Disoccupazione giovanile, la colpa non è delle imprese

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Signor direttore, il “commissario Letta – Montalbano” ha alla fine demolito l’alibi inconfessabile delle imprese italiane e, come dopo una intricata indagine su Cosa Nostra, abbiamo tra le mani il gran finale. Ora sì, che gli imprenditori potranno essere trascinati davanti al Gran Giudicatore ed essere messi a processo. Peccato che la sentenza sia già scritta, senza possibilità di uscirne innocenti. Così, infatti, ha parlato il Commissario di Governo, sorpreso di aver scoperto la forma dell’acqua: “Care imprese, ora che vi abbiamo dato gli incentivi per assumere i giovani, non avete più alibi”. Ho atteso qualche giorno prima di intervenire e non è stato difficile, considerando anche il caldo, ribollire sulla sedia di presidente della più grande organizzazione della piccola impresa della Lombardia con i suoi 100 mila associati. Mi sono detto: attendiamo magari una correzione di rotta, un sincero ripensamento; stimo Letta da molto tempo e speravo che avrebbe trovato il modo di smentirsi. Disgraziatamente non è accaduto. Un brutto segno della cecità della politica e della cecità del governo, che è ancora peggio.

Il “commissario Letta dell’indagine sulla forma dell’acqua” e tutti gli altri suoi compari di viaggio sanno bene che le cose non stanno così e, se non lo sanno, c’è da preoccuparsi. Non siamo di fronte a imprese vendicative ed arcigne che hanno deciso ad un certo punto di non assumere più. Il problema della disoccupazione in generale, e di quella giovanile in particolare, ha radici ben più profonde e necessiterebbe di soluzioni più articolate che non una serie di incentivi per chi assume un giovane “a tempo indeterminato” (che in Italia – articolo 18 – vuol dire “finché pensione non vi separi”). Intendiamoci, vanno bene anche gli incentivi, ma se crediamo che risolvano il problema, inseguiamo una pura illusione. Negli ultimi quattro anni abbiamo perso il 15% della capacità produttiva. Tante imprese hanno chiuso o ridotto al minimo il personale. Oggi produciamo e vendiamo sui mercati interni e internazionali il 15% in meno di quanto non facessimo prima del 2009. È per questo che le imprese non riescono più a dare lavoro. Colpa della crisi prima, delle politiche cieche del rigore dopo e del malgoverno della politica, sia prima che dopo. Le imprese assumono se producono e vendono. Talmente semplice, da non essere capito da un Commissario che si avventura nella distruzione degli “alibi”, nella vana ricerca della forma dell’acqua che forma non ha. La verità è che l’Italia ha perso quote di mercato globale, ha ridotto i consumi interni e non sfonda nei nuovi mercati internazionali, 800 milioni di nuovi consumatori, dove i prodotti ormai sono venduti da Giappone e Sud Corea (politiche inflattive e di crescita), Germania (riforme interne e rigore degli altri), Stati Uniti (politiche espansive FED), Gran Bretagna (liberalnomics), oltre ai paesi emergenti, BRICS ed altri. Il Governo del commissario Letta deve capire che la vera sfida è vincere la battaglia della globalizzazione dei nuovi mercati, perché è su quei mercati e su quei consumatori che vivono le imprese e i loro lavoratori. Con soluzioni assai più semplici di quel che si creda. Basta volerle vedere, come è facile capire che l’acqua non ha una sua forma, ma ha quella che le si vuol far prendere.

La prima soluzione è ridurre i costi che le imprese sostengono per produrre beni e servizi, affinché una scarpa prodotta in Italia, a parità di qualità, costi alla produzione tanto quanto costa una scarpa prodotta in America. Costi che sono per la maggior parte di natura fiscale (tassazione eccessiva sulle imprese e sul lavoro, il 30% in più di costo dell’energia e insensati costi della burocrazia).

La seconda soluzione è “liberare” le imprese per consentire loro di agire. Al Paese non sono mai mancati spirito imprenditoriale e una straordinaria classe di imprenditori. Al Paese e alle imprese è l’aria che manca. Lentezza della burocrazia e totale rigidità del mercato del lavoro vanno ripensati in una riforma che non si è mai avuto il coraggio di cominciare. In particolare, la mancata riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e la mancata flessibilità del mercato del lavoro non crea alcun beneficio ai lavoratori, anzi, è una condanna al “non lavoro” o al lavoro precario, così come condanna tanti giovani al “non lavoro” una scellerata riforma delle pensioni che ha bloccato il ricambio generazionale.

La terza soluzione è lo sblocco del credito alle imprese: nessuno ha mai investito senza fare ricorso alle Banche. Che invece fanno tutto, tranne che il loro mestiere. Acquistano titoli di stato per ricapitalizzarsi, titoli declassati l’altro ieri da Standard & Pools tanto per creare qualche nuovo profitto di sottobanco e impedire ancora politiche di crescita che danno fastidio ai competitor; pagano miliardi di euro di sofferenze per errati affidamenti di credito agli amici degli amici; prendono in giro i correntisti pagando tassi irrisori sulla raccolta e prestando denaro a tassi superiori al 10%, trovando liquidità dalla Bce al tasso dello 0,5%.

La quarta soluzione, che è la madre di tutte le soluzioni, consentirebbe di agire sulle altre tre: mettere mano agli 800 miliardi di spesa pubblica. Spesa pubblica improduttiva che garantisce rendite, privilegi, storture di mercato, apparati e cameratismi lobbistici e di cui lo spreco di risorse per la politica (Province comprese) è solo uno degli aspetti. Sta in questa quarta soluzione anche la riforma della legge elettorale e delle istituzioni. Insomma, rendere le cose più semplici e trasparenti e spendere meno non è vietato. Già lo stanno facendo cittadini e imprese da quattro anni a questa parte con sacrifici e rinunce. Spendere meno, non è vietato, caro “Commissario Letta – Montalbano”. Naturalmente le daremo ancora tempo, anche se fino ad oggi nessuna di queste quattro soluzioni è stata nemmeno avviata. E ci auguriamo davvero che non sia Lei, ora, ad appendersi agli alibi. Perché di cittadini onesti e imprenditori seri che stanno cominciando anche loro ad accarezzare l’idea di trasformarsi in “Signore in Giallo – detective”, comincia ad essere pieno il Paese. E tutti hanno bene in testa l’idea di che forma debba alla fine assumere l’acqua.

Eugenio Massetti Presidente di Confartigianato Imprese Lombardia 

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