Il Sistema Brescia va in pensione. Che bellezza! (di Flavio Pasotti)

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di Flavio Pasotti – Che Bellezza! Forse non si sentirà più parlare del Sistema Brescia! Perché non è vero che se ci si mette tutti d’accordo le cose vanno bene: quando ci si mette tutti d’accordo serve qualcuno che paga la cena per tutti e normalmente siamo noi cittadini. Un esempio? Dalle fiere agli aeroporti ai cassonetti si è fatto sistema ed è stato un inenarrabile e costoso disastro. Che pagheremo. Quindi ben venga il dissenso, il dibattito anche feroce: ha il pregio di uscire dalle stanze e finire in piazza, che almeno ci si capisce. Sta capitando? Sì. Da uno dei giornali nelle scorse settimane è partita una bordata, anzi due (pagine), finanziariamente ispirate recanti la accusa di “provincialismo” a quel pezzo di Brescia che, sapendo fare di conto, aveva rispedito al mittente un “progetto di sistema” che non stava in piedi neanche con la fantascienza (e magari lo fosse stata… si sarebbero venduti i biglietti).

Poi, disorientato, da qualche altro carattere piombato parte l’appello per rifare Gli Stati Generali, cioè la Summa Thelogica delle cose su cui ci si mette d’accordo, il rito catartico del deserto intellettuale: qualcuno ce l’avrà una idea, no? E io mi domando: cavolo, finito il papocchio, problemi a capire chi comanda? No, perché lo so che poi si pagano i conticini quando si prende parte per convinzione e non per convenienza e in un paese consociativo e di capitalismo di relazione è più educato stare tutti insieme appassionatamente, senza dover prendere ne arte ne parte: gli Stati Generali vanno benissimo ma, per carità Signor mio, non vorremo anche il Terzo Stato! No, molto meglio un sano dibattito. Molto meglio che si discuta del futuro di A2A tra una visione datata, i cui padri sembrano le Vedove Inconsolabili delle antiche parcelle, e un piano industriale che vede la città come un tesoro e non una vacca da mungere o un luogo da occupare con propri o in conto terzi interessi.

Meglio ragionare di Alta Velocità accettando che a progetti ambiziosi ma malamente declinati è preferibile l’ordinaria gestione ma ben fatta e meno intrusiva. E ancora, dopo tante unioni bancarie che invece che forza hanno fatto debolezza è bene fare pulizia in casa, pensando che le azioni valgono se hanno mercato, se hanno un portatore che ne ricava utili ma giudica anche la gestione. Insomma, il Sistema Brescia era un affare di pochi ben travestito da interesse generale, vediamo di metterli in concorrenza questi interessi, si sa mai che il mercato funzioni. E’ l’inizio che scuote (un pochino l’albero), qualche persona cambia, non tutte saranno all’altezza e quasi nessuno avrà la virtú di Lancillotto ma un po’ di aria nuova serve: il Sistema Brescia va in pensione e i suoi officianti abbiano il beneficio di un foglio di via, senza imputare loro le responsabilità; atto generoso ma da non sfrugugliare troppo, si potrebbe anche cambiare idea . 

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50 Commenti

  1. Il sistema Brescia è quella cosa che ha prodotto le Fiere e l’aeroporto veronese di Montichiari, oltre a innumerevoli tavoli senza risultati…

  2. ahhh ecco il Pasotti che spesso ci annoia con le sue ovvietà. Un poco mi manca il grande Pasotti fine storico ed acculturato esperto d’arte! Il padroncino che spiega a noi poveri umani la vita, la politica e l’arte. Grazie padron Pasotti lei è così buono….

  3. desideravo chiedere alla redazione quanto si deve pagare per avere un articolo come questo. No perchè adesso ritenere che questa sia una notizia…. Un signore che rappresenta se stesso ora diviene l’oracolo? “Ma mi faccia il piacere” (Toto)

  4. Quanta invidia quello che chiede informazioni, le ha viste le rubriche con le opinioni su Bresciaoggi, Corriere e Giornale di Brescia? Forse no, o forse fa finta di no…

  5. Pensatela come volete, ma se gli altri genii dell’imprenditoria bresciana avessero il cervello di Pasotti forse oggi Brescia non sarebbe conosciuta solo per la polenta e il tondino.

  6. alia robes PR di Pasotti… se tutti o molto avessero il cervello di Pasotti oggi prescia sarebbe come Cosenza. Lasciamo stare che con mille difetti i nostri imprenditori e industriali danno distacchi abissali a quelli stile Pasotti….. lasciamo perdere

  7. egregio paolone solo tu non ti accorgi del vuotospinto delle idee già dette da tutti e raccolte usate da Pasotti? Solo tu non lo hai visto alla vigilia di ogni elezione provare a mostrarsi come l’oracolo salvifico? Dai un poco di cuore e di testa, questo signore raccoglie i voti della famiglia sua e forse di parenti ed amici. Non a caso nessuna civica, nessun partico, nessun movimento si sogna di candidarlo. Se vuole farlo deve farlo da solo, infatti Pasotti che è persona tutt’altro che sciocca non lo fa, perchè sa di non trascinare, di non aver capacità di coagulare attorno a se nessuna vera forza che lo possa fare eleggere. Ma ci prova…. Contenti tu e lui pazienza, leggeremo ancora le vostre grandi ideone…

  8. suggerimento ai lettori: lasciatelo perdere, è un aficionado da sempre, moltiplica i suoi nickname perchè vuol far numero e usa i nickname perché ha una tremenda paura di metterci la faccia. E ha paura, leggendo il suo cognome, di essere seppellito da una risata….. uno di quelli per cui se non hai il muso della Buonanima tatuato sul petto non sei nessuno. Transit

  9. Pasotti non è mai banale. Poi tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e l’inconcludenza ed il suo ondivago incedere fra un movimento e l’altro ne sono testimonianza. In ogni caso ha ragione da vendere. Un piccolo e banale esempio di “fare sistema”: quella boiata pazzesca di brend, ridottasi da incubatrice di idee, luogo di incontri e relazioni, biglietto da visita della Brescia che produce e innova, a….. tavolata popolare e gara paesana fra scuole alberghiere di provincia. Una pena, costata quasi un milione di euro

  10. @ Pensieroso: la ringrazio, prendo al balzo la occasione che Lei mi offre per un forse noioso approfondimento personale che ho sempre evitato, ma stavolta chiedo mi sia concesso. Mi piacerebbe essere ondivago, sarei al passo coi tempi. Purtroppo me lo impedisce un antico vezzo culturale: io fui iscritto in vita mia a un solo partito, piuttosto minoritario, di scarse opportunità ma di grande frequentazione intellettuale, quello di Bruno Visentini e di Ugo La Malfa e invoco i Pater Patriae per semplicità, essendo all’epoca un partito che accettava il prestigio ma rifuggiva la leadership: nessuno dei citati e nemmeno Giovanni Spadolini ebbero mai l’unanimismo, quasi mai l’unanimità . Me ne andai un po’ prima che venisse giù tutto quando capii che non avevano capito che veniva giù tutto ma non andai altrove, la politica è passione non professione. La mia vita era in azienda (il perchè lo leggerà più avanti) e invece di giocare a tennis semmai mi dedicai all’associazionismo di impresa, tenendo ben chiaro che se stai in associazione non puoi stare in un partito (regola di antico sapore) e rifiutando a più riprese di schierare la associazione come fecero alcuni che non considero colleghi e che confusero il personale con l’interesse associativo. Smisi perché dopo 15 anni non potevo avere più nulla da dare in un mondo associativo che, come si è dimostrato, non aveva più nulla da dire. Alcuni anni dopo ebbi un breve passaggio in un movimento bresciano, non ancora lista politica locale, per nulla lontano dalle tensioni morali dei pater patriae di cui sopra: me ne allontanai educatamente e in silenzio quando mi resi conto che la diversità era una dichiarazione identitaria testimoniale e non una disponibilità a praticarla (la politica è opposizione se perdi, ma deve avere come obbiettivo vincere e amministrare: se no è, appunto, una testimonianza religiosa). Faccio fatica a vedere finora un qualcosa di ondivago, al contrario vedo molti no pronunciati con una personale coerenza. Poi, è vero, mi candidai. Con chi? Esattamente con le stesse persone con cui condivisi da giovane l’impegno politico in uno di quei giochi dell’oca che la vita ti rifila se sei coerente con te stesso. Persi e smisi. In tutto questo trascorso ho sempre considerato la mia piccola azienda come una assicurazione sulla mia libertà di pensiero: me lo insegnò Bruno Visentini un giorno in aeroporto quando, giovanissimo, gli dissi che “volevo fare politica”. Mi rispose che dovevo prendere l’aereo, andare alla rapida in azienda da mio padre, farmi una famiglia e poi, a cinquant’anni, quando forse, enfatizzò forse, avrei avuto la possibilità e la capacità di “dare” qualcosa al Paese, avrei anche potuto dedicarmici. Aveva ragione. Tutto il resto è fuffa mediatica, giacchette tirate e una buona dose di invidia della quale, con piccola arroganza mi conceda, sono discretamente soddisfatto. La ringrazio per la cortesia e la pazienza.

  11. Prendo atto dell’autodifesa. Rimane la sensazione di una pratica politica molto più inconcludente ed elitaria (e meno incisiva) di quella che Lei attribuisce a torto a Onofri. Dai, mi dia un parere su Brend, sono curioso. Per me il solito trastullo castellettiano.

  12. @Pensieroso: semplice, Francesco ha avuto la possibilità di evitare Brend (e altro) ma non l’ha voluta percorrere. È’ una scelta che ci sta, che tra persone che si rispettano si può’ non condividere; magari col cdx alle prossime cambierà idea. O forse no. Comunque un peccato.

  13. Brend è una cosa un poco inutile, come la presenza bresciana ad Expo: abbiamo speso milioni per fare l’albero della vita e non abbiamo saputo nemmeno valorizzarlo…

  14. Di riflessioni apprezzabili ce ne sono parecchie. Che Brescia si sia smarrita e ne sia uscita parecchio ridimensionata sia rispetto al passato sia guardando al futuro ed ai cambiamenti in atto, lo si vede proprio nelle vicende che Pasotti indica qua e là come emblematiche: i parti sventurati di A2A e di Ubi Banca, il mancato decollo dell’aeroporto di Montichiari, lo sfregio dell’Alta Velocità, vicende subite e costate molto caro. Ricorda poi, assai a proposito, le logiche consociative, le convenienze, il capitalismo di relazione. Giusto allora, su tali presupposti e precedenti, pensionare il Sistema Brescia e lasciar perdere gli Stati Generali: sarebbero il solito paravento, a voler concludere, per lasciare ancora e solo mano libera a qualcuno. A chi ? Mi piacerebbe che Pasotti commentasse al riguardo una frase indimenticabile che Aldo Busi mi disse ad una manifestazione pubblica bresciana e cioè: “Ci trovassimo tra vent’anni a parlare di Brescia, diremmo le stesse cose. Cosa vuole che cambi in una città che da sempre è, in tutto ed in qualsiasi ambito, in mano a quattro famiglie con tre cognomi”. Già, magari sono le stesse degli Stati Generali e del Sistema Brescia. E allora si fa dura per chi vuol cambiare rotta, caro Pasotti, perchè purtroppo mi vengono in mente Spartaco e Don Chisciotte…

  15. per confermare quello che lei riporta di Aldo Busi, eccoci attorno alle idee (non originali diciamo) di un signore che da oltre 20 anni ci bombarda credendoci disattenti. Mi spiace ma resto dell’idea che vecchi sindaci e politici bresciani avrebbero sorriso davanti a queste idee…. riciclate

  16. posto che i sindaci del passato non avrebbero mai permesso a una banda di dilettanti di infilarsi nella storia di OMB che ha pesato, pesa e peserà non poco sui bilanci del Comune, Aldo Busi ha ragione su questo e altro. Ma il potere delle famiglie non è una colpa…delle famiglie. L’idea di “fare sistema” è esattamente l’idea in forza della quale si è ingabbiato il mercato locale e si è impedito l’accesso a chi non pagava il dazio al “sistema’ stesso. Veniva contrabbandato come accettabile quando cresceva nella società bresciana una pluralità di protagonisti indigeni. Purtroppo la vena è esaurita, la densità sociale dei protagonisti sulla scena è calata drasticamente, l’economia locale si è schiantata perchè se nel passato si favoriva la vocazione manifatturiera, negli ultimi 15 anni si è privilegiato l’interesse immobiliare spesso vicino alla rendita: si è parlato di aree e mattoni e non di ciò che dentro i mattoni si sarebbe realizzato. Lo scambio oneri/aree ha avuto effetti tremendi, ha costretto gli operatori alla corsa all’accaparramento delle aree a valori insostenibili e a edificare come non ci fosse limite e con bassa qualità, nella stragrande maggioranza di casi. Risultato: capannoni senza valore a bilancio, case gravate di mutui di entità superiore al valore dell’immobile, conseguente impoverimento delle famiglie e delle aziende. Avere forzato il mercato, aver fatto passare l’idea che per arricchirsi non bisognava “fare” ma “costruire” (parafrasando il più usato volume di una enciclopedia di quando eravamo piccoli) è stata la maggiore responsabilità del “sistema Brescia”. Ma l’immobiliare è più consueto e gradito agli interessi di quanto lo sia un grammo di silicio o un metro di intelligenza.

  17. Quello che serve a Brescia è che gli imprenditori tirino fuori le palanche e sostengano dei progetti veri e importanti per il futuro del territorio. Poi serve che gli stessi imprenditori si ricordino che con i soldi si può fare anche cultura magari…

  18. Su Expo ci sono tutti i pregi e i defletti della città: la capacità a fare, la difficoltà a vendere. Discorso analogo si potrebbe fare per la stupenda mostra su “Roma e le genti del Po”: rigore scientifico, ambientazione curata, comunicazione episodica. Il risultato sarà, temo, inferiore alle attese. Immaginare Brescia proiettata fuori significa conoscere ciò che fuori accade, accettare il benchmark con le migliori realtà internazionali non pensando che esistano nicchie quando il mercato o è internazionale o non è.

  19. Su Expo ci sono tutti i pregi e i defletti della città: la capacità a fare, la difficoltà a vendere. Discorso analogo si potrebbe fare per la stupenda mostra su “Roma e le genti del Po”: rigore scientifico, ambientazione curata, comunicazione episodica. Il risultato sarà, temo, inferiore alle attese. Immaginare Brescia proiettata fuori significa conoscere ciò che fuori accade, accettare il benchmark con le migliori realtà internazionali non pensando che esistano nicchie quando il mercato o è internazionale o non è.

  20. Ma c’è chi sta a sentire uno si è presentato alle elezioni sostenendo che lo Stato deve disfarsi di tutto e lasciar fare ai privati (Mafia capitale e notizie di oggi sul San Raffaele ci dimostrano ancora una volta meglio di qualsiasi analisi cosa significhi il “privato”)? Oltretutto in una lista capitanata da tale Signor Giannino il quale, tanto per capire il soggetto, pensa che “il disastro di Fukushima ha dimostrato che l’energia nucleare è cosa buona e giusta in quanto il disastro ha avuto, secondo lui, conseguenze limitate dimostrando così che il nucleare è sicuro? Si sta a sentire un signore che è stato esponente di una classe prenditoriale (non è un errore), quella delle pmi, che ha fatto le palanche seguendo la regola aurea del “si lavora coi soldi delle banche”, imboscando in Svizzera o dove più faceva comodo gli utili, pagando i fuori busta a “chéi che i ga oia de laurà”, lasciando a casa chi osava solo pronunciare la parola “sindacato”, cercando “apprendisti esperti macchine controllo numerico”, senza mai investire un tolino di loro in innovazione e formazione vera, contrabbandando la propria attività all’estero appena si è presentata l’occasione di lucrare sulla fame di lavoratori più indifesi in luoghi governati da pescecani loro affini improvvisamente assurti al rango di campioni della democrazia…Ecco le radici della miseria nella quale stiamo precipitando, altro che mattoni.

  21. @ma per favore.. ecco, pensi che io invece la leggo con attenzione. Sa di cosa mi sono convinto? Che l’uso di nickname, garantendo l’anonimato, permette di spegnere il dispiegarsi del ragionamento che sarebbe altrimenti d’obbligo mettendo il proprio nome e fa aprire la pancia senza remore. Lei è sincero, da’ la dimensione, direi lo spessore del dissenso rispetto a ciò che ho scritto. E tragicamente fa a pezzi chi la pensa come Lei…. Un consiglio amichevole: aggiorni agenda e calendario, il rosso antico è solo un buon vermouth

  22. la felicità di Pasotti nel vedere chiudersi attività alle quali lui non è mai stato nemmeno invitato. Mi sembra davvero poca cosa….. E questa sarebbe una notizia? Una gelosia, un personalismo ora è notizia???

  23. di questo liberismo, che ha già mostrato tutti i limiti ovunque sia stato preso in considerazione, sono rimasti pochi esponenti (ormai li dovremmo tutelare come in via d’estinzione). Ci si chiede perchè non fanno uno sforzo di recarsi in libreria ad acquistare un libro pubblicato dopo il 1950! Liberisti che ancora si nascondono dietro un dito, quel che vogliono è solo non avere regole per calpestare tutto e tutti. Come riportato nel commento di chi cerca “apprendisti esperti in macchine controllo numerico”, leggasi non voglio pagare contributi di legge e cerco di aggirarre la legge con mezzucci per poi sparlare in chi costruisce o investe nel mattone….

  24. @una rubrica e tutti i suoi altri fantasiosi nickname. Le spiego due fondamentali, uno della democrazia, che a lei non piace, uno della buona educazione, che pare non appartenerle . La democrazia prevede che non sia solo Lei a esercitare libertà di parola e che io possa scrivere quanto Lei; so che la cosa Le da fastidio essendo Lei un mio affezionato commentatore da tempo ma se ne faccia una ragione. la buona educazione prevede un uso apprezzabile dei nickname e se a Lei è concessa un po’ di codardia a chi è l’autore è concessa la replica. C’è chi non lo fa e chi ritiene sia necessario, per la considerazione che si deve a chi legge.

  25. ahhh ecco è una rubrica di famiglia o comunque privilegiata. Mi scusi e scusi anche gli altri se scriviamo. Ma lei può darci cmq dei maleducati! Come hanno già scritto sotto: “grazie padrone Pasotti”. Ma ci faccia il piacere!

  26. Caro sig. Pasotti, Il Rosso Antico ormai si trova solo sugli scaffali di pochi bar e probabilmente è apprezzato solo da chi non si lascia abbindolare dalla modernità fasulla di prodottini che durano un stagione. In ogni caso sarebbe utile gettare nel water della Storia il vinaccio adulterato del capitalismo sfrenato e straccione che ci sta portando alla rovina, per cominciare a dissetarci con un buon novello fresco.

  27. Non “pagare dazio al sistema” dice Pasotti. Beh, il richiamo alla politica ed ai politici locali ricorre non poco in molte affermazioni. Ed allora un appofondimento su chi abbia saldamente tenuto in mano le redini del conosciativismo spartitorio e della commistione evidente tra affari e poltica, tra pubblico e “un certo privato” a Brescia, Pasotti ce lo deve. Non fosse altro perchè quella Brescia “del mattone e dell’immobiliare” non è imprenditorialmente nata per caso come i funghi settembrini, ma è stata studiata a tavolino in tutto e per tutto, meno che, ovviamente, nelle conseguenze. Gli offriamo uno spunto semplice semplice: la storia (dalla nascita…alla morte) della cosiddetta Torre Fuksas in Via Mantova, che è più che un simbolo di quanto abbiamo accennato.

  28. @E i politici? ha ragione, anche senza andare nel dettaglio e senza immaginare disegni alla romana, le ultime tre tornate amministrative hanno determinato e disegnato a tavolino in tutto e per tutto, senza soluzione di continuità per il colore della giunta, una politica immobiliare che ha portato al disastro. Sono stato lontano da Brescia per lavoro ed interessi dal 1982 al 2003; quando sono tornato avevo una idea della città decisamente migliore di ciò che in realtà trovai e tra le prime cose che mi divertii a scrivere fu il contrasto dei materiali, la guerra tutta bresciana tra mattone e silicio, che significava il confronto serrato tra due diverse opportunità di sviluppo. Il “Sistema Brescia” scelse con determinazione il mattone, più spiccio e con rese quasi immediate, adatto alla leva finanziaria e al lavaggio di un po’ di nero. Ma anche dove non vi fu un trend speculativo ormai la riflessione intellettuale era esangue: il Centro servizi Multisettoriale Tecnologico, cioè una cosa che apparentemente aveva a che fare col Silicio, in realtà nacque come operazione immobiliare grazie a un co-finanziamento regionale ma senza fosse elaborato un modello di business o di trasferimento tecnologico. Lo chiamavo “il Coso” perchè non capivo cosa fosse…..

  29. Caro Pasotti, ce l’hanno tutti con lei!
    Io sto dalla sua parte, ma le sarà inutile rispondere a costoro affezionati ai loro aguzzini cioè le note tre famiglie bresciane di antica “nobiltà” perduta.
    I suoi interlocutori sono quelli che hanno sempre osannato la dinastia degli intoccabili come gli Agnelli, scioperi contro, ma tutti uniti per succhiare i soldi di pantalone attraverso le elargizioni statali.
    Si ricordi, Lei è un imprenditore col cognome sbagliato!

  30. è andata proprio così, tanta miseria e pochissima nobiltà della classe padana. visione del futuro parrocchiale e furberia contadina. un paese sempre in ritardo di una generazione sul resto dell’europa vera, quella che ha un’idea di sé.

  31. Non ho mai nutrito esagerata simpatia per il sig. Pasotti, ma devo ricredermi e dovrebbero farlo anche coloro che qui lo attaccano. Non ne condivido le idee politiche, ma da adesso ne rispetto la persona. Vi ha ascoltato, letto e risposto. Con educazione ed entrando nel merito delle questioni. Bene sig. Pasotti da oggi lei ha uno che la rispetta e che si trova dall’altra parte della barricata.

  32. l’avevo preannunciato l’articolo avrebbe scompigliato la pariglia. che dire un po di coraggio glielo dobbiamo riconoscere. e poi i sistemi di “concertazione”-disc ussione in una società chiusa come la nostra sono difficili da scompaginare. qualcosa di “addensamente” provinciale ci circonda ,difficile da non vedere e soprattutto capire che con il”solo soldo”tutto non si compera e che il mondo è cambiato velocemente.

  33. Ohhhhhhh … finalmente questa BSNEWS diventa una vera TESTATA con intervento FIRMATO da un personaggio AUTOREVOLE del panorama imprenditoriale bresciano ! Finalmente non si leggerà solo di pettegolezzi leghisti, risse cittadine, problemi immigrazione … ma sapremo cosa ne pensano i veri bresciani doc che avranno IL CORAGGIO DI FIRMARSI …

  34. Tutto meno che banale. Banali sono quelli che da quarant’anni si fanno in privato ed in pubblico affari ed affarucci magari proprio con i soldi dei cittadini poco o male informati. Banale è chi non si accorge che l’interesse, ovvero il bene pubblico, non coincide mai con l’affarismo di un paio di lobbies di cementificatori e di un paio di persone fisiche che garantiscono da decenni le “benedizioni a costruire”. Banale è chi si gira dall’altra parte, chi si accontenta delle deleghe in bianco date ai propri rappresentanti politici, banale chi naviga nell’ “aurea mediocritas” del proprio giardinetto di utilità personale da coltivare. Banale è soprattutto chi rinuncia a far sentire la propria voce in mezzo al coro dei furbi, dei disonesti, degli intrallazzatori, dei fancazzisti.

  35. e dov’è la grandezza di queste idee? nel voler cancellare la funzione di controllore dello stato? Nel chiedere un liberismo sfrenato che ha portato alla crisi mondiale grazie a banche senza controlli? Nel dire che hanno sbagliato tutto gli altri che hanno investito in diverso modo? Ma smettiamola, Brescia si è rimpicciloita nell’orizzonte proprio perché guarda con ammirazione gente senza idee ma che tira fuori idee riciclate o già masticate da altri. E’ felice per il tavolo che non c’è stato ecc? Non ci voleva Marconi per capire che sarebbe caduto nel nulla…. Discutere di A2A? e per cosa tanto tutto è già deciso, forse solo lui e i suoi amici non se ne è accorto! Alta velocità… ne parliamo ora che di fatti i giochi sono chiusi e rimane aperto solo l’eventuale (si farà mai) shunt per l’aeroporto. La verità che non si vuole dire qualcosa di nuovo, che bisogna ripensare la Città come luogo ormai quasi a sistema con Milano. Con alta velocità in essere si entrerà a Milano più facilmente da Brescia che da Cologno Monzese e circondario. Questo nuovo scenario deve essere sviluppato ancora. Vivere a Brescia e lavorare a Milano diverrà ancora più semplice, anzi avere uffici a Brescia per molte grandi aziende sarà conveniante, di facile accesso e strettamente connesso con le attività milanesi. Altro che A2A (decisa anni or sono e alta velocità ormai in costruzione finale…)

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