Strage di piazza Loggia, Maggi e Tramonte assolti per “ipergarantismo distorsivo”

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Quelle della Corte d’Appello di Brescia furono conclusioni «assolutamente illogiche e apodittiche». Hanno usato parole forti i supremi giudici della Cassazione per definire i giudici bresciani che il 14 aprile 2012 assolsero gli imputati Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Lo scopriamo leggendo le motivazioni del pronunciamento del 21 febbraio, depositate ieri. 

Fra pochi giorni saranno 40 anni da quel 28 maggio in cui morirono otto persone e altre cento rimasero ferite in piazza Loggia a causa dello scoppio della bomba posizionata in un cestino dei rifiuti durante i comizi dei sindacati bresciani. Su tutto il territorio provinciale sono in programma numerosissime iniziative per celebrare il ricordo dell’evento, e ieri, finalmente, si è potuto sapere quali sono i motivi per i quali la Cassazione ha chiesto di processare nuovamente Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Questo un passaggio-chiave delle motivazioni della sentenza: «La Corte di Assise di Appello ogni volta che si è trovata a valutare un indizio di colpevolezza a carico degli imputati, si è soffermata sulla potenziale esistenza di diversi significati, così distruggendo proprio il valore probatorio che il nostro sistema giudiziario attribuisce alla valutazione complessiva di tali messi di prova».

Da chiarire che la sentenza della Cassazione non vuole essere «una pronuncia di colpevolezza, nè un invito alla revisione dell’esito assolutorio, bensì rappresenta uno stimolo ad una nuova valutazione – emendata dagli errori riscontrati – degli elementi probatori alla luce delle indicazioni fornite» dalla stessa Corte. Le conclusioni della Corte d’Appello di Brescia vengono definite «assolutamente illogiche e apodittiche» in quanto per Maggi sono stati sviliti numerosi indizi, primo fra tutti che l’ordigno è stato confezionato con gelignite di sua proprietà, e per Tramonte si è ignorato che fosse un soggetto troppo "intragneo" alla destra eversiva per essere un semplice informatore. 

Per Delfo Zorzi e per il generale Francesco Delfino la Cassazione non ha criticato la procedura che ha portato all’assoluzione.
(a.c.)

 

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