I due sostenitori dell’Isis studiavano il manuale del perfetto mujahidin

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ARTICOLO AGGIORNATO ALLE 14,30

Non ci sarebbe mai stato – secondo quanto ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, che ha coordinato l’inchiesta condotta da Digos e Polizia postale – “un pericolo concreto” ma solo parole. Parole che però avevano lo scopo di fare paura: “noi siamo i mujahidin”.

E tali si consideravano, tanto che il 35enne tunisino Lassaad Briki aveva scaricato dalla rete, e poi passato al complice pakistano, Muhammad Waqas, un manuale di addestramento per i "mujahidin occidentali" dal titolo. "How to survive in the West". La guida era una sorta di vademecum da seguire per diventare un “bravo” terrorista che vive in occidente, composto da 12 capitoli, ognuno dei quali insegnava ai aspiranti mujahidin “come nascondere l’identità da estremista , ma anche come “guadagnare soldi”, come distinguere e utilizzare le armi “primitive e moderne” o costruire “bombe fatte in casa”, fino a come “scappare per salvarsi”.

I due sono stati individuati “grazie” ad un passo falso commesso proprio dal tunisino che in uno dei selfie con messaggio minatorio si era accorto di aver inquadrato anche il cruscotto della sua auto. Il 35enne era subito corso ai ripari, prima vendendo di fretta e furia l’automobile in questione e poi oscurando il profilo twitter dal quale divulgava i suoi messaggi minacciosi. Oltre alla stazione ferroviaria di Brescia e alla base militare di Ghedi, i due presunti jihadisti sembra che volessero colpire anche la ditta di ortorfrutta dove lavorava il tunisino come addetto alle pulizie. Inoltre, sempre il tunisino aveva postato sul suo profilo Twitter le fotografie dell’attentato avvenuto il 26 giugno scorso sulla spiaggia di Suosse, ma si esclude che il soggetto abbia avuto qualche coinvolgimento nell’attentato.

I due, arrestati nell’inchiesta della Polizia di Milano sono accusati di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratic

Il 27enne pakistano era residente a Manerbio da diversi anni, mentre il tunisino 37enne sembra che lo abbia raggiunto solo negli ultimi mesi. A quanto pare i due non facevano parte di nessuna organizzazione ma avrebbero fatto tutto in solitaria.

Nelle intercettazioni telefoniche raccolte dalla Polizia i due parlavano di obiettivi, anche se non c’è traccia di nessun passaggio dalle parole ai fatti. Tra gli obiettivi, oltre ai più noti luoghi simbolo di Roma e Milano, anche la stazione ferroviaria di Brescia. I due parlavano spesso anche della base militare di Ghedi e di altri obiettivi da colpire, tra i quali genericamente le forze dell’ordine, ma anche la società per la quale lavorava il tunisino.

 

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