Bici con motore nascosto? Il Csi promette la linea dura

Nel comunicato il Csi difende l'operato dei giudici sportivi, precisa di aver già attivato tutti i livelli della giustizia sportiva e - anche se l'atleta risultava tesserato per altra federazione sportiva - rivendica piena titolarità sulla gara

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Con una lunga nota arrivata oggi il Csi promette di adottare la linea dura sul caso del cicloamatore rovatese all’interno della cui bicicletta sarebbe stato celato un motorino elettrico durante una gara amatoriale a Bedizzole.

Nel comunicato il Csi difende l’operato dei giudici sportivi, precisa di aver già attivato tutti i livelli della giustizia sportiva e – anche se l’atleta risultava tesserato per altra federazione sportiva – rivendica piena titolarità sulla gara (aderente al circuito Csi). Inoltre precisa che i vertici sono in contatto con la Federazione Ciclistica Italiana e la magistratura ordinaria, “a cui faranno pervenire ogni atto di indagine e del successivo procedimento”. “Chi bara – a tutti i livelli – verrà perseguito”, promette il Csi.

Il cicloamatore, lo ricordiamo – in un’intervista alla Gazzetta dello sport – ha negato ogni addebito, sostenendo di aver detto no al controllo del mezzo solo perché doveva andare a un matrimonio.

 

ECCO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO

Il primo caso di doping meccanico in Italia (dopo quello dei Mondiali di ciclocross svoltisi a Zolder, in Belgio, nel 2016) non sarà archiviato con il solo procedimento a carico dell’atleta scoperto con la bici taroccata.

Il Centro Sportivo Italiano ha già prontamente attivato, nonostante il periodo feriale, tutti gli organi della giustizia sportiva, dal livello provinciale di Brescia dove è stato scoperto il caso, fino alle Commissioni Nazionale Giudicante e di Garanzie, sotto il coordinamento dell’Avvocato Paolo D’Arcangelo e del Procuratore sportivo Dottor Carmine Di Pinto.

L’atleta la cui bicicletta è risultata truccata è tesserato con altro ente di promozione sportiva, diverso dal Csi, ma la manifestazione a cui lo stesso ha partecipato era una gara organizzata dal Csi di Brescia e, quindi, il Csi ha piena e totale competenza sul caso nella sua fase istruttoria: per questo è stato attivato d’ufficio il procedimento di illecito sportivo.

I giudici di gara Csi sono stati esemplari nell’effettuare i controlli all’arrivo della gara, denunciando la frode meccanica. Questo è l’aspetto positivo della  triste vicenda: il Csi con i suoi giudici di gara e con gli strumenti per individuare qualsiasi manipolazione è garanzia per tutto il circuito ciclistico italiano, perché nessuno può e deve pensare di farla franca, nemmeno nelle gare amatoriali – GranFondo su tutte – dove la partecipazione è arrivata a toccare numeri da record in tutta Italia.

Per queste ragioni Paolo D’Arcangelo e Carmine Di Pinto, di concerto con il Presidente Nazionale Csi Vittorio Bosio, sono già in contatto da diversi giorni con i vertici della Federazione Ciclistica Italiana e con la magistratura ordinaria a cui faranno pervenire ogni atto di indagine e del successivo procedimento.

Lo scopo è quello di stanare il fenomeno, risalire alle vie di approvigionamento dei motorini da montare sulle biciclette, a chi le adatta sui telai, verificando se – come pare – il tutto sia collegato al mercato illegale delle bici rubate.

Il Csi, dal 1944, educa alla vita attraverso lo sport, che resta pur sempre un gioco, ma con regole certe che vanno rispettate. Chi bara – a tutti i livelli – verrà perseguito.

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