Omicidio da Frank, uccisi da quattro colpi di fucile. Conti della famiglia congelati

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Quattro colpi a due metri di distanza, scaricati da un fucile con le canne mozzate sovrapposte. Questo il risultato dell’autopsia: Giovanna è stata ferita mortalmente da un unico colpo al collo, mentre Frank, ferito, ha tentato di raggiungere l’uscita e l’assassino, dopo aver ricaricato il fucile, ha scagliato altri due colpi che lo hanno raggiunto alla schiena. I loro corpi ora si trovano nella camera ardente del Civile e i funerali sono previsti domani a Nuvolento.

Intanto le indagini proseguono, concentrate alla scoperta del movente: chi ha ingaggiato quei due che, secondo gli inquirenti, sono sicari professionisti? Un esecuzione in stile mafioso che ha fatto subito pensare all’ombra della criminalità organizzata. Intanto continuano le verifiche patrimoniali dei conti della famiglia Seramondi: "Frank" in passato aveva avuto due fallimenti, poi nel 2014 aveva denunciato 844 mila euro e debiti per 150 mila euro, 99 mila verso fornitori. Conti e i depositi della famiglia sono stati per ora congelati e sono stati ritirati i bilanci degli ultimi anni e le fatturazioni presenti nelle attività commerciali.

 

Ieri, inoltre, si è svolta in Questura una riunione di pianificazione operativa dei servizi straordinari di controllo del territorio decisi dal Prefetto. I servizi, di ordine e sicurezza pubblica, saranno disposti con ordinanza dal Questore e affiancheranno le azioni di prevenzione condotte da tutte le Forze di Polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia municipale di Brescia).

 

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5 Commenti

  1. Sembra proprio la volata di un fucile automatico d’assalto (anche obsoleto), ma di sicuro non un normale fucile da caccia sovrapposto.

  2. …e poi ci volevano far credere che la mafia non c’era in Lombardia e sono gli stessi che oggi cavalcano la protesta contro la criminalità organizzata. Roba da non crederci se non fosse perchè pensano di avere a che fare con un popolo pollo e un po’ beota.

  3. Si chiamava ‘soggiorno obbligato’, ed era una legge in vigore dal ’56 che stabiliva nei confronti di una persona l’obbligo di abitare in una località decisa dalla magistratura per un certo periodo di tempo (anche anni), a scopo preventivo: il fine era infatti quello di arginare la pericolosità di soggetti ritenuti predisposti a compiere reati, ma nei con fronti dei quali non sussistevano prove per una incriminazione. Tra i candidati vi erano coloro “abitualmente dediti a traffici delittuosi” o che “offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale di minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”.
    Nel ’65, con la legge n. 575, detta comunemente la prima legge antimafia, vengono introdotte nell’ordinamento le parole ‘mafia’ e ‘mafioso’, si definiscono precise “disposizioni contro la mafia” e gli indiziati di appartenere alle cosche diventano in modo naturale i principali destinatari della pratica del soggiorno obbligato. Il decennio che segue è tristemente noto come quello del ‘contagio’: nella sola Lombardia arrivano almeno 400 uomini dei clan, che, benché infreddoliti e sperduti nelle nebbie padane, non restano certo con le mani in mano e in questa regione, così come in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Veneto, ricreano le stesse strutture criminali del sud, facendo dei luoghi di confino dei veri e propri quartieri generali della malavita organizzata.

    Negl i anni, la legge sul soggiorno obbligato ha subito numerose modifiche relative alla località deputata al confino: se la prima stesura non dà in dicazioni precise circa il luogo di abitazione forzata, con la legge del 1982, la famosa Rognoni-La Torre, si specifica che il soggiorno vada “scontato in un comune o frazione non superiore ai 5mila abitanti, lontano da aree metropolitane e che sia sede di un ufficio di polizia”. Una logica c’era: spedire il delinquente in un piccolo paese, dove magari tutti gli abitanti si conoscono e tutti sanno tutto di tutti, avrebbe permesso di controllare meglio le attività del confinato.
    Ma nel 1988 viene introdotta una variante ambigua: l’articolo 4 della legge n. 327 prescrive che il soggiorno obbligato vada scontato nel comune di residenza o dimora abituale, qualunque sia la sua estensione. Diventa dunque a discrezione del giudice decidere se bloccare i traffici del malavitoso verso l’esterno confinandolo nell’ambiente di origine o, al contrario, allontanarlo dalla sua dimora abituale con il divieto di soggiorno, recidendo così i suoi legami criminali ma cancellando la possibilità di tenerlo sotto controllo.
    Un piccolo pastrocchio, insomma, finché nel 1993 nuove norme tolgono i giudici dall’impiccio, imponendo l’obbligo di allontanamento del soggetto dalla sua residenza e ripristinando di fatto la Rognoni-La Torre.

    Una legge, quest’ultima, che non è stata decisiva solo per l’introduzione dell’articolo 416 bis, quello del reato di “associazione mafiosa”, ma anche per un’altra radicale variazione alla precedente legge del ’65: la norma vara infatti misure atte ad aggredire il patrimonio del destinatario, privandolo dei mezzi che “si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego” (art. 14). Finalmente si considera quindi, per la prima volta, che un’azione preventiva nel campo patrimoniale sia senz’altro un maggior deterrente rispetto al solo intervento di natura personale.

    Quanto il soggiorno obbligato abbia pesato nella salita al nord della mafia è difficile dirlo; la criminalità organizzata vive, cresce, si radicalizza e si espande dove c’è ricchezza e denaro, creando collusione con la politica e l’economia legale, e pensare quindi che il nord Italia ne potesse restare immune è frutto di colpevole ignoranza. Ma di certo, spedire al nord i mafiosi, pensando così di reciderne i legami con l’organizzazione, non è stata una gran pensata.

  4. Nel 1995 si tenne un referendum abrogativo promosso da radicale e Lega Nord: risultati
    VOTO SÌ 15 373 288 = 63,70%
    VOTO NO 8 768 941 = 36,30%
    si cerchi i dati divisi per regione e scroprirà qualcosa d’altro

  5. Che quella del soggiorno obbligato non sia stata una genialata è evidente, bisogna però anche considerare che, come molte altre leggi di per sé non sbagliate, è stata applicata alla carlona. Il fatto che il soggiorno dovesse essere in una località piccola e dotata di un presidio di Polizia significa che i soggetti avrebbero dovuto e potuto essere sorvegliati attentamente e questo sarebbe stato più facile in un ambiente a loro estraneo. Evidentemente qualche “limite” il lavoro delle Forze dell’Ordine l’ha avuto, perché se fai il poliziotto in un paese di massimo 5000 abitanti e non ti accorgi di movimenti strani, o hai sbagliato mestiere o hai il tuo tornaconto per guardare altrove. A parte questo, la mafia e l’usura, come altre attività criminali (spaccio, sfruttamento della prostituzione ecc.) attecchiscono dove c’è domanda per i suoi “servizi”, dove c’è possibilità di fare affari e si sa, per molti “imprenditori” riciclare soldi, smaltire rifiuti, ottenere prestiti apparentemente facili è occasione di business, così come per molti “bravi cittadini” comprare droga o avere a disposizione prostitute, tutto sommato è una comodità…

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