Legge elettorale, dal Gruppo per l’Italia di Gitti la proposta di un sistema misto a due turni

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Con un lungo comunicato diffuso dal parlamentare bresciano, Gregorio Gitti, Gruppo per l’Italia spiega nel dettaglio la propria proposta sulla riforma della legge elettorale presentata oggi al presidente del Consiglio, Gianni Letta. Proposta che, secondo Gitti, “non può prescindere da alcune considerazioni di carattere strutturale e politico”.

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO:

Da un punto di vista strutturale: ogni proposta deve essere condotta a costituzione invariata: e cioè senza tenere conto, al momento, di quanto emerso nella Relazione finale della Commissione dei 35 in punto di riduzione del numero dei parlamentari e di bicameralismo perfetto; inoltre, il discorso deve essere svolto sulla base delle indicazioni della Corte costituzionale, come emerse nel Comunicato Stampa del 4 dicembre 2013: incostituzionalità del premio di maggioranza (non si sa se in assoluto o in rapporto alla mancata indicazione di una soglia minima per l’attribuzione); necessità del voto di preferenza; garanzia di una rappresentanza di genere.

Da un punto di vista politico, invece, la nostra proposta vuole tener conto del contesto di approvazione e di applicazione della riforma. Vuole cioè tenere conto della effettiva aumentata complessità del sistema politico rispetto alla raffigurazione tradizionale del sistema italiano come sistema bipolare: calare una logica bipolare in un sistema politico imperniato su tre partiti sopra il 20% e su una serie variegata di formazioni dalla consistenza variabile rischia di forzare la situazione; di produrre distorsioni nel sistema rappresentativo foriere di tensioni future; di rendere irrealizzabile l’approvazione di una legge elettorale per il mancato concorso di forze politiche sacrificate;

La nostra proposta, inoltre, vuole perseguire in modo chiaro gli obiettivi della riforma già evidenziati dal presidente Napolitano al momento della sua rielezione. E cioè a) rappresentatività del sistema politico complessivo e b) stabilità delle maggioranze di governo, tenendo anche conto che la Corte costituzionale è, in fondo, intervenuta sulla irrazionale composizione di queste due esigenze, sanzionando quel premio di maggioranza meccanico che era stato inserito nella l. 270/2005 al fine garantire la stabilità delle maggioranze.

Ciò detto, avendo riguardo a tutti questi elementi, sembra ragionevole orientarsi verso l’introduzione di un sistema elettorale misto, che combini elementi dei sistemi proporzionali e dei sistemi maggioritari, secondo una linea di tendenza affermatasi in Italia soprattutto a livello di elezioni locali (l. 81/1993) e di elezioni regionali (l. 43/1995). Nelle loro diverse varianti – ormai ampiamente sperimentate dai primi anni ‘90 – questi sistemi in genere riescono a soddisfare le esigenze di proiettività tipiche dei sistemi proporzionali con le esigenze di stabilità delle maggioranze di governo in modo sufficiente da poter essere presi in considerazione anche per le elezioni nazionali.

In particolare, il sistema che si potrebbe proporre dovrebbe essere un sistema articolato in due turni. Al primo turno le diverse forze politiche si presenterebbero disgiuntamente agli elettori, i quali esprimerebbero un voto a favore di ogni lista concorrente a livello di circoscrizione, con introduzione di una doppia preferenza di genere (imposta dalla Corte costituzionale e dall’art. 51 cost.). Il metodo di elezione del singolo parlamentare dovrebbe essere imperniato sul meccanismo del quoziente circoscrizionale con recupero nazionale dei resti. Va da sé che le circoscrizioni dovrebbero avere carattere plurinominale e – tendenzialmente – dovrebbero essere ritagliate sulla dimensione provinciale e/o delle future città metropolitane e aree vaste.

Il carattere fortemente proporzionale degli effetti di questo primo turno potrebbe essere temperato, alternativamente, dalla introduzione di una soglia di sbarramento – che si ipotizza attorno al 3% – ovvero attraverso un intervento di modulazione della ampiezza dei collegi elettorali, tenendo presente che quanto più ristretto è il collegio, tanto più forte è l’attenuazione dell’effetto proiettivo del sistema. Illuminante in questo senso è l’esempio del sistema spagnolo, dove di fatto la compresenza di una soglia di sbarramento del 3% e di circoscrizioni molto ristrette rende inoperante, se non a livello formale, la soglia di sbarramento, la quale opera soltanto nelle due circoscrizioni più larghe (Madrid e Barcellona).

Un primo turno di questo genere – che fondamentalmente mira a raccogliere e misurare il consenso delle diverse formazioni politiche – presenterebbe il doppio vantaggio di assicurare a tutte le liste una rappresentanza parlamentare (compatibilmente con quanto detto sopra) e di consentire ai partiti di misurare reciprocamente la propria consistenza in termini di seggi e rappresentanza parlamentare.

A questo primo turno conseguirebbe l’assegnazione dell’85% dei seggi: e cioè, alla Camera, 535 seggi su 630 a costituzione invariata.

Con il secondo turno di votazioni, previsto entro due settimana successivo al primo, verrebbero attribuiti i restanti 95 seggi. Il lasso di tempo intercorrente tra il primo e secondo turno, particolarmente ampio, dovrebbe essere finalizzato a consentire ai partiti politici di elaborare alleanze e programmi da presentare agli elettori, affinché questi possano effettivamente scegliere la coalizione da premiare con l’attribuzione della quota residua a disposizione (15% dei seggi non assegnati).

In questo secondo turno si presenterebbero dunque all’elettorato coalizioni di partiti che esplicitano il loro accordo, un programma comune e una comune lista di candidati (non superiore al numero dei seggi a disposizione: 95) e il cui capolista potrebbe essere – ma non è detto che necessariamente debba essere – il Presidente del Consiglio incaricato. (Si riprendono qui i contenuti della proposta Pasquino-Milani alla Commissione Bozzi del 1989). I candidati e le liste potrebbero presentarsi all’interno di un collegio unico nazionale, secondo uno schema simile a quello presente nella attuale l. 270/2005.

Al Senato, stante la prescrizione dell’art. 57 cost., il premio di maggioranza potrà essere attribuito alla coalizione più votata sul piano nazionale, ma ripartito su base regionale in rapporto ai voti raccolti nelle singole regioni (secondo uno schema già presente nella proposta di legge n. 1116 Nicoletti ed altri, Camera, XVII legislatura).

Allo stesso modo la prescrizione di cui all’art. 51 cost. potrà essere rispettata attraverso l’introduzione di una riserva nella composizione delle liste di coalizione. Va da sé che la presenza al secondo turno deve essere garantita anche alle forze politiche che decidano di non apparentarsi in coalizioni e decidano comunque di concorrere da sole per il premio di maggioranza. Si dà comunque per scontato che le forze politiche uscite prevalenti al primo turno siano incentivate a coalizzarsi e a stringere apparentamenti nella prospettiva di andare in sovrarappresentazione rispetto agli esiti del primo turno con l’acquisizione del restante 15%.

Considerazioni conclusive – Un sistema di questo genere, che può essere visto come una variante dello schema del doppio turno di coalizione, presenterebbe alcuni evidenti vantaggi.

Innanzi tutto la formazione in modo ragionevolmente trasparente di coalizioni di governo che si presentano congiuntamente agli elettori e congiuntamente si impegnano a governare per la durata della legislatura. In questo modo l’elettore sceglierebbe nel primo turno una lista cui conferire una autonoma forza rappresentativa e nel secondo turno una coalizione precisa, dotata dal premio di maggioranza dei numeri sufficienti ad esprimere un governo. L’elettore sceglie, in altre parole, chi debba governare, con quali alleati e con quali programmi nell’ambito della offerta politica che il sistema dei partito è stato in grado di elaborare. E, qualora si voglia accogliere questa soluzione, l’elettore esprime al secondo turno anche una indicazione sul nome del Presidente del Consiglio.

In secondo luogo, pur operando nel secondo turno con una logica maggioritaria, il sistema resta proporzionale quanto alla capacità di convogliare all’interno del sistema rappresentativo partiti e formazioni politiche minori, preservandone l’identità tanto nel momento pre-elettorale, quanto in sede di formazione dell’accordo di governo. Per contro la trasparenza della fase di formazione dell’accordo di governo – e la conseguente pubblicità degli impegni – segna – compatibilmente con l’art. 67 cost. – un motivo per le formazioni minori a restare all’interno della coalizione di governo, posto che la rottura dell’accordo costituirebbe una sconfessione degli impegni assunti durante l’intervallo di tempo intercorrente tra il primo e il secondo turno. Che sarebbe plausibilmente sanzionata dagli elettori nella successiva tornata elettorale.

In terzo luogo, il riconoscimento della necessità di accordi di coalizione implicito nella proposta vale ad evitare che, dalla conservazione della logica maggioritaria, esca un governo appiattito sulla linea programmatica di un singolo partito, con pregiudizio della diversità di posizioni presenti all’interno del sistema rappresentativo. E dunque in contrasto con la attuale struttura del sistema politico.

In quarto luogo un sistema del genere – soprattutto se accompagnato dalla reintroduzione del voto di preferenza che probabilmente sarà imposta dalla Corte costituzionale – impone un modo diverso dal recente passato di concepire il ruolo e l’azione dei partiti politici, costringendo i partiti ad un rapporto più stretto con le circoscrizioni e con il territorio.

 

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5 Commenti

  1. Niente sistema proporzionale. Sbarramento al 5%, collegi uninominali con doppio turno di collegio (non di coalizione) senza premi di maggioranza e senza "diritto di tribuna" per i micro partiti: un rigoroso sistema democratico che significherebbe però cambiamento radicale, ovvero l’unica cosa che i governanti italici degli ultimi quarant’anni in effetti non vogliono, sbandierando il mito della scarsa governabilità come unico parametro di giudizio dei mercati finanziari. Allora, avanti alla vecchia, in ostaggio dei Bertinotti o dei Mastella di turno e magari qualche legge "ad personam" da votare come merce di scambio politico.

  2. Semplice: sistema duale parlamentare per non scontentare nessuno. Un Parlamento di Gestione eletto col sistema proporzionale e un Parlamwnto di Sorveglianza eletto col sistema uninominale. A me pare una buona idea.

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