Erano almeno tre mesi che non facevano che terrorizzarlo con insulti, spintoni e botte. Brutta storia di bullismo a Montichiari. Protagonisti un gruppo di 14enni. A capo della baby gang che spaventava da mesi un adolescente c’è un 14enne pakistano che, insieme ad un gruppo di amici, perseguitava la vittima in ogni modo.
Iniziata con insulti verbali, spintoni e qualche pacca di troppo, la baby gang non si è fermata qui e l’altro giorno, dopo aver fermato la giovane vittima e avergli rubato gli occhiali da vista l’hanno intimato di consegnare loro 50 euro per riaverli. A quel punto il ragazzino è scappato via e, incontrata una pattuglia di vigili, ha denunciato alle forze dell’ordine quanto appena accaduto. A quel punto i vigili hanno raggiunto il presunto responsabile pakistano, ora ai domiciliari.
mmmm italiani?
il giro del paese a calci nel sedere
Uhh quante storie… sono solo nuovi italiani che si integrano.grazie kyenge!
GRASIANO MOCHELA!
Come reale segno d’integrazione, e per onorare la Kienge, dovrebbero esere giudicati secondo le leggi del paesello d’origine.
ma si sono ragazzate ora capo di una baby gang domani stupratore e spacciatore sicuramente è colpa nostra che nn li abbiamo integrati abbastanza dovevamo fare di piu probabilmente li abbiamo solo accolti nella ns città, gli abbiamo solo offerto un lavoro, gli abbiamo offerto solo una casa popolare è normale che ci restino male e poi per depressione si trasformino in delinquenti comuni!!
Ma gli altri del gruppo dei bulletti erano stranieri o italiani?
Secondo una recente indagine condotta da Ipsos per conto di Save the Children 4 minori su 10 sono testimoni, viene sottolineato, di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti ‘diversi’ per aspetto fisico (67%), orientamento sessuale (56%) o perché stranieri (43%). "Di fronte al dilagare di questi episodi, che dimostrano una interconnessione così stretta tra la vita reale e quella ‘virtuale’, né le scuole né le famiglie – spiega l’esponente di Save the Children – possono essere lasciate da sole. Abbiamo davanti a noi una sfida educativa dove ogni soggetto, istituzioni comprese, deve giocare la sua parte. L’esperienza – conclude – ci insegna che proprio dai ragazzi e le ragazze può venire un supporto per contrastare, nel rapporto con i coetanei, lo sviluppo di questi atteggiamenti violenti e discriminanti".