Stamina, parla uno dei medici indagati: non sapevo ci fossero parentele

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La sua versione è chiara: non sapeva che ci fossero gradi di parentela e amicizia fra dirigenti degli Spedali Civili di Brescia e alcuni dei primi 12 pazienti trattati col metodo. A dichiararlo è F. P., uno dei cinque medici indagati dalla procura di Torino, responsabile dell’oncoematologia pediatrica degli Spedali Civili di Brescia e coordinatore del progetto di collaborazione con Stamina a Brescia, che è stato sentito mercoledì mattina in Commissione Sanità in Regione.

Riporta le sue parole il Giornale di Brescia: «Io ero il coordinatore dei colleghi e il medico prescrittore. Mi arrivavano le valutazioni dal neurologo. Non sapevo che erano parenti perchè i cognomi erano diversi», aggiungendo che «Stare zitto due anni è stato molto doloroso, io ho operato da professionista: la mia regione, l’Aifa e il mio direttore generale mi hanno detto sì e quindi io ho agito. Io sono un soldatino, mi dicono fallo e io lo faccio».

Il medico ha ricostruito anche il suo incontro con Vannoni e gli incontri che portarono all’uso di Stamina. Tutto ebbe inizio da una telefonata nell’aprile 2011 con Marino Andolina, vicepresidente Stamina, che lo informò di questo metodo, sotto brevetto, in grado di curare patologie neurologiche degenerative mediante infusioni di cellule staminali mesenchimali.

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