Con una lunga nota il direttivo provinciale delle Acli annuncia il suo “sì per un processo costruttivo” in vista del referendum del 4 dicembre.
ECCO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO
In vista del referendum costituzionale, riassumendo il lavoro fatto in questi mesi per approfondire i contenuti della riforma, il Consiglio provinciale delle Acli bresciane sottolinea il valore della parte- cipazione consapevole al voto, occasione per vincere l’immobilismo del nostro Paese. Qualunque sarà l’esito della consultazione referendaria sulla riforma della Costituzione del prossimo 4 dicembre, questa costituisce un passaggio importante per la vita civile, po- litica e istituzionale dell’Italia. Le Acli bresciane, nel riconoscere un sano pluralismo di idee, hanno animato un’opera di pedagogia costituzionale con oltre quaranta incontri di approfondi- mento e confronto nelle comunità, con la finalità di contribuire a rifondare la cultura politica del nostro Paese attorno ai principi e ai valori della Costituzione. La scadenza referendaria è stata un’occasione per attivare fermenti vivi e vitali nella no- stra società, uscendo dalla logica binaria in cui troppo spesso il dibattito resta intrappola- to, cogliendo per le realtà ecclesiali e della società civile un segnale di speranza per incontrarsi e dialogare anche dopo il referendum. Il discernimento delle Acli si è giocato rispetto all’esercizio della democrazia nel nostro Paese, sul rapporto e l’articolazione tra i poteri, sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, sul bilanciamento tra autonomie locali e unità nazionale. Soprattutto sul futuro e il bene comune da costruire per l’Italia. Le Acli invitano i cittadini a partecipare al voto in modo informato. Lo spirito riformista del- le Acli e una moderna cultura della manutenzione costituzionale consentono di non cedere alla tentazione dell’immobilismo, che tradisce lo spirito costituente, sacralizzando il testo e san- cendo la distanza del testo dalla realtà vissuta. Modificare il testo costituzionale non è certo la panacea di tutti problemi del nostro Paese ma, dopo trent’anni di discussioni sulle riforme costi- tuzionali, è un tassello necessario nel quadro di un insieme più ampio di interventi, primo su tut- ti la riforma dei partiti. Guardando alla storia del nostro Paese e ancor più al suo domani, approvare la riforma, pur con i suoi limiti, ci appare come il passo da compiere in questo momento, perché può me- glio accompagnare e sostenere quanto fin qui è emerso nella società civile.
Le autonomie locali vengono schiacciate da questa riforma centralista, tranne le solite regioni a statuto sociale che continueranno a fare quello che gli pare a spese degli altri fessi. Alla faccia delle ACLI io voto NO.
Bla, bla, bla, sul pluralismo delle idee, ma purché si voti sì.
Un quadro più ampio…primo su tutti la riforma dei partiti ? Ah, bene, se ci vogliamo avviare sulla strada del partito unico la riforma renziboschiana la imbocca alla grande: è esattamente quello di cui è accorto persino un quotidiano non qualsiasi, ma l’Economist, quando afferma: “le modifiche potrebbero creare un uomo forte al comando in un Paese che ha prodotto Mussolini e Berlusconi”. Già, gli italiani sono morbosamente attratti dall’uomo del “ci penso io” o in milanese del “ghe pensi mì”. Uno stava a Palazzo Venezia, l’altro a Palazzo Grazioli. Il terzo è più pericoloso, perchè sta già a Palazzo Chigi e dice di volerci stare fino al 2023…
Tanto io VOTO NO e con me tutti quelli che conosco!
No, perché perché le condizioni di vita di chi oggi è precario, studente, disoccupato, operaio, dopo tutte le riforme che ci sono state non sono affatto cambiate. Noi siamo sempre quelli che vanno a lavorare in nero, che hanno contratti precari, che guadagnano poche centinaia di euro al mese, che hanno problemi a curarsi e a pagare l’affitto, siamo quelli che lavorano 8-10 ore al giorno nelle fabbriche, nei call center, nei centri commerciali, che non hanno diritti, che non hanno garanzie, che sono ricattabili perché non ci sono prospettive e ora questa stessa classe politica, che è responsabile del fallimento sociale, vuole cambiare anche la Costituzione, vuole farci credere che le nostre condizioni di vita dipendono da questa o quella norma della Costituzione e che modificandola avremo un paese più moderno, più efficiente. Io invece credo che questo sia l’ennesimo passaggio da cui la classe operaia, la classe degli sfruttati e degli oppressi di questa società resta con ancora meno diritti e poteri e che l’unico vantaggio lo trarranno, ancora una volta, i padroni e i burocrati che con le loro politiche di austerità hanno creato un impoverimento generale. Un impoverimento generale mentre le banche continuano ad arricchirsi, gli stipendi dei manager aumentano e questa classe politica è ancora lì, da trent’anni. Ci hanno affamato e loro adesso pensano di voler cambiare anche il quadro costituzionale. Siamo noi, invece, gli sfruttati, a dovere riprendere parola, a decidere come riprendersi la propri dignità, uniti per un cambiamento reale che non è quello dei gruppi di potere, delle segreterie di partito, delle holding finanziarie e dei grandi padroni come Marchionne che mandano per strada migliaia di famiglie. Un cambiamento reale, che parte dalla lotta di chi non ha più niente o ha troppo poco, e sa che delegando ad altri non otterrà mai nulla. Voi che vi dite LAVORATORI e CRISTIANI dovreste sapere da che parte stare, ma avete scelto di schierarvi insieme con Confindustria, J.P. Morgan, Marchionne e un’infinità di soggetti che col cristianesimo non hanno nulla a che spartire e men che meno con i lavoratori. Vergognatevi.
E sticazzi non ce lo metti?
E sticazzi non ce lo metti?
ti rode eh???