Mottinelli: darò una mano a Giorgio Gori… dal Broletto | L’INTERVISTA

Il suo mandato da presidente della Provincia - che formalmente terminerà il 12 ottobre 2018 – potrebbe essere prorogato fino al giugno del 2019 per allinearlo alla prossima tornata amministrativa

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Pier Luigi Mottinelli, BsNews.it
Pier Luigi Mottinelli, BsNews.it

(a.tortelli) Pier Luigi Mottinelli (classe 1964) è stato sindaco di Cedegolo dal 1999 al 2009, presidente della Comunità montana camuna dal 1995 al 2001, consigliere provinciale dal 2004 a 2014. In quell’anno, col sostegno di autorevoli esponenti Pd di area cattolica, è stato eletto presidente della Provincia di Brescia e non pochi – alla nomina – lo immaginavano già nei panni del liquidatore di un ente svuotato di risorse e di poteri dalla riforma Del Rio. Invece – passo per passo, con democristiana pazienza e camuna caparbietà – Mottinelli è riuscito nell’impresa di ridare un ruolo e un peso politico a Palazzo Broletto.

La riforma elettorale e l’epopea renziana, nel frattempo, hanno ridotto ai minimi termini i posti per Brescia tra Parlamento e Regione, tenendolo lontano dalle elezioni del 4 marzo, che avrebbero potuto rappresentare il premio per il lavoro degli ultimi tre anni. Ma il suo mandato da presidente della Provincia – che formalmente terminerà il 12 ottobre 2018 – potrebbe essere prorogato fino al giugno del 2019 per allinearlo alla prossima tornata amministrativa. Difficile capire che accadrà poi, visto che un anno e mezzo nella politica italiana vale mezzo secolo…

DOMANDA – Presidente, ormai sono tre anni che guida il Broletto: com’è andata?

RISPOSTA – Le prime parole che mi vengono in mente sono fatica, orgoglio e soddisfazione. Non è stato facile amministrare questo ente conciliandolo con la mia professione e con il dubbio costante di non riuscire a chiudere i bilanci a causa dei tagli di Roma. Ammetto che all’avvio di questa esperienza era difficile anche per me dare una risposta alla domanda se la nostra Provincia sarebbe sopravvissuta alle riforme decise dal Governo. Ma Brescia è quasi una regione nella Regione, non può esistere senza un livello sovracomunale. Per questo è motivo di grande soddisfazione ed orgoglio, per me, l’essere riusciti a mantenere un ruolo per la casa dei Comuni bresciani. Anche se molte cose restano ancora da fare.

D – In quest’ottica la fine delle larghe intese con Forza Italia, in particolare l’interruzione del rapporto con il suo ex vice Alessandro Mattinzoli, è stato un indebolimento o un segno di chiarezza nella maggioranza dell’ente?

R – Mattinzoli, a cui va tutto il mio ringraziamento per il ruolo svolto,  ha dovuto attenersi alle regole della politica, ma per come sono state concepite le Province dalla legge Del Rio a mio avviso si è trattato di una scelta sbagliata, perché il nostro è un ente di secondo livello, in cui gli amministratori dei Comuni sono chiamati a fare sintesi delle diverse istanze del territorio. Detto questo, il fatto che la lista che mi ha sostenuto sia autosufficiente dal punto di vista numerico, oltre che un vanto, non mi ha fatto cambiare idea: la Casa dei Comuni non ha mai privilegiato una parte politica o una certa area geografica.

D – In questo è stato determinante il ruolo della Loggia, che pur vedendo rafforzato il proprio peso nell’ente, non le ha chiesto di fare una politica cittàcentrica…

R – La città, con la legge del Rio, avrebbe potuto esercitare un ruolo di condizionamento forte, come lo è per le città metropolitane. Ma così non è stato. Del Bono è stato lungimirante nel coordinare la giunta di sindaci dell’hinterland e nell’esercitare le sue prerogative. Credo che in questo abbia influito positivamente anche il rapporto politico ormai trentennale che ci lega.

D – C’è qualcosa che tornando indietro non rifarebbe?

R – Fin da subito ho lavorato a testa bassa per raggiungere gli obiettivi che mi ero posto. Ma forse, ripartendo da zero, chiederei maggiore aiuto al mio partito e ai sindaci.

D – In molti le riconoscono di aver ridato slancio a un ente che veniva dato per morto. Ma l’ambiente rimane un tema scottante. Penso – per fare degli esempi – alle cave e al referendum sull’acqua. Si farà?

R – L’ambiente è una priorità ed è importante che questa materia sia rimasta in capo alle Province. Comprendo le preoccupazioni dei cittadini in questo campo, anche alla luce di quanto avvenuto in passato. Ma abbiamo raccolto anche risultati importanti, come i 100 milioni stanziati da Roma per il depuratore del Garda: un successo di cui devo ringraziare soprattutto Guido Galperti e Mariastella Gelmini. Inoltre, anche su questo tema, rivendico la fatica di averci sempre messo la faccia e di essermi posto in maniera equidistante tra gli interessi. Per quanto riguarda poi il referendum sull’acqua, il Consiglio provinciale lo ha dichiarato legittimo. Si tratta di un referendum consultivo che lascia la responsabilità alla Conferenza dei sindaci: sono certo che questa confermerà la scelta fatta dalla Provincia nel 2015. E’ un passaggio democratico: però, visti gli esiti pratici, il rischio che si spendano milioni di euro dei cittadini inutilmente a mio avviso c’è.

D – Il tema della mobilità, invece, sembra invece uno dei punti di forza della nuova Provincia di Brescia.

R – La mobilità è la scommessa del futuro: abbiamo investito molto su questo fronte. Penso al trasporto pubblico locale e al passaggio verso la mobilità elettrica, penso – ancora – al reticolo delle ciclabili e alla scelta della metropolitana leggera, con il potenziamento della Brescia-Iseo-Edolo. Ogni 15-20 minuti, a regime, ci saranno corse che collegheranno Iseo con la città: una svolta importante. Dobbiamo continuare a lavorare per ridurre il trasporto su gomma, ma non possiamo dimenticare i 2mila chilometri di strade della nostra provincia. Su questo fronte un ruolo determinante può averlo la nuova Centropadane: dopo aver terminato la concessione autostradale della A21, la società può diventare uno strumento importante nelle mani degli enti – penso a Brescia e Cremona, ma anche alla vicina Mantova e Bergamo – per gestire le strade e riprogrammare le infrastrutture del territorio.

D – Parliamo del suo di futuro. Lo scorso anno, in un’intervista al Corriere, lei si mise a disposizione di Gori per sostenerlo attivamente. Ma nel frattempo molte cose nel quadro politico sono cambiate. Cosa farà nei prossimi passaggi elettorali?

R – In queste elezioni il Pd ha deciso di puntare sui parlamentari uscenti, a partire da Guido Galperti, nell’ottica di farli entrare in posizioni di governo (come purtroppo non è avvenuto nell’ultima legislatura). Poi ci sono le indicazioni dei territori, da Bezzi a Vivenzi. Mentre in Regione abbiamo figure di spicco come il Consigliere uscente Gian Antonio Girelli e il segretario provinciale Michele Orlando. Complice la legge elettorale, però, i posti per Brescia saranno pochi, a fronte delle aspettative legittime di molti. Io continuerò il mio impegno in Provincia. Ma, nel rispetto del mio ruolo, farò il possibile perché Gori vinca. Il candidato del centrosinistra e il segretario regionale del Pd, mesi fa, mi hanno chiesto una mano. E la darò. Sento la figura di Gori molto vicina al mio modo di lavorare, orientato al versante amministrativo e al pragmatismo.

D – La sua valle, sull’indicazione dei nomi, è arrivata alla conta. Esercizio di democrazia o sarebbe stato meglio evitare?

Ho cercato di spiegare che si sarebbe potuto ragionare su diversi livelli di rivendicazione territoriale, contemperando la valorizzazione di Bezzi e la conferma dell’uscente Berlinghieri. Così non è stato. Ma si è trattato di una scelta democratica e la rispetto.

D – Ma lei “da grande” che farà?

R – Faccio politica da anni e ho mantenuto il mio lavoro di libero professionista nel settore dell’energia. Non chiedo nulla. Sarà il partito eventualmente a chiedermi di spendermi in altri ruoli, se valuterà che ho ben operato come presidente del Broletto.

D – Una battuta per chiudere: da camuno Doc sogna prima o poi di fare il presidente della provincia autonoma di Valcamonica?

R – Ho sempre difeso l’autonomia dei territori, anche in occasione del referendum sull’Autonomia di Regione Lombardia, ma credo che la stagione delle piccole autonomie sia terminata. All’interno delle Province esistono le aree omogenee e la Valcamonica è la principale area omogenea montana del bresciano. Il Broletto ha tutto l’interesse a valorizzarla, ma non coltivo velleità autonomiste per la mia valle. Le mie scelte amministrative sono sempre state portate avanti nell’interesse dell’intero territorio provinciale e non soltanto della Valle Camonica.

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