Cosa resta del voto amministrativo

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di Claudio Bragaglio – Nel mare mosso dei commenti c’è una boa che non va smarrita. Pur sballottati, già dal primo turno elettorale. Una boa che riguarda un possibile – nonché auspicabile – nuovo posizionamento del PD renziano nel sistema politico. Dopo l’obbiettiva crisi del “Partito della Nazione”, con questo voto. E che è già motivo di valutazione critica dello stesso segretario Renzi. Un segnale che va colto anche dalla sinistra del PD, finora divisa proprio su questo punto essenziale. Avendo ritenuto – almeno una parte di essa – che Renzi e il Pd fossero ormai oltre le colonne d’Ercole.

Non che m’illuda. Applico però, con realismo, ad una certa politica quello che l’economista Adam Smith diceva del mercato. Non è dalla benevolenza del fornaio o del macellaio che ci aspettiamo il pranzo, ma dai vantaggi che essi sperano di ricavarne. Quindi si è indotti a parlar bene del loro egoismo e non già della loro umanità.

Alcune cose sono evidenti. L’area del centro destra si mantiene ampia anche dove è divisa. Direi vantaggiosamente “articolata”, a maggior ragione, come a Milano, dove trova anche una leadership come Parisi. Con il partito di Alfano che segue il richiamo di madre natura. Il Pd renziano non sfonda al centro. Il sistema è tripolare, con il M5S, che gioca una partita di primo piano. Il PD renziano paga invece un’oggettiva (e dirompente) schizofrenia: è un partito solitario e maggioritario (nelle aspirazioni) a livello nazionale ma, nel contempo, un partito coalizionale di centro sinistra ulivista (da Milano con Sala, a Cagliari con Zedda). Il bipartitismo infatti non è mai nato. Né nascerà.

Ma con questo quadro qual è il ruolo della sinistra del PD? Quello d’impegolarci tra le troppe sottocorrenti, come ci suggerisce un qualche amico di Brescia? O non piuttosto di superare le fratture per una migliore guida unitaria e pluralista del PD?

Ritorno al fornaio di Smith. Ritengo che Renzi sia un politico puro. Spregiudicato nel gestire politiche diverse tra loro, sulla base d’un proprio calcolo politico. E anche nel “cambiare verso”, come ha già fatto. Può sbagliare, ma non per astratte coerenze. Un paragone che mi viene è un po’ quello con Craxi, quando tra l’89 e il ’91, con il crollo del Muro e la fine del PCI, davanti al bivio tra un’operazione mitterandiana di “rassemblement” dell’intera sinistra e la riconferma d’un patto con la DC del CAF, scelse quest’ultima strada. Segnando così anche la fine sua e del PSI.

Il calcolo renziano di riforma della legge elettorale aveva (forse) una ragion d’essere con un PD al 40%, con un “bipartitismo imperfetto” ed un PD modello “partito della nazione” simil-DC, come perno del sistema politico. Da cui ci separano mesi, ma come anni luce. Oggi il PD, quand’anche – come mi auguro – vincesse il Referendum costituzionale, non uscirebbe dal suo isolamento. E il sistema elettorale dell’Italicum poteva funzionare, ma solo a turno unico. Come nei Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti. Assicurando la maggioranza dei seggi al primo che arriva. Ma col doppio turno cambia tutto. Anche perché induce il 70%, che non è PD a coalizzarglisi contro. A maggior ragione in presenza d’una Riforma Costituzionale che rafforza la funzione del Governo, senza troppi contrappesi. E con un percepibile cambio di “sentiment” da parte dell’opinione pubblica nei confronti della figura di Renzi e del suo giglio magico.

Penso che Renzi cambierà l’Italicum, non per convinzione ma per interesse o per stato di necessità. Come il fornaio di Smith. E in direzione d’una logica coalizionale, “ulivista” e bipolare. L’alveo naturale del PD.

A mio parere la sinistra interna dovrebbe lavorare in questa direzione. Con convinzione ed altrettanta lealtà. E chi obietta che tanto sulla sinistra non c’è più nulla, perché guarda al voto per Fassina, non vede che l’area più ampia della “sinistra” è quella che è andata via dal PD verso l’astensione e Grillo. Che il PD rischia il deserto attorno a sé. Che il suo 30% è ben 15 punti al di sotto dell’Ulivo prodiano. Oltretutto ritengo che riformando l’Italicum (più o meno sul modello dei Comuni) e incardinando il progetto di legge per l’elezione del nuovo Senato si creino anche le migliori condizioni – nel PD e fuori – per il successo dello stesso Referendum costituzionale.

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1 COMMENT

  1. Personalmente non mi preoccupo delle sorti di un partito né della sua capacità di rinnovo, come fa per mestiere Claudio. Mi importa molto più della Nazione ( parola desueta ma seria) e mi chiedo: ha fatto un passo avanti ? Abbiamo imparato qualcosa ? Che si deve fare ? Per me si, abbiamo capito con assoluta evidenza che : e’ ora che i partiti si dedichino ad un “autolavaggio ” serio ed ad un ringiovanimento della propria compagine con ogni mezzo . Ad es. un regolamento interno contro i voltagabbana, un codice deontologico severo,il ripristino di un pensiero politico che li caratterizzi e li diversifichi, l’immissione di competenti in incarichi importanti, una sana dose di civismo nella prassi politica, ec…forza Claudio! Spingi il tuo partito a pulirsi, a rinnovarsi,ad eliminare le vecchie carampane e vedrai che alle prossime elezioni i grillino non trionferanno.!

  2. Sarò lapidario. Anche Bragaglio dice Grillo anzichè Movimento 5 Stelle. Ma la vera novità, di cui quasi nessuno scrive, è che i pentastellati se la cavano ormai da soli. Anzi, molto meglio di prima e senza la presenza fisica del leader, visto che con quattro giovanotti presentabili e un minimo di organizzazione sul territorio stanno rosicchiando “quote di mercato” non solo pescando nel voto di protesta ma anche altrove. Scenari in rapida evoluzione, soprattutto per il ducetto toscano: con l’Italicum così com’è (e Bragaglio lo sa da tempo…) sarebbe un bagno di sangue per il PD.

  3. Se per “cavarsela” intendi, per ora, qualche risultato elettorale di spicco sono d’accordo con te. Governare, poi, è un’altra cosa.
    Parma e Livorno non sono da dimenticare.

  4. Qualcuno ha letto i bilanci dei Comuni di Parma e di Livorno lasciati in eredità ai pentastellati da amministratori di centrodestra e centrosinistra, cioè da quelli “esperti” e “capaci di governare” ? Qualcuno sa quali sono oggi i numeri e cosa è stato fatto in concreto per riscrivera due storie drammatiche di denaro pubblico vergognosamente dilapidato e di amministrazioni fallimentari ? No ? Allora prima informarsi bene in dettaglio. Perchè questa volta è in gioco un diverso modo di governare, prendensosi anche dei rischi se necessario. Certo, non è semplice fare scelte pensando solo al bene comune e ai cittadini. Il compito è però più facile se si è lontani dalle logiche spartitorie dei partiti, se non si pensa ogni giorno con in mano il bilancino degli equilibri di potere decisi prima delle tornate elettorali, se sono mantenute le distanze tra affari privati e politica, se non ci sono interessi di terzi da garantire a priori, se non ci sono collusioni con poteri trasversali. Tutto arduo ed in salita, ma i pentastellati ci stanno provando sicuramente nel segno del cambiamento e della disocntinuità.

  5. Alessandro non dirò nulla del tuo idealismo, anche per risparmiarti il mio realismo. A cui peraltro tengo per storia politica personale e per cultura. Ma, se rifletti un attimo in più, c’è un’affermazione tua che – son convinto – condividi neppure tu. In sostanza dici che non t’interessano né sorte né rinnovamento d’un partito perché t’interessa la Nazione. Ti chiedo: la sorte d’una Nazione può prescindere dalla sorte dei soggetti e del sistema politico? E, credimi, non è un problema di “mestiere”.
    In quanto ai grillini (rectius, per Stradivarius: M5S) oggi come oggi col PD si è all’arma bianca. Mors tua vita mea. Ma dopo i ballottaggi all’ultimo sangue a mio parere un qualche pensiero va fatto. Almeno mezzo, se non è troppo lo sforzo, per quel che ci riguarda come PD. Perché questa idea che per vincere bisogna essere da soli, comandare in pochi ed essere in guerra con tutti, non mi sembra – alla lunga – una gran strategia militare…

  6. Come può sopravvivere Renzi alla prima sconfitta seria della sua non lunga carriera? Salvando le poltrone di sindaco ai candidati Pd di Torino, Roma, Milano e Bologna. Non ha molte alternative, del resto. Perdere una qualsiasi di queste città sarebbe un danno serio, per motivi anche diversi, ma egualmente rilevanti. Perderne più d’una sarebbe forse fatale, in vista del referendum. La Capitale è pur sempre la Capitale, anche se la mafia in Campidoglio (in combutta con i fascisti e Massimo Carminati) e la defenestrazione di Ignazio Marino sono episodi troppo grossi e recenti per poter essere bypassati. L’impresa è disperata ma va tentata con qualsiasi mezzo. Una rimonta “alla Valentino Rossi” potrebbe rilanciarlo come vincente, anche se la sconfitta di misura sarebbe in fondo quasi accettabile (ci penserebbe poi il governo a impedire ai Cinque stelle di fare alcunché, tagliando brutalmente le risorse e/o scatenando le clientele più “di mano”, in stile camionisti cileni). Milano è partita complicata perché se la deve vedere con una delle poche roccaforti berlusconiane ancora in piedi, dove l’unità con la Lega regge (a fatica, ma regge). Può provare a recuperare una “sinistra” che più friabile e inconsistente non ce n’è, ma anche quei pochi voti non sono trasportabili con certezza nella cassaforte di Sala. Torino non può esser persa per tante ragioni, a partire dal fatto che è la città della Fiat e Marchionne non vedrebbe di buon occhio l’aver sponsorizzato un perdente. Poi c’è anche Fassino, vecchio surfer sopravvissuto a ogni rottamazione, che può ammiccare a sinistra e a destra.
    Bologna è la trincea simbolica, il bis della sconfitta con Guazzaloca (1999) metterebbe Renzi al livello impietoso dell’allora premier (Massimo D’Alema) e del segretario del Pds (“Uòlter” Veltroni). Quattro partite da giocare a livello nazionale, ma senza dare ragione a chi dice che il voto del 5 giugno ha un significato politico solare. Servono dunque alleanze sotterranee, come quelle che a Roma hanno portato Giachetti dal sottoscala (10% o poco più) al ballottaggio. I palazzinari alla Marchini e Caltagirone, passando per Parnasi e tanti altri, si giocano tute le speranze, prima di essere scalzati da concorrenti più potenti provenienti dagli Usa (Pallotta), Cina, Russia e sceicchi vari, sull’assegnaziona a Roma delle Olimpiadi. Per riuscirci serve che i berlusconiani si mobilitino come un sol uomo a favore dell’ex segretario di Rutelli (una garanzia di sciagura, per Roma). Ma vanno bene anche gli ex vendoliani che devono difendere le poltrone (e ce ne sono, tra circoscrizioni e Regione), qualche “meloniano” con radici nel cemento palazzinaro, oltre agli immortali amici di Bertone e della connection curiale. Una conferma indiretta arriva da alcuni retroscena sui quotidiani mainstream, oltre che dai movimenti visibili in alcuni quartieri romani e dalle inviperite frecciate di Giorgi Meloni, che ha pagato il tributo dei “marchiniani” al depresso Giachetti. Il Corriere della sera, per esempio, lo scrive quasi esplicitamente: “Renzi però in questi giorni fa il segretario del Pd, ci sono le Amministrative. E da segretario del Pd ha detto che «c’è sempre Berlusconi». Difficile pensare a una semplice carineria, difficile arrivare a una clamorosa rappacificazione: ma un tentativo di captatio verso l’elettorato forzista può servire. Ci sono le Amministrative.” Altre mosse sarebbero meno rilevanti. Denis Verdini e i suoi, fuori del Senato o di Montecitorio, valgono l’uno virgola… Poi c’è sempre un giro di propaganda all’ultimo secondo, come il «no tax day» del 16 giugno, per festeggiare l’abolizione dell’Imu e della Tasi. Ed è ovvio che un’iniziativa simile, a ridosso dai ballottaggi del 19 giugno, verrà utilizzata dal Partito democratico anche in chiave elettorale. Tanto più se, come pare, il premier in quell’occasione delineerà gli ulteriori tagli delle tasse che dovrebbero essere contenuti nella prossima legge di Stabilità. Un antipasto della politica fiscale che il governo ufficializzerà poi a ottobre. Ma più si avvicina il ballottaggio, meno certe scadenze sembrano decisive. I voti di Arcore, invece, sono più importanti. Chissà se basteranno. Ma che non si sappia in giro troppo presto…

  7. Fotocopia pari pari di un articolo della Redazione di Contropiano, che si autodefinisce “giornale comunista on line”. Commentare con un copia ed incolla di cento righe non è proprio il massimo, obbligando i lettori di BSnews ad uno sforzo fisico non da poco. Esimio lettore, ci dica il suo di parere e di commneto, uno qualsiasi, anche di una riga: ci interssa di più !

  8. A Claudio dico che mi ha frainteso . Colpa mia …intendevo dire che non seguo il destino e le necessità di rinnovo di un determinato partito, ma mi preoccupo dell’intero assetto politico della Nazione, come moltissimi italiani. I partiti sono utili, anche se ti ricordo che il tuo max riferimento ( E. Berlinguer ) li riteneva ormai quasi inutili,covo di clientele e lontani dalla gente. Vanno ripuliti, rinnovati, ripensati da un punto di vista sia ideologico che organizzativo. La strada, a mio avviso, e’ sopratutto una iniezione di pensiero civico e di deontologia.

  9. Che per vincere si debba essere soli mi sembra solo una delle tante assurdità che oggi vanno per la maggiore…. Vabbeh che il “mito” dell’uomo solo al comando, l’uomo che da solo risolve tuti i problemi è sempre stato di fascino per molte persone in questo Paese, ma mi sembra che in qualsiasi strategia (militare o no) è il lavoro di squadra che alla fine porta alle migliori possibilità di successo, in ogni campo… e non l’isolamento.
    Il punto è piuttosto: perché non si riesce MAI a fare lavoro di squadra nella (oramai fantasmatica e fantasmagorica) sinistra???? E tanto meno nel PD, prono e pronto che fu a sdraiarsi nella famosa speranza dell’uomo solo al comando… (il quale uomo solo rischia di fare la fine della rana dalla bocca larga….)

  10. la pulizia comincia nel tagliare drasticamente il numero delle greppie e dei commensali, in primis, e la quantità di foraggio ammannito nelle greppie. la politica è diventata una carriera appetita grazie agli incredibili vantaggi economici che assicura durante gli incarichi e dopo grazie alle vergognose pensioni che garantisce. Riconduciamo a ragionevolezza i compensi e avremo uno sfoltimento dei concorrenti, da un lato, e la verifica dello “spirito di servizio dall’altro. Discutetene arzigogolando quanto vi pare, ma il M5S ha tra i motivi principali del suo successo la decisione di rinunciare a una parte consistente delle indennità.

  11. Appunto. Schermaglie all’arma bianca finalizzate al periodo elettorale? Ma di questo i pentastellati (o pentasiderei….) hanno sempre fatto un loro punto di forza. Mai mischiarsi “agli altri” da loro visti come qualcosa di marcio a priori, con cui mai “sporcarsi”. Ma ora mi sembra che la trasformazione (naturale a mio parere) di quello che era un “movimento” sempre più in un partito radicato mi sembra possa portare a confronti anche operativi sempre maggiori… oppure no? Che intendeva Bragaglio?

  12. Alla fine l’assetto politico, in democrazia, lo decidono gli elettori valutando l’offerta disponibile. E Sandro Belli sostiene così “la necessità di un ripensamento ideologico ed organizzativo dei partiti con un iniezione di pensiero civico e di deontologia”. Caspita, è un pentastellato fatto e finito, potrebe essere uno della prima ora e non se ne accorge oppure gli manca il passo finale. Deciso: lo presentiamo al trio Di Maio, Di Battista e Taverna, così per capire qualche meccanismo pratico. E visto che siamo a Brescia pure a Laura Gamba, che parecchie battaglie le ha portate avanti con quel giusto tasso di deontologia civica che Belli evoca quotidinamente. Dai che ci siamo.

  13. Il Pd in cui tuttora milita “uno di grande mestiere” come Bragaglio ha undici correnti al proprio interno, mentre a sinistra del PD ci son ben docidi tra partiti, movimenti ed asoociaioni varie. Con la destra disera in mille rivolii e persino con un’area notoriamente filo-renziana, l’unico auspicio è che si vada a votare di botto con l’Italicum, così voluto cocciutamente da Renzi, che, come Bragaglio ha da tempo intuito, servirà la vittoria su un piatto d’argento al Movimento 5 Stelle. E lo avranno deciso i cittadini in un Paese democratico ed in libere elezioni. Chi di Mattarellum ferisce di Italicum perisce…

  14. “diamanti…”, che cosa intendo per un “mezzo pensiero” sul M5S? Non facile a dirsi nel bel mezzo di assalti all’arma bianca. Come in tutte le guerre vi sarà una fine, però solo dopo aver alzato una pira di morti. Ma, a quanto pare, per tale funerea celebrazione, la pira non è ancora abbastanza alta. Intanto siam passati da Bersani (…dai Grillo dacci una mano) ad Orfini (…dai Grillo mi fai schifo). Non male per un presidente di partito al Governo del Paese! Immagino, inoltre, che Sala a Milano abbia ringraziato l’Orfini, visto che c’è un voto grillino in libertà. Così pure Giacchetti, se c’era qualcuno del centro destra ancora incerto sul voto per una Raggi un po’ troppo sinistrorsa.
    Intant o constato che il M5S ha raccolto a piene mani voto di centro sinistra e del PD. E su temi “sensibili”, dalla questione morale all’anticasta. Tra i mezzi pensieri, c’è questo: perché quel voto se ne è andato dal PD? Poi c’è questa “union sacrée” contro il populismo, che non mi convince. Quasi tutto è populismo. Ed è pure denominatore comune tra movimenti xenofobi di destra e sociali di sinistra. Una confusione. Al punto che persino papa Francesco (vedi L. Zanatta sulla rivista de Il Mulino) è populista e peronista. Ciò vuol dire che è un metro di valutazione che, o lo si precisa ben bene, o non ci serve più. Tanto meno serve a giustificare che per una tale sacra battaglia si possa ingaggiare persino un Verdini. Insomma finita la battaglia, contati i morti, tra centro sinistra e M5S sarà meglio che si cominci a ragionare in modo diverso, tra i vivi. Magari cambiando un sistema elettorale che aizza la guerra di tutti contro tutti e misurandoci su temi sociali di convergente interesso sociale.

  15. Quante simpatiche sciocchezze dagli anonimi : mi hanno dipinto come un anacronistico monarchico, come un simpatizzante del Pd filo Sindaco, come un penta stellato, come un utopista civicratico, come un liberale gobettiano, come un ideologo del pensiero civico, ec..chi vuol togliersi la curiosità e chi non può non catalogare una persona nelle sue proprie categorie ( un male molto comune ) legga “Una nuova via” del 1993 (quando Grillo era solo un comico) dove propongo un assetto politico civico- informatico-non anti politico-deontologic o. Poi legga i testi seguenti (modesti ma sinceri) ,gli articoli sul Corriere, sul GdB,,su Civicrazia,su Bresciaoggi,..son certo che capirà

  16. Il problema non è come l’hanno dipinta o inquadrata tanti sciocchi, caro Belli, ma come lei effettivamente è ed è sempre stato. Inisistendo nel proporsi e dichiararsi fuori dagli schemi, fuori dalle righe, fuori dalle ideologie, fuori dalle catalogazioni, fuori dai partiti, fuori dall’omologazione, fuori da qualsiasi altra categoria sociale e politica corrente o passata, finisce con l’essere fuori da tutto: si guarda allo specchio e ovviamente vede solo se stesso. Niente di male, sia democraticamnete chiaro, ma se mai dovesse aggregare delle persone sotto una bandiera politica, sia pure civica, nobile ed onesta, le sarebbe diffcile contare oltre il numero uno. Un piccolo, piccolissimo limite della sua Lista Civica Nazionale Narciso…

  17. concordo: certo Bragaglio che bisognerà a cominciare a ragionare in modo diverso… anzi direi… addirittura INIZIARE a ragionare…mah. Si spera di non doverlo fare dopo troppi “morti” e che la pira non sia troppo alta.

  18. Atena concordo. E sarà neppure auspicabile, ma necessitata. Con analisi del PD verso il M5S che esigono una diversa impostazione. E’ già cambiata la fase politica. Vedremo i ballottaggi, dati alla mano. Penso che tali cambiamenti s’impongano, se non si vuole andare a sbattere. Come ho già detto, non mi quadra questa guerra frontale col M5S. Intanto per Milano (e la futura Lombardia), oggi ben più importante persino di Roma. Favorisce la convergenza (esplicita o di fatto) del Centro Destra col voto dei grillini. E, quasi per una vendicativa legge del contrappasso, all’insegna simil-renziana del “cambiamento” e del “cambiar verso”, ma di tutti…contro il PD. Un capolavoro!

  19. Diciamo soprattutto che se l’è voluta Renzi la situazione in cui naviga il PD. Con quell’impostazione-f otocopia del berlusconismo, del “ghe pensi mì”, del grande comunicatore che ammalia le folle, del duce illuminato alla guida del Paese, del rottamatore del passato che alla fine ha rottamato il “valore aggiunto” di persone capaci per portare avanti boys e girls boriosi e supponenti, del semplificatore di percorsi democratici che finisce con il bypassarli, del velocizzatore di decisioni che invece andrebbero assai ponderate, dell’uomo solo che ci chiede (mi scuso con Bragaglio) di “credere obbedire, combattere”, che scandisce orgoglioso il “noi tireremo diritto” convinto che alla fine “vinceremo”. L’unica analisi da condurre seriamente è su come sia potuto accadere che questo giovanotto arrivasse dove è arrivato e su quanto seguito abbia aggregato per strada anche tra vecchi saggi della sinistra e del cattolicesimo democratico. I rapporti del PD con il Movimento 5 Stelle (di fatto, non sono più i grillini) resteranno congelati finchè circolerà il boy-scout nominato da Napolitano alla guida del Paese.

  20. Questa la ricordava, ad uso del Renzi-pensiero, il commnetatore di un blog cittadino. Sono parole dello scrittore Camilleri:”In tempi antichi, come dicevano i poeti, c’era l’ “orrenda vecchiaia”, ma nello stesso tempo gli anziani erano i depositari del sapere e della saggezza e con esse la possibilità di trasmetterle alle generazioni a venire. Oggi di saggezza sembra non ci sia più bisogno, se ne fa tranquillamente a meno; il sapere, invece, si acquisisce attraverso internet ed attraverso le favole che raccontano i politici”. Già, proprio così…

  21. Stradivarius sul punto più critico – purtroppo! – hai ragione. Acido solforico sulla ferita. Infatti molte delle responsabilità precedono (prima di riguardare anche) Renzi. Ed investono anche la sinistra dalemian-bersaniana. Per nascita, natura, programma del PD. E pure per la scalabilità d’un partito che per molti aspetti non era già più un “partito” vero e proprio. Ma qui mi fermo. Senza nulla dire poi della sinistra PD balcanizzata di oggi. Altrimenti non finisco più. Mi limito a ricordare che dei 45 fondatori del PD (23 maggio 2007), tra cui Amato, Dini, Follini, Ottaviano Del Turco(?!), più della metà di loro dopo poco tempo già non eran più nel PD. Insomma non solo Renzi, ma come a Renzi ci si è arrivati ed …arresi. Per poterne ora uscire positivamente come PD e come Centro Sinistra, non basta richiamarsi al PD originario. Ovvero a Veltroni che è per molti aspetti il padre putativo del Renzi di oggi. Per questo mi auguro un PD diverso del domani.
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  22. Bragaglio: con Renzi ci si è arrivati ed arresi. Già…ma perché? Perché impegnarsi in politica vorrebbe dire anche impegnarsi QUOTIDIANAMENTE con fatica e passi anche piccoli, che lasciano stanche perché sembrano inutili, ma che servono a proseguire il cammino. Mi fanno ridere quelli che criticano criticano criticano e poi si impegnano in nulla: manco nei comitati di quartiere che sono nati da Brescia oramai da un anno. E molti manco lo sanno. Partiamo dal possibile, con la fatica quotidiano dell’intervenire e del confrontarsi sulle realtà concrete. Con la fatica che questo comporta. Senza sempre comodamente delegare e limitarsi (per sentirsi attivi) solo ad un “mi piace” su facebook!!!! che ora, bontà sua ha pure messo la possibilità di scrivere “Non mi piace” (un vero passo in avanti…).

  23. Concordo con Enrica: l’impegno politico a piccoli o alti livelli significa impegno di molte ore, di molti pezzi della propria vita. Spesso ti fagocita del tutto, quando ti assumi impegni concreti. La delega è sempre più facile….. e se poi c’è chi si presenta e dice “tranquilli risolvo tutto io”, cosa c’è di più semplice che ritirarsi, lasciarlo fare, tranne poi criticare dal comodo cantuccio? E quando parlo di facile critica non mi riferisco certo alle opposizioni palesi ed esposte a chiare lettere, sia chiaro!

  24. Ci sono molti cittadini di sinistra, assai in gamba, seri, appassionati di Roma, Milano, Torino e che non hanno votato Roberto Giachetti, Beppe Sala e Piero Fassino (e sono molto indecisi su cosa fare) per dare una lezione a Renzi. Ma qua in gioco non c’è Renzi. Non c’è (e con noi non ci sarà MAI) Verdini. Non ci sono le correnti (e i loro riti da museo) del PD, non c’è (e con noi non ci sarà MAI) il Partito della Nazione. Qua c’è l’idea di dare un futuro alle nostre città e una grande svolta con il contributo dei Cittadini Sì alla Riforma Costituzionale.

  25. Cosa sta dicendo ? Renzi governa con i voti decisivi di un eletto nel PDL come Verdini nonchè forzista della prima ora appartenente al cerchio magico berlusconiano nonchè plurindagato per reati ignominiosi e già condannato in primo grado. Renzi è stato nominato da Napolitano Presidente del Consiglio solo perchè vincitore delle primarie del PD, il suo programma di governo non è stato benedetto nè condiviso dai cittadini elettori, la sua coalizione di governo non è uscita tale dalle urne poliitche del 2013. Poi, ci sono eccome le correnti del PD. Ognuna, dieci in tutto le principali, che condiziona il voto al mutare dei reggenti locali o lo inflenza da kamikaze come a Napoli. Il Partito della Nazione era ed è il vero obiettivo del berluschino toscano, ma il progetto scricchiola proprio per l’orgoglio della vecchia guardia ed i dubbi ormai anche di alcuni pretoriani. Di quale futuro e di quale svolta si puà parlare pensando al Pd tracotante dei boy scout ed allo stravolgimento di stampo autoritario della Carta Costituzionale ?

  26. Condivido molto quanto scritto da Enrica e da Paganini. Solo la partecipazione diffusa e l’impegno convinto creano i Partiti-società o forme vere di civismo e non quelle camuffate, oggi spesso civici per finta o per riciclarsi. In 30 anni è cambiato tutto. Negli anni ’80 a Brescia i tre partiti di massa DC, PCI, PSI avevano circa 80 mila iscritti su un milione di abitanti. Oggi il PD, che grosso modo è quasi tutto il centro sinistra, ha poco più di 3 mila iscritti su una popolazione di quasi un milione e 300 mila persone. Il raffronto non dice tutto, evidentemente, sulla partecipazione politica e la sua crisi, ma di sicuro dice molto…su partiti sempre più (e quasi solo) partiti delle istituzioni, nonché partiti di potere.

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