Bonometti (Aib): la Corte: Fiom torni in Fiat. E adesso?

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“La Corte: Fiom torni in Fiat. E adesso?”. Si intitola così il comunicato inviato dal presidente di Aib Marco Bonometti. “La sentenza della Corte Costituzionale”, si legge nella nota, “con il suo punto ed a capo, può così rappresentare una grande opportunità per i soggetti coinvolti, se i personaggi sul proscenio – tutti, non uno solo – sapranno comprenderla ed avranno la capacità di gestirla”.

ECCO IL TESTO DEL COMUNICATO

La Corte Costituzionale ha deciso: Fiom deve ritornare in Fiat. Punto ed a capo. Non serve a nulla parlare di sentenza evolutiva, di giurisprudenza creativa, la Corte ha sentenziato e così è, così deve essere: per tutti. Ciò che serve soprattutto oggi, allora, è muovere da questo punto per ripartire, guardando al domani, al rilancio del Paese. Chi misura con il metro corto – e ce ne sono tanti in giro – sostiene che la Corte Costituzionale ha dato torto a Fiat, perché da oggi Fiom ha titolo per rientrare in azienda. L’obiettivo della Fiat, però, era probabilmente diverso, di altro spessore: difendere la competitività dell’azienda per portare più lavoro in Italia. Fiat con questa vicenda, che dal punto di vista giuridico partiva già gravata da molte incognite, acquisisce da parte sua il grande merito di sollevare il velo su un sistema di relazioni sindacali vecchio. Un sistema che sopravviveva a se stesso, custodito da una casta che rifiutava di comprendere che la modernizzazione delle relazioni non era più una scelta, ma la conseguenza ineludibile dell’apertura del mondo al mercato, e che questo rifiuto stava letteralmente soffocando le aziende industriali italiane, ormai sempre più vittime di riti, preclusioni e preconcetti. Oggi questa consapevolezza è diffusa ad ogni livello, ed in questo senso, cioè nella sostanza, la Fiat ha ottenuto un successo, prima ancora della sentenza.

La sentenza della Corte Costituzionale, con il suo punto ed a capo, può così rappresentare una grande opportunità per i soggetti coinvolti, se i personaggi sul proscenio – tutti, non uno solo – sapranno comprenderla ed avranno la capacità di gestirla. Oggi la situazione italiana è molto degradata:questo lo riconoscono tutti, a sinistra e a destra, ammesso che questi schieramenti conservino ancora un intrinseco significato. Quello di cui meno si parla, ma che i cittadini sanno o intuiscono, è che la prospettiva, in particolare quella occupazionale, sta solo nelle fabbriche. Non solo in esse, ovviamente, ma soprattutto in esse, essendo l’Italia un Paese di trasformatori, essendo privo di materie prime. Un Paese che si è giocato il turismo, ormai indirizzato verso altri lidi, e che si sta giocando anche il patrimonio storico e culturale, come ammonisce l’Unesco. Dalla fabbrica bisogna ora ripartire. Con alcune consapevolezze, che non devono costituire bandiere, riconoscendo che i lavoratori sono innanzitutto una parte importante del patrimonio aziendale, non costi da comprimere, ma risorse da sviluppare. In secondo luogo, che sui mercati bisogna stare da competitori veri, con costi inferiori agli altri, sia pure di un centesimo, o con qualità migliori, oppure con contenuti tecnologici d’avanguardia. Meglio ancora se con un sapiente mix di questi fattori. Questo non deve significare per nessuno compressione dei diritti – anche di coloro che investono, naturalmente – o dei salari. Deve significare ottimizzazione, rispetto delle leggi, ma anche del mercato, deve significare, in sintesi, attaccamento all’azienda da parte di tutti, imprenditori e lavoratori, che delle sorti dell’impresa sono e devono essere sempre più partecipi. Ci vorranno intelligenze e disponibilità reciproche a piene mani. Ma è nei momenti di difficoltà che le intelligenze assumono le redini del gioco e ne dettano le regole. Se saremo capaci, tutti insieme, di cogliere ciò che la sentenza suggerisce, allora la Corte ci avrà impartito non solo lezioni di diritto, ma anche un prezioso assist di buon senso.

Marco Bonometti – Presidente Associazione Industriale Bresciana

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