La questione dell’usura nei contratti di finanziamento

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La questione dell’usura nei contratti di finanziamento è tema centrale del contenzioso bancario, in relazione a cui sono state espresse diverse e contrastanti opinioni. Di seguito ci proponiamo di illustrare gli orientamenti da ultimo emersi e le conseguenze che ne discendono in relazione alla (in)validità delle clausole che fissano gli intessi, nonché di delineare alcuni criteri tecnico metodologici finalizzati alla verifica della rilevanza dei tassi in concreto pattuiti.

1.Gli orientamenti giurisprudenziali

La sommatoria dei tassi.  L’orientamento della giurisprudenza maggioritaria (App. Milano n.3283/2013, App. Venezia 342/2013, Trib. Rovereto 30.12.2013, Trib. Benevento n.1936/2012) trae origine dal principio fissato dalla Cassazione con la pronuncia n.350/2013. Secondo tale approccio, si verifica ‘usura originaria’ quando i tassi d’interesse, complessivamente pattuiti, superano il Tasso Soglia Usura. Per valutare la sussistenza dell’usura originaria vanno raffrontati il TEG ed il TEGM con il TSU: se questo è superato sussiste usura originaria. Elemento essenziale di questa valutazione è l’interesse moratorio, di cui (unitamente a quello corrispettivo ed alle spese e/o agli oneri pattuiti, fra cui anche quelli inerenti la stipula di polizza assicurativa cfr App. Milano n.1070 del 14.3.2014) va tenuto conto per verificare l’eventuale superamento della soglia. Ciò che rileva, dunque, ai fini del superamento del tasso soglia non è la ‘natura’ degli interessi, bensì la loro misura massima consentita. Ai sensi della L. 108/1996, sotto un profilo civilistico, il superamento del tasso soglia comporta, quale sanzione, l’applicazione dell’art. 1815 co. 2 c.c. che, nel prevedere “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”, determina la conversione forzosa del ‘finanziamento usurario’ in ‘finanziamento gratuito’.  In tal caso, nessun interesse è dovuto (né moratorio né corrispettivo) e sorge il diritto a ripetere le somme pagate a questo titolo. La ratio è infatti quella di riequilibrare il rapporto tra le parti: la sanzione della nullità colpisce l’istituto che ha erogato il finanziamento imponendo un tasso di interessi usurario e quindi contra legem.

L’Arbitrato Bancario Finanziario. L’ABF ritiene invece disomogeneo da un punto di vista matematico/finanziario ed illegittimo sotto un profilo giuridico, il raffronto tra TSU desunto dal confronto dei TEGM (privo degli interessi di mora) e dei TEG del singolo rapporto (comprensivo degli interessi di mora pattuiti) ed esclude quindi a priori la rilevanza degli interessi moratori ai fini del superamento del TSU, invocando le argomentazioni di seguito sintetizzate:  i) la funzione risarcitoria degli interessi moratori e, quindi, la loro equiparabilità alla clausola penale deporrebbe a favore della loro esclusione dal conteggio dei tassi da raffrontare al tasso soglia; ii) il fatto che la Banca d’Italia ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, escludano la computabilità degli interessi moratori nel processo di rilevazione dei TEGM, che, una volta calcolati, sono aumentati del 2.1% punti percentuali, proprio al fine di aggiornarli al valore medio degli interessi di mora determinato sulla base di una indagine statistica condotta dalla Banca d’Italia nel 2002; iii) la diversa determinazione della base di calcolo e dei periodi di applicazione: i tassi corrispettivi sono calcolati sull’ammontare del capitale ed in relazione all’intera durata del finanziamento, mentre i tassi moratori sono invece determinati sulla base della rata non pagata in relazione al periodo dell’inadempimento. Con una recente pronuncia, l’ABF (n.1875 del 28.3.2014) nel confermare la ‘non cumulabilità’ degli interessi corrispettivi a quelli di mora per poi confrontare questa somma alla soglia rilevante ai fini dell’usura, ha tuttavia precisato che se le pattuizioni sui tassi di mora dovessero essere parte di un disegno volto ad aggirare le norme antiusura, l’azzeramento di tutti gli interessi potrebbe scattare ugualmente.

La terza via: i tassi raffrontati singolarmente. Una terza via è rappresentata da una recente ordinanza del Tribunale di Milano (28.1.2014) a breve seguita da conforme provvedimento del Tribunale di Trani (10.3.2014). Queste pronunce, da una parte, confermano il principio espresso dalla Cassazione n.350/2013, dall’altra, specificano che, per valutare la sussistenza di usura originaria, gli interessi moratori non devono semplicemente ‘sommarsi’ agli interessi corrispettivi, ma devono essere raffrontati al TSU ‘singolarmente’.  Pertanto, qualora il tasso di interesse moratorio ed il tasso d’interesse corrispettivo singolarmente verificati superassero il TSU, il finanziamento sarebbe affetto da usura originaria e, per l’effetto, la clausola sugli interessi nulla ex art. 1815 co. 2 c.c., convertendosi quindi il finanziamento da usurario, in gratuito. Qualora invece solo il tasso di mora, singolarmente raffrontato al TSU, lo superasse, allora il cliente potrebbe pretendere dall’ente finanziatore la restituzione dei soli interessi moratori eventualmente pagati, mentre dovrebbe invece continuare a pagare quelli corrispettivi (inferiori alla soglia usura).

2. Gli aspetti tecnici e metodologici

Due sono le impostazioni metodologiche generalmente applicate nella prassi tecnica: a) la verifica dell’usura originaria sui singoli tassi impliciti nei finanziamenti: il tasso contrattuale ed il tasso di mora; b) la verifica dell’usura originaria sulla sommatoria di tasso contrattuale e di mora.

I singoli tassi. L’usura originaria si verifica se alla stipula del finanziamento il TAEG supera il TSU, non limitandosi all’osservazione del mero tasso contrattuale, bensì a tutte le componenti che determinano il tasso annuo effettivo globale quali spese incasso rata e spese iniziali, che spesso possono creare importanti scostamenti dal semplice tasso contrattuale. Si parla di usura originaria anche quando il tasso di mora è maggiore del TSU. In effetti si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (C. Cost. n.29/2002 e D.L. n. 394/2000 art.1 co 1).  Le conseguenze per gli istituti di credito sono, come detto, chiare: “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” (art. 1815 c.c.).

La sommatoria dei tassi. Parte degli operatori ritiene che sussista usura originaria se la sommatoria di TAEG e tasso di mora contrattuale superi il TSU al momento della sottoscrizione del contratto: la tesi è radicale ed il miglior modo per affrontarla è ricorrere ai principi della matematica finanziaria.  Cominciamo chiedendoci cosa è una rata di un piano di ammortamento alla francese e come si determina. Si immagini un prestito di € 1.000.000 erogato a 10 anni al 6,5% (TAEG) con rate annuali; si osservi la TAVOLA 1 che descrive le caratteristiche del piano di ammortamento nel dettaglio.

TAVOLA 1, IN PDF ALLEGATO   

La rata (per comodità, annua) è pari a 139.105 €. Osservando il piano di ammortamento si nota che la quota interessi della 1° rata è pari ad € 65.000; esattamente il 6,5% di € 1.000.000 per un anno. La quota capitale versata di € 74.105 riduce il debito residuo ad € 925.895. Passando alla 2° rata si osserva che la quota interessi di € 60.183 è ancora ancora il 6,5% per un anno applicato sull’outstanding debt di € 925.895. In un piano di ammortamento alla francese, dunque, gli interessi sono determinati sul capitale residuo via via determinato consentendo, modulando la quota capitale, di mantenere la rata costante. Immaginiamo ora che la 2° rata rimanga insoluta per 1 anno. Il contratto prevede interessi moratori del 9,5%. Immaginiamo ulteriormente che la soglia dell’usura (TSU) sia il 10%. La banca applicherebbe il 9,5% sulla somma di € 139.105 determinando interessi moratori di € 13.215.  Il tasso usura è stato superato? Proviamo ad eseguire il calcolo: il debito residuo alla seconda rata è pari ad € 925.895; gli interessi complessivi sono pari ad € 60.183 impliciti nella rata insoluta ed € 13.215 per interessi di mora; il totale degli interessi per € 73.398 sul capitale di € 925.895 genera un tasso globale applicato effettivo pari ad 7,93%. Il tasso ora determinato è ben inferiore al 10% del tasso usura TSU. Il tema sembrerebbe risolto, ma le dinamiche della matematica finanziaria nascondo ben altre sorprese. Per esercizio valga iterare il calcolo su ogni rata del piano di ammortamento verificando il tasso effettivo risultante da un’eventuale applicazione del tasso di mora. I risultati nella TAVOLA 2

TAVOLA 2, IN PDF ALLEGATO  

 Sorprendentemente, grazie al progressivo ridursi del debito residuo e della quota interessi implicita in ogni rata, si verifica un meccanismo che determina un trend crescente di un eventuale tasso complessivo generato dall’applicazione degli interessi di mora.  L’ultimo tasso determinato, pari al 16,62%, è effettivamente molto prossimo al 17% che rappresenta la somma dei tassi contrattuale e di mora (6,5% + 9,5%).  In tal senso il tecnico, condotte le doverose verifiche, non avrebbe dubbi ad affermare che sia stato pattuito un tasso usurario ab orgine. La verifica empirica consentirà poi di appurare l’effettiva concretizzazione della fattispecie usuraria. La tesi, sebbene di primo acchito aggressiva, risulta quindi meritoria di interesse, nonché di attività di approfondimento e studio caso per caso. 

3. Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, l’usura originaria è materia che, allo stato, prospetta scenari non univoci, destinati ad ulteriormente mutare anche a breve, in ragione dell’intervento di ulteriori pronunzie giurisprudenziali, ovvero, attesa l’importanza e la delicatezza delle questioni, dello stesso Legislatore.

Avv. Ambra De Domenico (Amato Matera & Associati Studio Legale, Brescia)

Dott. Ivan Fogliata (Blue Lane Consulting S.r.l., Brescia)

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