battaglia come “Because the night”. Verso la fine ha trovato ancora il tempo di scherzare con il suo pubblico, raccontando di quanto la facciano ridere i maialini di plastica che suonano, da qualche anno in vendita negli autogrill italiani. “Ne ho comprato uno – è scappato mentre facevo il sound check, dovrebbe essere lì in mezzo a voi, se lo trovate..”. Poi chiude, come si conviene, con “People of the power”, perché tutto quello che vuole Patti Smith è che non si smetta mai di lottare per i sogni.
 
Nel pomeriggio, prima dell’esibizione, la rocker, che era già stata al Vittoriale degli Italiani 9 anni fa,  proprio negli stessi giorni di luglio, ha voluto visitare il Parco e la Casa del Vate con una guida in inglese che, a quanto pare, ha avuto poco da spiegarle, perché la Smith è apparsa molto istruita e interessata alla vita di d’Annunzio. Una passione che, tra l’altro, condivide con il  suo bassista storico Lenny Kaye,  che, come ha spiegato allo staff del teatro, ha studiato e citato d’annunzio in un libro che lui stesso ha voluto scrivere sui “cantanti sentimentali” degli anni 30 come Russ Columbo.

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