Via Milano: un fiume in secca

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di ESTERINO BENATTI – Ci sono strade e quartieri che rappresentano la storia di Brescia. Via Milano appartiene a questa lista. È la porta occidentale che conduce al cuore della città, collegando il ponte Mella all’imponente statua di Garibaldi, che guarda fiero verso la Pallata e i monumenti simbolo della città dall’alto del suo destriero. Il suo sguardo, tuttavia, non è più lo stesso di chi abitava e viveva la zona in passato, quando c’erano più campi che case, il fiume cittadino era balneabile, la bicicletta era il mezzo di trasporto più in voga e sui marciapiedi si parlava in dialetto. La via Milano di oggi non fa onore a Brescia. Dovrebbe essere un viale vissuto, con bei marciapiedi, palazzi variopinti e un tocco di verde, brulicante di attività e ricco di occasioni d’incontro, un fiume in piena dove far confluire – oltre alla popolazione del posto – i cugini dei quartieri Fiumicello, San Benedetto e San Carlo. Lo scenario attuale è ben diverso. Traffico, inquinamento e scarso decoro pubblico ne fanno la brutta copia di via S. Faustino, dove l’integrazione diventa ricchezza, mentre qui resta una cicatrice. È triste ammetterlo, ma via Milano ha perso la sua identità, è una terra di nessuno dove al calar del sole sorgono gli orrori del degrado umano e della criminalità. Le prostitute degli anni ’90 hanno lasciato posto ai trans, che oltre a vendere il proprio corpo offrono manovalanza all’intensa rete dello spaccio. Il commercio delle sostanze stupefacenti è sotto gli occhi di tutti. Basta fare una passeggiata serale sotto la luce dei lampioni per erudirsi sull’intero listino prezzi o vedere scene che non fanno onore alla Leonessa d’Italia, il cui animo resta vivo nei quartieri limitrofi, attorno alle parrocchie, dove la gente ha ancora voglia di incontrarsi, fare sport e impegnarsi nel volontariato. Qui, nonostante le difficoltà tipiche dei giorni nostri si prova ancora a fare comunità e la diversità fa meno paura.

La riqualifica di via Milano era ed è necessaria a livello estetico, ma soprattutto sociale e culturale. Una rotonda, una spruzzata di vernice fresca e qualche fioriera non possono bastare. Le buone idee c’erano, la crisi sembra averle bloccate. La speranza è che questa via possa tornare presto agli splendori di un tempo, quando era popolare, magari più semplice e povera, ma certamente a misura d’uomo, donna, bambino e anziano.

MARIAROSA MANGERINI – Fotobrixia via Milano

Come si è evoluta la zona negli anni?

“In peggio. Si lavora, ma non è più come una volta. Supermercati e centri commerciali sono un grande ostacolo per le attività locali e Brescia è una delle città che ne ha di più a livello europeo. Poi c’è la crisi. Noi cerchiamo di sconfiggerla con la gentilezza e il sorriso. Me lo ha insegnato mio marito”.

Qual è il tratto distintivo di via Milano?

“La massiccia presenza di extracomunitari. Sono pochi quelli integrati e noto parecchia maleducazione”.

Capitolo sicurezza.

“Non siamo messi bene. Qualche piccolo furto non manca, anche se è un vizio storico di chi bazzica da queste parti”.

Cosa chiederebbe al Comune?

“Innanzitutto devo ringraziare l’assessore Margaroli per la realizzazione del piccolo parcheggio qui a fianco, ma anche segnalare la costante presenza di camion davanti alle mie finestre”.

Un tema sentito è anche quello relativo alla viabilità.

“Io sono assolutamente contraria all’idea del senso unico di marcia. Sarebbe deleterio per i commercianti”.


MILENA GATTA – Edicola via Milano

Ci descriva via Milano.

“Sa di vecchio, c’è tanto da fare come i giardini mai finiti di via Nullo e l’annoso problema del traffico”.

Cosa chiede alle istituzioni?

“Più presenza e controlli da parte della polizia locale”.

Da quanto tempo avete l’edicola qui?

“Da 40 anni. All’epoca fu una scelta giusta, oggi sarebbe il caso di trasferirsi in una zona più popolata e con meno extracomunitari. Ormai gli italiani vanno a vivere nei paesi dell’hinterland”.

 

PAOLO BOSCAINI – Boscaini Moda Sport via Milano

Un bilancio guardando via Milano e dintorni.

“Siamo in peggioramento. La via negli ultimi anni ha vissuto una metamorfosi profonda sia dal punto di vista sociale sia da quello commerciale, abitativo ed economico”.

Una metamorfosi negativa, dunque.

“Questa era una delle vie bresciane per eccellenza, ora i cittadini autoctoni sono in minoranza e direi che l’integrazione è al 50 per cento, anche dal punto di vista commerciale. Ci sono ottime attività straniere mentre altre sono fonte di problemi da anni”.

Cosa auspica per questo pezzo di città?

“Tempo fa erano stati fatti grandi progetti su via Milano e dintorni, ma la crisi e i tagli alla spesa pubblica hanno bloccato tutto. Speriamo che il progetto Milano venga rispolverato in futuro”.

La crisi si sente?

“Qui ha travolto tutti, ma c’è un buon passaggio e non possiamo lamentarci. L’arrivo del centro commerciale Freccia Rossa ci aveva spaventati, ma la situazione non è cambiata più di tanto”.

 

LUISA GALLI – Casa del Pane via Milano

Come vanno le cose da queste parti?

“Direi meglio. La fascia diurna è tranquilla. Fino a qualche tempo fa la presenza dei poliziotti di quartiere era regolare, negli ultimi tempi sono spariti ma la criminalità è calata, almeno di giorno”.

A più di vent’anni dai primi arrivi di extracomunitari come procede l’integrazione?

“C’è più apertura al dialogo e all’incontro. Ci si conosce di più”.

Di notte c’è qualcosa che non va.

“Passeggiare qui non è consigliabile. Noi siamo una luce nel buio e nel fine settimana diventiamo una tappa fissa per i ragazzi che escono dalle discoteche e vogliono fare uno spuntino”.

Altro problema annoso quello della viabilità.

“È l’incubo di chi vive e lavora qui, soprattutto nelle ore di punta. L’innesto della rotonda non ha migliorato le cose. Quanto al decoro pubblico sono state restaurate alcune abitazioni datate, ma ci vorrebbero più attività e vitalità”.

 

ANDREA SISTI – Sixty Bar, via Milano

Via Milano: pollice in alto o pollice verso?

“Se potessi benderei il sindaco, lo porterei in via Milano, toglierei la benda e lo farei passeggiare fino a piazzale Garibaldi, poi gli chiederei se lungo il tragitto gli è parso o meno di essere a Brescia”.

Ci descriva la situazione.

“È  anomala. Invece di favorire l’integrazione hanno creato tanti piccoli ghetti. Con alcuni stranieri ho un bel rapporto, ma c’è gente che lavora qui da 4 anni e non sa ancora l’italiano. Litigi e disordini avvengono con troppa frequenza e i poliziotti di quartiere non si vedono più”.

Il progetto di riqualifica della zona le piaceva?

“Certamente, ma è rimasta una promessa non mantenuta e la zona non è affatto rifiorita, anzi. Gli appartamenti nuovi costruiti a Fiumicello sono invenduti e molti residenti e commercianti se ne vanno”.

Cosa fare per favorire i commercianti?

“Creare parcheggi. La soluzione è una sola: modificare la viabilità e creare il senso unico. Se tornassi indietro non aprirei più qui. Il passaggio c’è, ma i potenziali clienti non possono fermarsi”.

Cosa offrite ai vostri clienti?

“Siamo il classico bar diurno. La nostra specialità è il pirlo. Alle 22 chiudiamo, la sera questa zona si trasforma e tira fuori il peggio di sé”.

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