Brescia provincia di Milano o capitale della Lombardia Orientale? Le risposte al dibattito di BsNews

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Due ore di dibattito, con spunti interessanti e un pubblico d’eccezione: da Ettore Isacchini dell’Aler a Marco Medeghini di Brescia Mobilità, da Salvatore D’Erasmo all’architetto Luciano Lussignoli. E’ questo il bilancio del dibattito organizzato da BsNews, questa sera dalle 17.30, nella sede della Fondazione Micheletti sul tema: "Brescia, provincia di Milano o leader della Lombardia Orientale?". Dopo i saluti del direttore Giorgio Costa, ha preso la parola il padrone di casa Aldo Rebecchi (presidente della fondazione e capo della segreteria del sindaco di Brescia), seguito da Sandro Belli (imprenditore e membro del comitato saggi di Del Bono) e da Claudio Bragaglio (ex assessore in Loggia e vicepresidente dell’Agenzia Tpl di Brescia), i due principali protagonisti del dibattito su questo tema avviato sul sito. Quindi è intervenuto Fabio Rolfi, vicecapogruppo della Lega al Pirellone. Quindi è stata la volta degli interventi dal pubblico.
 
DI SEGUITO LA SINTESI DEGLI INTERVENTI 
 
 
ALDO REBECCHI "Territorio da riorganizzare con sinergie interprovinciali"
 
Il tema è sentito, ci sarà un referendum in autunno che avrà riflessi importanti sul futuro delle Province, in fase di ridefinizione. La riforma istituzionale tende ad abolirne la veste passata e il ruolo che avrebbero ancora potuto assolvere. Piuttosto dello scioglimento, probabilmente, sarebbe stata più idonea una riduzione. 
Anche in virtù di questo cambiamento il territorio si deve riorganizzare attraverso sinergie interprovinciali. Realtà come Aler e Confesercenti, ad esempio, hanno adottato politiche in questo senso, unendo le forze con territori limitrofi.
Un discorso che può valere in tutti i campi, con Brescia che può davvero fungere da traino della Lombardia Orientale con Mantova e Cremona, meno con Bergamo. È anche vero che bisogna conquistarsi sul campo i gradi di capofila. Siamo oggi una grande realtà dal punto di vista di infrastrutture, autostrade, mobilità. L’aeroporto resta una questione aperta, che può divenire portatrice di ulteriori potenzialità. Poi abbiamo la fiera di Montichiari che continuò a pensare debba essere concepita come la fiera di Brescia. Su questo tema vanno superati gli steccati che fino ad oggi hanno impedito di integrare le due fiere.
PIER LUIGI MOTTINELLI "Brescia deve diventare un faro. I sindaci si uniscano"
 
Il nostro lavoro si è sviluppato come se la riforma costituzionale fosse confermata fin dal primo minuto. A Brescia ci sono 206 comuni che non possono operare slegati tra loro se vogliono garantire ai cittadini servizi adeguati. 
Le risorse a disposizione sono diminuite drasticamente, ma le funzioni in ambito stradale, scolastico, ambientale e territoriale sono rimaste. Viviamo in una realtà con vocazioni profondamente diverse ma esistono anche aree omogenee che possono adempiere alle loro funzioni facendo sistema e creando aree d’ambito anche con le province limitrofe. Serve collaborazione tra territori diversi ma omogenei tra loro. Si pensi ai laghi, soprattutto al Garda. 
La Lombardia Orientale con Brescia capofila può essere competitiva con Milano, ma Brescia ha bisogno di istituzioni unite e coese. Così facendo saremo più forti, ma innanzitutto i sindaci devono unirsi. Del Bono ha capito di poter fare da fratello maggiore agli altri sindaci. 
Potenzialmente non siamo secondi a nessuno, ma smettiamo di considerare Brescia dal centro storico alle mura cittadine.  La città deve diventare un faro che illumina almeno 450mila cittadini dei hinterland e provincia. I bresciani devono parlare un linguaggio comune, basta frammentarietà. Serve un sano pragmatismo e un coordinamento  di solidarietà trasversale per contare di più. Sì anche alle comunità montane, no alla perdita della Vallecamonica in direzione Sondrio. 
SANRO BELLI "Brescia capofila con Mantova e Cremona. La politica segua la società civile"
 
Esistono due scenari all’orizzonte. Da un lato la possibilità di una Brescia capofila della Lombardia Orientale, seguita da Mantova Cremona; dall’altro la terrificante visione di un quartiere dormitorio di Milano. Bergamo è troppo legata a Milano, difficilmente amalgamabile.
I terreni in cui giocare questa partita sono soprattutto aeroporto, fiera, università, arte e cultura. Bisogna pensare in ottica interprovinciale e guardare a Cremona e Mantova, snobbate per troppo tempo da una visione milanocentrica.
Bisogna vivere nel presente ma le nuove prospettive aiutano, va immaginato un futuro che deve prendere le mosse da ciò che sta già accadendo nella società civile. La politica deve saltare su un cavallo che c’è già. La Lombardia orientale è un’opportunità concreta che può portarci a primeggiare in Europa in agricoltura e nell’artigianato. La politica deve seguire, non non il contrario.
CLAUDIO BRAGAGLIO "La provincia non può andare alla deriva. Bergamo non va esclusa"
 
Siamo in una fase di profondo cambiamento nel panorama degli enti locali. Si va verso il ridimensionamento del ruolo legislativo delle regioni puntando sul potenziamento delle città metropolitane mandando alla deriva la provincia. É un modello figlio della teoria economica dello sgocciolamento di benessere dalle aree ricche, per indotto, nelle aree limitrofe. La provincia, invece, sarà e dovrà essere traino di sviluppo, chiave per il superamento della crisi, presenza fissa sui mercati internazionali.
Non condivido il dualismo con Milano, ma non possiamo limitarci alle ricadute milanesi. Dobbiamo essere protagonisti del nostro futuro rispondendo ai limiti nazionali con le soluzioni politiche regionali. La non metropoli, Bergamo inclusa, deve unirsi, ma serve una sinergia in cui nessuna città sia egemone e in cui ci siano le condizioni per un governo di rete. Se Brescia è capofila non funziona. Valcamonica? Un’idiozia pensare di staccarla dalla provincia mettendola in capo alla Valtellina.
Due dati mi inquietano. Nella classifica del reddito medio Brescia è decima in Lombardia, ottava nella classifica della disoccupazione. Bisogna fare i conti con la realtà e agire di conseguenza. L’idea del consorzio umanistico di città e hinterland fu un progetto mancato che ci ha penalizzati. Il Comune di Brescia non può essere isolato dal contesto provinciale.  
FABIO ROLFI "Sì alle sinergie, ma senza risorse economiche perdiamo in concretezza.Roma ci ha tolto la palla"
 
L’oggetto di queste discussioni É interessante, ma rischiamo di ragionare su scelte strategiche di cooperazione mentre chi detta la linee guida non siamo noi. La riforma della costituzione arriva a conclusione di processo di distruzione delle autonomie locali e di ricentralizzazione di competenze che prima erano in capo a provincia e regioni, con clausole di intervento qualora una regione vada contro interessi nazionali. Perdiamo protagonismo perché la palla ce la stanno portando via. 
La cooperazione è una via buona, ma senza risorse economiche non è sostenibile. Le entrate dei comuni sono ridotte a zero, arrivano più risorse dalla Regione che dallo Stato. La Lombardia dá molto, torna molto poco in termini di risorse e servizi. È un tema che riguarda tutti, ma soprattutto città una industriale e attiva come Brescia. 
La collaborazione deve essere in primis tra bresciani stessi. Spesso le sfide le abbiamo perse in questo senso. Ma non dobbiamo essere in contrapposizione con Milano. Con la tav in 30-35 minuti saremo a Milano. È una grande opportunità che può rendere Brescia attrattiva anche per Milano. Il Sindaco di Bergamo ha fatto un piano per attirare imprese di settori emergenti con incentivi. Questa deve essere la via da intraprendere anche dalla politica bresciana per mettersi al centro e sfruttare nuove opportunità. 
Non dimentichiamo che le province oggi sono in una situazione comatosa, con 146 milioni di tagli, investimenti calati del 72%. Un lavoro va fatto, ma senza competenze e risorse si rischia di non essere concreti. Conta la qualità della classe politica, che fa la differenza e quando i bresciani affrontano determinati temi in modo corale al di là dell’appartenenza politica i risultati arrivano.
SALVATORE D’ERASMO ,Basta contrapposizioni, serve un progetto"
 
Ne parlavamo vent’anni fa, i discorsi erano i medesimi. Nel 2038 non cambierà nulla. Bergamo ha un cordone ombelicale che la lega a Milano ma finché parleremo di contrapposizione tra territori, Lombardia orientale e occidentale non cambierà nulla. Bisognerebbe parlare in termini diversi. Qual è il progetto? I punti di debolezza e forza? Senza non avremo collante e le prevaricazioni della politica prevarranno sulle necessitá del territorio.
LUCIANO LUSSIGNOLI "Servono una visione Europea e un pensiero giovane"
 
L’impressione è che italiani e bresciani si accorgano di cose importanti in ritardo. Di città metropolitane di parla da vent’anni ma non sono ancora realtà vera. L’Europa fa progetti su medie città, prevede che saranno loro a garantire crescita. Il Confronto non deve essere con Milano ma con l’Europa e il mondo. Il tema non è essere capitale della Lombardia orientale, ma qual è il sistema che ci mette in concorrenza con l’Europa nell’ottica di una crescita. La Lombardia ha 9 milioni di abitanti, meno di molte città nel mondo. Serve un confronto a livello internazionale, favorito da un pensiero giovane.
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1 COMMENT

  1. Concordo con D’Erasmo e Lussignoli. Penso che invece di pensare ad una Lombardia Orientale si dovrebbe cooperare per una Lombardia come entità unica, unita, forte, con Milano centro di gravità attorniato da svariate eccellenze. Stimoliamo la coesione e la collaborazione tra le province lombarde, ma anche una sana competitività che può portare sviluppo e benefici anzichè frazionare ulteriormente un territorio e delle specificità che possono fare della Lombardia una regione capace di confrontarsi con l’Europa e il mondo, diventando anche un brand.
    Se si vuole pensare in grande non escluderei anche un progetto di unione con il Veneto, creando una macro regione che trova radici comuni nella storia, nella geografia (si pensi al Lago di Garda), nella mentalità imprenditoriale, nell’enogastronomia, nelle assonanze turistiche ecc., senza dimenticare il valore aggiunto di uno sbocco sul mare.

  2. Discorsi interessanti, ma poco percorribili già a livello provinciale. I bresciani hanno un limite storico nel loro dna: l’incapacità a fare sistema e la tendenza a pensare al proprio orticello. Ci sono divisioni, diatribe, invidie, tra comuni confinanti, perfino tra frazioni dello stesso comune o quartieri. Per non parlare dell’imprenditoria, dove si preferisce essere in 3 a fare discretamente la stessa cosa anzichè unirsi per farla in modo straordinario

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