Sono 317 le aziende che nel 2015 sono fallite a Brescia. Meglio rispetto alle 392 del 2014, ma ancora troppe. Un dato positivo se letto nella chiave del miglioramento rispetto agli anni passati.
Era dal 2011, infatti, quando il Tribunale di Brescia aveva dichiarato fallite 316 aziende che il numero dei fallimenti non scendeva.
I timidi segnali di ripresa fanno ben sperare. Intanto nel 2016 si è già registrato il primo falimento: quello della Pama Prefabbricati di Rezzato.
Orgoglio Brescia !
mi pare ovvio… è una guerra dove ormai i soldati rimasti sono pochi, quindi di grandi carneficine non ce ne possono essere! Altro che positivo questo è un dato che va saputo leggere!!!
Come si puo’ definire positivo un dato come questo. Se dal 2011 (ma anche prima) fallivano circa 400 aziende all’anno, vuol dire che in 5 anni si sono perse quasi 2000 realta’. E’ chiaro che ogni anno che passera’ fara’ registrare un calo dei fallimenti, ma il calcolo va fatto in percentuale sul numero delle aziende esistenti e non contare quelle che falliscono. Se ancora oggi falliscono piu’ di 300 aziende all’anno considerando che il numero delle stesse e’ enormemente diminuito negli ultimi anni, questa statistica secondo me e’ da ritenersi un dato allarmante e non positivo.
felicita’ ed orgoglio bresciano e nazionale l’Italia va bene c’e’ la super ripresa dai ottimismo ….. mi pare di sentire il sig. Crozza. Peccato che il lavoro non ci sia perché oltre le aziende fallite, sulla via del fallimento, chiuse, in cassa integrazione, disoccupazione continuano ad aumentare e di aziende nuove si sentono solo le promesse le tante promesse per avere le autorizzazioni ma poi all’atto pratico se sono assunzioni sono tutte robe di precariato di impossibilita’ di fare programmi futuri per i nostri giovani …. ma tutto va bene
Le Aziende purtroppo falliscono e la causa principale è la mancanza del sostegno finanziario da parte degli Istituti di Credito,(Banche e Leasing), che a differenza del passato hanno chiuso i rubinetti e la concorrenza sleale dei Paesi dell’Est (ex comunisti) e dei Paesi emergenti completano l’opera di distruzione del nostro tessuto produttivo.