Giornata mondiale sicurezza sul lavoro: a Brescia ancora il triste primato delle morti bianche

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Il 28 Aprile è diventato da anni un giorno importante che unisce i lavoratori di tutto il pianeta. Dagli Stati Uniti all’Africa, dall’Europa all’Asia. Perché tutti celebreranno la Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro. I dati delle morti sul lavoro mostrano che nel nostro Paese la situazione sembra essere ancora distante dall’essere risolta. Negli ultimi tre anni – dal 2010 al 2012 – sono state 1588 le vittime del lavoro; in un dramma che va da Nord a Sud del Paese. Per la precisione sono state 509 le vittime del lavoro nel 2012, 553 nel 2011 e 526 nel 2010. Nell’ultimo anno il decremento è stato pari all’8 per cento. Ma si tratta di una flessione apparente che deve necessariamente fare i conti con la diminuzione dell’occupazione e con l’incremento della cassa integrazione. Intanto i settori maggiormente colpiti e le cause che conducono al decesso i lavoratori sono sempre tragicamente le stesse: agricoltura e costruzioni in primo piano. Caduta dall’alto e ribaltamento di un veicolo o mezzo in movimento le situazioni più rischiose.

In tre anni nel settore agricolo hanno perso la vita 580 lavoratori pari al 36,5 per cento del totale (179 nel 2012, 219 nel 2011, 182 nel 2010). Mentre in edilizia la diminuzione costante dei casi di morte – dai 148 del 2010 ai 122 del 2011 ai 120 del 2012 – non può che far pensare alla crisi del settore: meno cantieri aperti, quindi anche meno vittime.

Nella narrazione geografica dell’emergenza, poi, si scopre una piaga senza confini. Perché se l’area in cui l’incidenza della mortalità rispetto alla popolazione lavorativa nell’arco del triennio è stata più elevata nel Sud del Paese (indice pari a 26,9 contro una media nazionale di 23,1), il risultato peggiore nella graduatoria regionale del ‘rischio’ spetta invece all’Abruzzo (48,4), seguito dal Trentino Alto Adige (48,1) e dalla Valle D’Aosta (46,9). Gli indici di incidenza dovrebbero indirizzare le politiche nazionali e regionali ad adottare ulteriori provvedimenti soprattutto nelle zone che presentano valori elevati. Numericamente il maggior numero di vittime dal 2010 al 2012 viene registrato in Lombardia (215 morti bianche), seguita dall’Emilia Romagna (144) e dal Veneto (142). Mentre sul fronte provinciale la maglia nera per numero di decessi spetta a Brescia con 54 incidenti mortali, seguita da Roma (46), Bolzano (44), Torino (35) e Milano (33). Le province con l’indice di mortalità più alto rispetto alla popolazione lavorativa sono: Benevento, che fornisce il dato più sconfortante (81,4); Belluno (75,7); Nuoro (69,7); Chieti (69,5) e Bolzano (61).

Mentre è il popolo dai capelli grigi ad avere la peggio; perché l’indice di incidenza più elevato in rapporto agli occupati, vale a dire la fascia d’età più coinvolta dal dramma è quella degli ultrasessantacinquenni  (indice pari a 284,7 – ovvero 2,9 casi di infortunio mortale ogni diecimila occupati). In termini numerici invece è la fascia che va dai 45 ai 54 anni quella più colpita con 375 vittime in tre anni. Tragico anche il bilancio delle morti tra i giovani: 69 i decessi rilevati nel triennio tra i 15 e 24 anni. La poca esperienza e la precarietà, che costringe i giovani lavoratori a cambiare spesso occupazione senza venire adeguatamente formati e informati sui rischi connessi sono elementi che contribuiscono a produrre condizioni gravose per la salute e per la sicurezza di ragazzi e ragazze”.Una ‘spiegazione’ alla morte che potrebbe essere adattata anche alle vittime straniere del lavoro e pari all’11,9 del totale dei decessi sul lavoro tra il 2010 e il 2012. Romeni, albanesi e marocchini i lavoratori più colpiti. Sono infine 44 le donne che hanno perso la vita nel nostro Paese nel periodo di tempo considerato dall’Osservatorio Vega Engineering, pari al 2,8 per cento del totale.

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