Beat generation: quanto eravamo belli | MOSTRAMI UNA MOSTRA/32

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Beat Generation, la mostra curata da Renato Corsini e Jean Luc Stote al Ma.Co.f. presso il Mo.Ca in Via Moretto, foto di Enrica Recalcati per www.bsnews.it
Beat Generation, la mostra curata da Renato Corsini e Jean Luc Stote al Ma.Co.f. presso il Mo.Ca in Via Moretto, foto di Enrica Recalcati per www.bsnews.it
Enrica Recalcati, opinionista di BsNews.it
La scrittrice Enrica Recalcati, opinionista di BsNews.it

di Enrica Recalcati – Eravamo, mi ci metto anch’io perché c’ero fra quei ragazzi che rincorrevano il sogno della pace e della libertà. Questa era la mia generazione con il fermento e la voglia di cambiare, di liberarsi dai tabù, di vivere in un mondo giusto e fraterno. Lo sentivamo nelle vene e nelle arterie come il sangue che scorre e va verso il cuore, come la voglia di aggregazione, di dialogo, di ascolto.

Come le domeniche di austerity, quando potevi circolare solo in bici e si percorreva la tangenziale pedalando da Sesto San Giovanni verso il parco Lambro o il Forlanini. Non ricordo la fatica, ma la gioia di ritrovarsi, di cantare al suono di chitarre scordate, di urlare la vita, l’amore e l’estasi di esserci, con la consapevolezza di avere il mondo fra le mani, di essere immortali, di fare qualcosa di bello e di giusto non solo per te, ma per chi verrà dopo.

Un incantesimo infranto dal sangue versato dal terrorismo di ogni matrice, dalla degenerazione di un sogno divorato e usato da una falsa e intricata ideologia, capace di cancellare in un attimo tutto il bene e il giusto che il movimento inizialmente aveva portato.

Il terrorismo non è colpa del ’68, ma è il ’68 che è stato tradito, umiliato e calpestato da questa vergona. Come succede, spesso si è strumentalizzato un intento, un movimento popolare che con i suoi vuoti esistenziali e le sue pecche, le sue morti di eroina, le unioni libere e promiscue, la facilità di aggregazione, lo spirito di iniziativa e le iniziative di grande spessore, ha lasciato però un piccolo vuoto esistenziale, un malessere, un piccolo conato di nausea, che subito ha favorito gli opportunisti. In qualche modo, per chi l’ha vissuto, alla beat generation, negli anni di piombo, è stata tolta la speranza.

Questa mostra curata da Renato Corsini e Jean Luc Stote al Ma.Co.f. presso il Mo.Ca in Via Moretto, 78 con le 154 fotografie esposte ci introduce cronologicamente in un fenomeno sociale davvero importante anche a livello mondiale.

La “beat generation” nasce negli anni 50 negli Stati Uniti come movimento artistico, poetico e letterario, legato ad un diverso modo di porsi rispetto alle tematiche sociali dell’America in quel periodo. Fra i suoi principali artefici troviamo anche il bresciano Lawrence Ferlinghetti.

La libertà individuale, la negazione delle regole imposte dal sistema, un diverso modo di intendere l’amore, il rifiuto della guerra, era la filosofia di appartenenza.

Il messaggio anticonformista arriva in Italia negli anni 60 grazie alle traduzioni di Fernanda Pivano amica partecipe dei movimenti americano e italiano. Poco più tardi il termine “beat” contagerà il mondo musicale partendo dall’Inghilterra per poi arrivare in Italia.

I nostri “beats” portano capelli lunghi e corte minigonne, nascono le prime canzoni di protesta da Alen Ginsberg al nostrano Francesco Guccini e via via molti altri. Il festival di Sanremo dal 1966 propone, insieme alla tradizione melodica, complessi di musica beat.

Perfino la Chiesa Cattolica, dopo il concilio Vaticano II, introduce le prime “messe beat”, sostituendo all’organo le nuove chitarre elettriche.

I locali beat diventano famosi come il “Piper club” di Roma, luogo di nascita di molti miti.

Canzoni come “l’isola di White”, “Bandiera Gialla”, “Sognando la California” diventano slogan di una generazione che prende coscienza della propria forza.

In Italia imitando “Woodstock” nascono i primi festival pop, come quelli organizzati al Parco Lambro, a Milano, dal 1974 al 1976. La conquista della libertà diventa un obiettivo politico e le proteste pacifiche si attuano spogliandosi degli abiti, come allegoria del rifiuto delle convenzioni. Il musical “Hair”, insieme al “Living theatre” sono esempi famosi della contro-cultura, alternativa a quella classica.

In breve tempo i movimenti cambiano, diventano maldestramente politici. Si inizia con le stragi: Piazza Fontana a fine anni Sessanta, poi Brescia e Bologna. Il terrorismo di vario colore che uccide, gambizza, spara senza sosta: gli anni di piombo, gli anni Settanta, un capitolo triste della nostra storia.

Sono rapita dagli scatti, dall’allestimento curato, dalla ricchezza delle immagini e la curiosità delle pose. Un excursus nella moda, grazie alla collezione dell’archivio Penelope, la gioia di azionare ancora un jukebox e ascoltare musica pop, vinili, riviste, gadget e tanto altro.

“Inceppate l’ingranaggio. Mettetevi di traverso con il vostro corpo. Noi siamo esseri umani.” diceva il 2 dicembre 1964 Mario Savio sulla gradinata della Sproul Hall, nel campus di Berkeley, New York. Aveva 22 anni e difendeva la libertà di parola, parlando ai coetanei.

Non era una generazione di “sballati”, ma di giovani in ricerca disperata di ascolto, di rivendicazione di un diritto di emancipazione e lo facevano attraverso forme espressive e culturali. Tutto quello che venne dopo produsse in Italia un cambiamento. Nel bene e nel male, c’è molto su cui riflettere.

La mostra è visitabile al Mo.Ca fino al 7 gennaio 2018, dal martedì alla domenica, dalle 15 alle 19, biglietto 7 euro.

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LA GALLERIA FOTOGRAFICA DELLA MOSTRA 

Le immagini della mostra scattate da Enrica Recalcati per BsNews.it

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17 Commenti

  1. Passeggiavi in città e la musica usciva dai tombini, dalle bocche di lupo. Nelle cantine giovani musicisti cercavano di ” montare un pezzo ” per suonare in qualche buco o in un parco. La musica era ovunque, ma non era solo suono. Era la colonna portante di una speranza, di ” un esercito grande ” come lo chiamavamo con Claudio Rocchi. Fermenti e cambiamenti accompagnavano il nostro parlare da figli dei fiori.
    Durò per sei o sette anni. Poi….ci si accorse che ” dentro le tasche degli stessi vestiti che tutti portiamo, ci sono cose diverse che dicon la vera realtà che viviamo. …la pistola, la tessera, il fumo, il Vangelo o la gita, un giornale di sesso, un pezzo di pane integrale,… E finisce il sogno !

  2. La memoria di quei cambiamenti riproduce immagini assai diverse e personali. Ricordo su tutte la blasfemia delle chitarre strimpellanti sugli altari, con gli Antegnati messi a tacere per sempre insieme alle toccate e fughe di Bach ed il profumo dell’incenso sostituito da quello delle ascelle degli adolescenti. La Chiesa Cattolica Romana d’Occidente che passa dal “Christus vincit, Christus regnat” al giro di do intonando un assai poco trascendente “Andremo in Paradiso in bicicletta”. L’inizio del declino finale in nome del markeing e del consenso, costi quel che costi. Da Pio XII trasportato sulla sedia gestatoria, con guanti rossi e pietre preziose alle dita, a Papa Francesco che twitta con i giovani e compra un paio di scarpe “modeste ma comode” in un outlet di Roma arrivandovi con una Ford Fiesta. Dal ’68 e dai figli dei fiori il la per la catastrofe dell’etica e della cultura, per il degrado dei costumi e l’annientamento della ragione, delle regole, delle gerarchie sociali e famigliari, per la fine della stessa civiltà occidentale, banalizzata ed americanizzata. E così si arriva al vuoto totale del terzo millennio…

    • Però la sostanza non cambia per quanto riguarda la chiesa: potere, soldi, lontananza dai problemi della gente. Diciamo che prima del concilio, direi, fino a papa Pacelli, perchè poi da Roncalli tutto è trasceso in nome del consenso, i membri della chiesa erano di nome e di fatto dei monarchi assoluti sul piedistallo e riveriti, per paura, dal popolo e non era ammessa nessuna libertà. Dopo il 1963 è cominciato anche per loro a scricchiolare questo potere assoluto dovuto al maggiore benessere che è arrivato in Italia e quindi all’affrancarsi della gente da tutte queste superstizioni e balle che per secoli l’hanno condizionata e quindi, per non perdere consensi e visto che le minacce e le scomuniche non funzionavano più sulla gente sempre più laica, si sono, come hanno fatto sempre (dal medioevo, al rinascimento, al fascismo, ecc.) adeguati ai tempi, pur di mantenere i privilegi. E, dal ’66 (il 68′ è un fatto politico), con l’arrivo del beat, dei capelloni, della musica di protesta (blanda diremmo oggi e che fa anche sorridere quando si bollano per scombinati e fuori dagli schemi personaggi come Guccini, Caselli, Pravo, o complessi come i Nomadi, l’Equipe, Rokes, ecc..) anche la chiesa ha cominciato quell’operazione commerciale e di marketing mediatico tesa ad aggredire un mercato di consumatori che acquistano il disco, oppure una fede religiosa, in base alle simpatie e a quanto vengono assecondati nei loro comportamenti. Qualche resistenza, in quell’epoca, è rimasta: pensiamo al divorzio, all’aborto, alla contraccezione, ma poi tutto si è risolto in nome (quando fa comodo) della laicità e della libertà. Francesco, oggi, non inventa nulla di nuovo: usa solo gli strumenti di oggi (cinquant’anni fa le chitarre elettriche, oggi internet) per attirare nuovo mercato e nuovo consenso, sempre di bassa lega e distratto. Quanto alla morale, alla fede, al trascendente, come ai tempi del medioevo, la chiesa del potere non sa cosa sono e cosa possono essere. E dunque si barcamena nella modernità lasciando, come sempre, irrisolti i problemi dell’umanità, nè più nè meno come i politici di ogni epoca. Perchè la chiesa è politica.

  3. Leggendo i due commenti mi vengono i brividi. Che rozzezza ! E poi, che cosa c’entra la Chiesa ?
    Era nell’epoca beat ‘ assente’ nel senso che non caratterizzava nessun momento, nessun atteggiamento, nessun elemento di quel meraviglioso periodo. 5 anni di pensiero libero, di poesia, di emozioni intense e di spiritualità a volte distruggente ma spesso esaltante e umanissima.la riscoperta dell’amore, la condanna della guerra. E che cosa c’entra Papà Francesco che twitta ?
    Siete rozzi politicanti !

    • Non capisco dove stia la rozzezza nel descrivere un periodo in cui sono avvenuti numerosissimi cambiamenti in nome della libertà, dell’emancipazione (con il protofemminismo) e dell’apertura ai giovani, con la musica che ha accompagnato questi cambiamenti. Naturalmente c’era anche un mondo che reagiva e li rifiutava. Ed era quello che contestavano i giovani. Oppure lei fa parte di quei giovani che contestavano x posa sistemandosi poi in banca o nei posti pubblici per avere la pancia piena e poi, con quella, fare il radicalchic e difendere le istituzioni che nel ’66 contestavate e rifiutavate?

    • Senta, Maria Belli, la Chiesa fu non poco spiazzata da quella generazione che predicava libertà, pace, amore e fratellanza molto più di quanto i suoi cosiddetti ministri in terra avessero fatto negli ultimi millecinquecento anni. E pensò bene di girare gli altari verso il nuovo popolo anzichè verso il Dio eucaristico accompagnandosi con le chitarre per non perdere quote di mercato. Si avviò invece, sempre meno trascendente e sempre più immanente, ad una lenta, irreversibile fase di declino innescata da una progressiva perdita di credibilità come faro etico ed esistenziale fino a giungere ad un patetico tentativo di riproporre (a parole) lo spirito francescano persino nel nome del suo attuale pontifex. Un ritorno ad alcune affascinanti origini come ultima spiaggia con le chiese ormai vuote di fedeli, mentre i musulmani, sceicchi o poveracci, riempiono le moschee e pregano tre volte al giorno. In realtà, la Chiesa Cattolica dovrebbe tornare proprio ad un Pio XIII come quello immaginato da Sorrentino nella serie televisiva “The Young Pope” per recuperare in parte la credibilità smarrita.

      • Caro ‘considerazione – Maria – Nostradamus ‘ attendo un vostro commento al prossimo articolo che invierò sul tema ” la malattia delle formiche del nord di Papua Nuova Guinea ” per capire come riuscirete a dare la colpa ai vescovi cattolici e al Vaticano per l’ evento e a ribadire che anche le formiche colpevolmente e cattolicamente sono coinvolte nell’ 8 per mille.

        • Quando mancano conoscenze, cultura e acume, si risponde alla beat generation, cioe’ con l’incoscienza di chi non si rende conto che la vita non e’ fatta di utopie, soluzioni facili e chiacchiere, caro rivoluzionario belli….

          • Ok rivoluzionario, ….ok figlio dei fiori, ok snob, ok troppo di destra o di sinistra, ok filosofo, ok poco colto, ok saggio,…decida cosa dire..! Quanto a ” rivoluzionario ” nel senso di fuori dal coro, di innovatore a volte azzardato ( o utopista ) di lontano da giochi o vincoli di partito, libero di pensare dentro e fuori dallo staff del sindaco, ideologo del civismo…ebbene sì sono rivoluzionario ! Legga il mio libretto che non a caso si intitola ” la mia rivoluzione ” Non le costa nulla : lo trova da Fotogrammma di Giambelli a Bs in via Biseo ( zona Crocifissa di Rosa ). cordialità

          • Ok rivoluzionario, ….ok figlio dei fiori, ok snob, ok troppo di destra o di sinistra, ok filosofo, ok poco colto, ok saggio,…decida cosa dire..! Quanto a ” rivoluzionario ” nel senso di fuori dal coro, di innovatore a volte azzardato ( o utopista ) di lontano da giochi o vincoli di partito, libero di pensare dentro e fuori dallo staff del sindaco, ideologo del civismo…ebbene sì sono rivoluzionario ! Legga il mio libretto che non a caso si intitola ” la mia rivoluzione ” Non le costa nulla : lo trova da Fotogrammma di Giambelli a Bs in via Biseo ( zona Crocifissa di Rosa ). cordialità Gratuito.

        • Ad un saggio come Belli, chiamato a questo ruolo dal primo cittadino di Brescia, non ci resta a questo punto che ricordare un pensiero di Schopenauer:”in genere è consigliabile palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è saggezza, la seconda è vanità”.

    • Basta leggere senza paraocchi come fa lei le risposte, e si capiscono che sono argomenti pertinenti e legati all’epoca e a cosa siamo diventati grazie a quell’epoca.

    • E chi ha mai detto che sul tema della beat generation si debba dialogare ? Ognuno dice e pensa la sua. Personalmente, da giovane di allora, povero ma studioso ed in giacca (una) e cravatta (una), non ho subito alcun fascino o tipo di coinvolgimento nè dai figli dei fiori nè dal rock che usciva della cantine e dai tombini (da appassionato di musica classica), nè da quell’ansia di cambiare tutto che veniva dagli Stati Uniti sull’onda della “gioventù bruciata”, del rifiuto di qualsiasi regola, del sesso libero, delle droghe di vario tipo, del pensiero e delle religioni orientali. Poichè allora si leggeva molto, affrontai solo e per curiosità i vari Kerouac e Ginsberg e pure il crudissimo Bukowski, continuando a preferirvi Dostoevskj, Tolstoj e Checov e, su tutti, il Thomas Mann dei Buddenbrooks e della Zauberberg. Resto convinto che quell’afflato di libertà dissennata, poi politicamente sfociato nel sessantottismo, sia stato l’inizio della fine soprattutto per la cultura e la miglior tradizione occidentale , così come l’inzio della fine per la Chiesa Cattolica al servizio del marketing e dei tempi che cambiano. Ho peraltro il massimo rispetto per chi, a settant’anni, si sente ancora un po’ figlio dei fiori, è rimasto un gran sognatore e si ispira tuttora alle religioni orientali. Namastè.

      • Tutto giusto. Quello che non condivido è il pensare che la chiesa ante concilio non fosse legata al potere, ai soldi e a tenere soggiogato e povero il popolo. Sicuramente era molto più seria di oggi ed un papa (Pio XII) Pacelli unico ed irripetibile nella sua moralità, serietà, finezza nei modi e nello stile, ce lo possiamo scordare oggi e in avvenire, vista la cafoneria e la frivolezza di stile, di contenuti, di tutto, di un papa (?) come francesco e dei suoi sottoposti vescovi e cardinali impreparati, ignoranti e figli della chiesa conciliare che a parole e sui media sembra vicino, ma nei fatti, proprio perchè ignorante e poco intelligente, è molto più lontana di quanto lo era ai tempi di Pacelli, Ratti o di Mastai Ferretti….

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