Il ventennio del Negher? Meglio del Bigio

Alcune considerazioni riguardanti l'installazione dell'alto "Negher" di Mimmo Paladino sul piedistallo al posto del Colosso di Dazzi

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Elio Marniga
Elio Marniga, www.bsnews.it

di Elio Marniga – Sul Corriere della Sera Maurizio Pegrari, abbandonata la storia economica, si avventura, così come faccio io, ad esporre alcune considerazioni riguardanti l’installazione dell’alto “Negher” (copyright del sottoscritto) di Mimmo Paladino sul piedistallo, nato per sostenere il bianchiccio Bigio dalle grosse chiappe. Ho già cominciato a far visita al percorso paladiniano, che si snoda bene, in tanti pregevoli luoghi della città e faccio conto, tempo permettendo, di completarlo tra una settimana; ma fin da ora, da incompetente curioso di capire dove è arrivata e dove sta andando l’arte contemporanea, mi sento di condividere con Pegrari l’apprezzamento per quanto ho visto, riservandomi di rivisitare le opere ad ore e luce differenti.

Al contrario di Pegrari, io non ho perplessità alcuna, riguardo alla lunga durata dell’esposizione del Negher all’arietta della Piazza Vittoria, e trovo che sia un intelligente furbo escamotage, deciso dagli Amministratori pubblici, per rifilare, ai loro lontani successori, la castagna cotta del “che fare del Bigio”. In vent’anni, o in quaranta se venti non bastano, si può ragionevolmente pensare che le ferite, le ripicche, i ricordi, gli asti, le incomprensioni si siano attenuati per cui sarà più facile riportare il Bigio nella sua piazza senza scatenare ire funeste.
Statue a confronto: il Bigio di Arturo Dazzi contro il Negher di Mimmo Paladino
Statue a confronto: il Bigio di Arturo Dazzi contro il Negher di Mimmo Paladino
Pegrari si mostra più che perplesso circa il fatto che la decisione sui vent’anni, che imprigionano il Bigio nei magazzini del Comune con la scusa di far prendere sole e aria al Negher di Palladino, sia stata presa “erga omnes”; io sono perplesso per questa sua perplessità poiché sono convinto che è dovere, più che diritto, di un’Amministrazione Comunale decidere “erga omnes”. La sua perplessità lo spinge a proporre una consultazione popolare attraverso i clic, alla Grillo, per intenderci. Io non sono per nulla d’accordo, anche se Pegrari prevede una consultazione solo consultiva, non vincolante. Infatti, e non mi si accusi di cinismo, questo tipo di consultazioni è usato solitamente da due categorie di politici: l’una consulta per supportare la sua mancanza di idee o di coraggio; l’altra per finta, poiché, quale sia il risultato, già ha deciso; (ci ricordiamo il referendum sulla metropolitana?). La cosiddetta democrazia diretta, l’uno vale uno, è, nel mondo reale, più che una sciocchezza; è un assassinio della democrazia.
Sono io quindi favorevole, con una maliziosa strizzatina d’occhio al Sindaco, a che il Negher permanga per vent’anni in Piazza Vittoria, mentre il Bigio riposa, al riparo delle intemperie naturali ed innaturali, nei depositi comunali. Certo, se il Negher dovesse andarsene alla svelta, io non sarei dello stesso parere dell’amico Carlo Pescatori, anche se l’immagine, da lui evocata, del Bigio riportato in piazza dentro una confezione caramellosa che si scioglie, sarebbe davvero surreale e dissacrante. Non sono del suo parere perché in lui prevale l’artista; io sono un cittadino qualsiasi e quindi compio una scelta politica.
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8 Commenti

  1. Complimenti ad Elio per l’opinione di livello! Anche se ormai è rimasto uno dei pochi a leggere il Corriere a Brescia.

  2. Opinione colta e circostanziata. Ma Marniga, nella sua onestà intellettuale, dovrebbe spiegarci anche cosa vorrebbe si facesse con il Bigio. Penso che concordi su fatto che tenerlo in magazzino sia uno spreco di risorse pubbliche.

    • Il gentile lettore Malizioso, che proprio malizioso non mi pare, mi invita a dire che ne farei del Bigio, costato fior di soldoni, visto che in piazza non lo voglio. Gli devo la risposta e ne approfitto per dire anche ciò che farei se….
      Vado per ordine, e mi scuso se elenco fatti risaputi, ma è bene partire da punti fermi. Allora: il Bigio non era previsto dal Piacentini; è stato voluto dai fascisti bresciani per dar maggior splendore (! con quelle due chiappe!) alla visita del Duce; finita la guerra due giovani antifascisti lo feriscono (anche nell’orgoglio, secondo me) per cui è necessario smontarlo; il primo Consiglio Comunale democratico delibera di immagazzinarlo. Per me la storia finisce lì, perché tutto ciò che viene dopo si riduce a chiacchiere, velleità, sospirosi aneliti, nere nostalgie, ribollire di fiele, e tremor di Abbondi. Quindi ribadisco, il Bigio riposi quieto, là dove si trova; nessuno lo disturbi, neppure per recuperare quanto speso per la medicazione.
      Ma devo anche dire che farei se….Se fossi Sindaco di Brescia, sentirei forte la responsabilità di esserlo per tutta la città, di essere Istituzione che unisce i cittadini, che li fa sentire tutti partecipi della Città. Allora, per prima cosa, metterei il bavaglio a tutti i miei collaboratori, a quelli che anticipano il mio pensiero recondito e a quelli che non capiscono quello che ho espresso. Imporrei di coprire bene le braci con la cenere, per evitare incendi inopportuni; un coprifuoco insomma.
      Poi mi prenderei un po’ di tempo, diciamo fino all’Epifania del 18, ché la befana porta sempre qualcosa di buono. Nel frattempo non me ne starei seduto a stirare i pantaloni ma, un po’ a piedi, un po’ in bicicletta, un po’, visto che c’è, in metrò, convinto come sono che la maggior parte dei Bresciani, i più per indifferenza qualunquistica, il Bigio lo vuole in piazza, me ne andrei deciso nei luoghi dove il grosso pupazzo più ruga per chiedere a tutti coloro che, per compito istituzionale o per convincimento, hanno responsabilità di conservare viva e forte la coscienza antifascista dei molti, di darmi una mano a cambiargli sembianze percepite, a trasformarlo da “era fascista” ad esempio di vecchio bodybuilding, facendo così meno ostica la sua collocazione su quel piedistallo che, improvvidamente, altri da me, gli hanno predisposto in luogo pubblico che si chiamerà Piazza dei Martiri della Libertà.

  3. L’affermazione di Marniga che la cosiddetta democrazia diretta sia nei fatti un assassinio della democrazia si dovrebbe quantomeno confrontare, almeno qui in Italia, con l’altro tipo di democrazia, quella rappresentativa. Mi chiederei come sia stata usata in concreto, nella storia repubblicana, quelle delega in bianco ai rappresentanti del popolo per gestire la cosa pubblica in funzione, così dovrebbe essere, solo del cosiddetto bene comune. I risultati si vedono: dalle diffuse connivenze clientelari ai voti di scambio, dall’affarismo privato saldato con le amministrazioni pubbliche alle infiltrazioni tentacolari della malavita organizzata, dalla corruzione diffusa all’uso della politica come esercizio del potere fine a se stesso per arrivare alla mancanza cronica di trasparenza degli atti poubblici ed al prevalere di interessi ben identificabili nei poteri forti e nella finanza. Così, non a caso, un vento di liberazione dal diffuso malcostume pubblico e dall’insipienza politica fatti da troppi problemi irrisolti, soffia sempre più anche sul consenso elettorale: nei fatti è un certo tipo di falsa rappresentanza che assassina ogni giorno la democrazia. In quanto al Bigio, lo vollero e continuano a volerlo i fascisti bresciani, molti ben celati sotto la maschera di qualunquista.

  4. Usata male, ovunque e sempre la democrazia rappresentativa; ma questo dipende dagli uomini che la praticano, delegati e deleganti, rappresentanti e rappresentati, non certo dalla struttura di governo. In genere, se il rappresentato soffia sul collo del rappresentante, questi è costretto ad ubbidirgli, pena il ritiro della delega.
    La democrazia diretta sarebbe possibile solo in una comunità piccolissima, nella quale nessuno fosse capo e neppure aspirasse ad esserlo; ma anche il solo fatto di fare una proposta investe chi l’ha fatta di responsabilità superiori a quella degli altri membri della comunità.
    Scrivo questo senza che pretese di aver ragione, né di esaurire l’argomento. Solo che io la penso così.

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