La decisione del sindaco di ritirare la delega ai matrimoni civili alla consigliere comunale Donatella Albini, accusata di aver usato «toni da comizio» nel corso di un matrimonio tra un ragazzo italiano e una cittadina moldava (un matrimonio, ricordiamo, dall’iter piuttosto tribolato e con tanto di arresto in una prima fase della donna, in quanto «clandestina») potrebbe rientrare nella casistica delle stranezze amministrative se non fosse che è inserita in un atteggiamento più generale di questa giunta nei confronti dei matrimoni (e non solo) che coinvolgono persone con cittadinanza non italiana.
È del luglio scorso infatti la delibera, voluta dal vicesindaco Rolfi e approvata da tutta la giunta, con la quale l’Amministrazione ha stabilito che per gli aspiranti sposi stranieri servono documentazione e controlli aggiuntivi che prevedono «adeguati meccanismi di collaborazione tra il Settore Servizi demografici e l’Ufficio di polizia giudiziaria della polizia locale». Un lavoro di intelligence, si potrebbe dire, per cercare di smascherare eventuali matrimoni di comodo.
La delibera rappresenta in realtà il tentativo goffo di aggirare la sentenza 245/2011 con la quale la Corte Costituzionale ha rigettato l’articolo 116 del Codice civile modificato (nel 2009 – pacchetto sicurezza di Maroni) nella parte in cui si chiedeva che per i matrimoni che coinvolgevano stranieri serviva «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
La sostanza è che esistono già leggi per contrastare i matrimoni di comodo, così come è indubbio che tocchi alla questura e non al sindaco verificare l’effettiva convivenza tra i coniugi. Da qui la segnalazione all’Unar (L’ufficio nazionale antidiscriminazioni che fa capo alla Presidenza del Consiglio) della delibera da parte di Camera del Lavoro di Brescia, Fondazione Piccini e Associazione studi giuridici sull’immigrazione e rispetto alla quale si è in attesa di una risposta a breve.
Il problema, in fondo, è che questa Amministrazione continua a battere sullo stesso tasto, ignorando i principi basilari della Costituzione. Hanno iniziato tentando di differenziare i bonus bebè in base al colore della pelle, finiscono il loro mandato cercando di fare differenze sui matrimoni. Dove non sono riusciti sulle nascite, cercano ora di fare sui matrimoni: un “tentativo di prevenzione” che rischia il ridicolo se non fosse che in gioco ci sono le vite degli altri.
PRIMA I BRESCIANI…il resto sono solo chiacchiere
Proprio la CGIL che da lezioni di costituzionalità: almeno stessero zitti.
ebbasta redazione …..ma che siete la velina della CGIL ?
brava Donatella. vai dritta per la tua strada. tanto qs giunta ne ha ancora per poco.
Ancora una volta la CGIL dimentica di difendere i deboli e gli onesti per occuparsi dei furbi e di chi tenta sempre di insinuarsi nelle maglie del sistema. I matrimoni di comodo sono uno strumento col quale ci si approfitta dei cittadini più deboli e nel quale chi fa dell’immigrazione clandestina un business trova terreno fertile. Io trovo condivisibile la scelta dell’amministrazione .
non escludo che esistano i matrimoni di comodo, anche tra cittadini italiani. ma nel caso specifico non c’era proprio nulla di comodo ed ostacolarlo, come ha cercato di fare rolfi, é stata proprio una vigliaccata. per fortuna che la lega é per la famiglia: di razza, peró!
Visto che non accettiamo discriminazioni, perchè alla CGIL ( e agli altri sindacati), ricca a decine di milioni di euro non è richiesto di presentare il bilancio? Gli operai tartassati e i padroni sindacali con tutti i privilegi?
Cavolo, allora è vero! Paroli esiste: fino ad oggi pensavo fosse una fantasia.
CGIL fuori i bilanci e pagate l’IMU sui palazzi dell’ex fascismo che state occupando da decenni. Poi potrete parlare di democrazia e uguaglianza. Fin tanto che questo non accadrà vi reputo alla stessa stregua di un clan para-politico.