Lavoro, le risorse dei 50enni che le aziende devono imparare a sfruttare

0

"Nonostante le imprese siano consapevoli del valore delle competenze dei lavoratori over 50, ad oggi, si dimostrano poco inclini ad adottare politiche attive per gestire, a livello organizzativo, l’evoluzione della demografia aziendale in modo coerente ed organico". In sintesi è questa la conclusione principale alla quale sono giunte Caterina Muzzi del Dipartimento di Economia e Management e Manuela Rossini del Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università degli Studi di Brescia nella loro ricerca, “Invecchiamento attivo e forza lavoro”, che ha preso il via a maggio di quest’anno, con la diffusione, anche grazie ad Aifos e Apindustia Brescia, di un questionario online. L’obiettivo era fare il punto sulle politiche di gestione dell’invecchiamento della forza lavoro, anche e soprattutto in considerazione del fatto che, quello che oggi risulta essere un tema ancora scarsamente considerato, in un futuro non troppo lontano – complici l’innalzamento dell’età pensionabile e i trend demografici – si caratterizzerà per la sempre maggiore attualità.

La ricerca è stata presentata ieri nella Sala Biblioteca del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia e quello che è emerso è la poca attenzione riservata alla formazione dei lavoratori over 50 e la mancanza di interventi di ristrutturazione delle mansioni per renderle più compatibili con le mutate esigenze dei lavoratori stessi. Si è sottolineato poi lo scarso ricorso a forme di flessibilità in azienda, una su tutte l’orario lavorativo, soprattutto per i lavoratori in uscita, "laddove – spiegano le ricercatrici – invece si potrebbe intervenire facilmente sia per agevolare l’accettazione del pensionamento da parte dei singoli, sia per favorire il passaggio generazionale interno.

Dal canto suo, la dott.ssa Rossini, chiamata a relazionare circa i trend dell’invecchiamento nel panorama nazionale e internazionale, ha fatto notare come "gli scenari europei spostino l’attenzione da un modello monodimensionale, in cui lo sforzo del lavoratore è teso unicamente alla possibilità di mantenere l’occupazione, ad un modello multidimensionale della capacità lavorativa, in cui salute, competenze e attitudini risultano interdipendenti e fungono da stimolo, favorendo un sano adattamento alla permanenza lavorativa". "Auspichiamo che iniziative come queste – ha concluso la dott.ssa Muzzi – possano contribuire ad aprire l’orizzonte sul fronte della gestione del capitale umano, anche in ottica prospettica, per lavorare attivamente al mantenimento del benessere dei lavoratori nello svolgimento delle loro mansioni".

La newsletter di BsNews prevede l'invio di notizie su Brescia e provincia, sulle attività del sito e sui partner. Manteniamo i tuoi dati privati e li condividiamo solo con terze parti necessarie per l'erogazione dei servizi. Per maggiori informazioni, consulta la nostra Privacy Policy, che trovi in fondo alla home page.

1 COMMENT

  1. CONCORDO APPIENO. IL MONDO STA CAMBIANDO, I 50ENNI DI OGGI SONO I 40ENNNI DI UN TEMPO E VANNO USATE LE LORO COMPETENZE. MA LE AZIENDE DEVONO PROMUOVERE POLITICHE AFFINCHE’ I “VECCHI” SIANO COMPLEMENTARI AI “GIOVANI” NEI NUOVI INGRESSI. MUTUO AIUTO

  2. @veramente. Un trentenne disoccupato è un laureato di solito. Un sessantenne no. E un sessantenne che lavora spesso deve mantenere il suddetto trentenne, la moglie e pagare un mutuo. Preferiamo un trentenne laureato in cerca di lavoro e una famiglia che campa con un reddito in più o un trentenne che spesso non fa il lavoro del sessantenne perchè ha troppe capacità e troppa scolarizzazione per quello che realmente serve?

Lascia una risposta (la prima volta la redazione deve accettarla)

Per favore lascia il tuo commento
Per favore inserisci qui il tuo nome