“Il produttore canadese di bici di alta gamma Argon 18 nega qualsiasi forma di coinvolgimento nel presunto caso di doping meccanico sabato a Bedizzole. Dopo l’analisi dell’immagine pubblicata sulla Gazzetta dello Sport l’azienda può affermare con sicurezza che il telaio coinvolto non è un Argon 18 originale, anche se gli sono state messe le grafiche per somigliargli”. Con questa nota, pubblicata dalla Gazzetta dello sport, il produttore di bici prende le distanze da quanto accaduto in una corsa ciclistica amatoriale di Bedizzole, in cui un 53enne rovatese sarebbe arrivato al terzo posto grazie a un mezzo truccato. Annunciando anche il possibile ricorso alle vie legali per tutelare la propria immagine.
Dunque la bicicletta non era originale, ma sarebbe stata modificata. Il cicloamatore – che ha negato di aver gareggiato con una bici a motore – aveva spiegato alla rosea di aver comprato la bici in Versilia, ma di non ricordare nome e numero del venditore. E proprio la Toscana – sempre secondo quanto riportato dalla Gazzetta – sarebbe uno dei centri di maggiore smercio delle bici con il motore nascosto. Perché nella maggior parte non si tratta di bici originali (anche se esistono marchi che le commerciano), ma di bici contraffatte in Cina, dove vengono predisposte per alloggiare il motore, oppure rubate e modificate. Anche per questo – come sollecitato dal Csi in una nota – il caso di Bedizzole (comunque vada a finire) potrebbe dare il là a indagini il cui esito è tutt’altro che prevedibile.