Il Pd bresciano e il rischio dei due passi oltre il burrone

Le elezioni della città sono la linea del Piave - le Termopili per evocare la storia greca - del Pd bresciano, anche a livello provinciale. Da lì, se passa il "nemico", la guerra è persa

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Andrea Tortelli, direttore di BsNews.it
Andrea Tortelli, direttore di BsNews.it

(a.t.) Quella del Pd bresciano non è una semplice sconfitta. E’ una pesante sconfitta che rischia di trasformarsi in tragedia se il partito che fu di Renzi non adotterà a breve contromisure efficaci.

Il primo dato che emerge da queste elezioni, infatti, è che la rappresentanza del partito bresciano fuori dai confini provinciali è ridotta a un numero troppo prossimo allo zero. Due, infatti, sono gli eletti in Parlamento (non senza polemiche sui criteri di scelta), a fronte dei cinque della scorsa tornata (Corsini, Bazoli, Galperti, Muchetti e Berlinghieri). Allo stesso modo, nell’ultimo ventennio, il Pd non ha mai avuto meno di due rappresentanti al Pirellone, che stavolta sono ridotti a uno (Gianantonio Girelli) perché le virgole dei calcoli elettorali regionali hanno lasciato fuori anche Miriam Cominelli. Cancellando dalle istituzioni la gamba sinistra del partito.

Fuori dal Pd, poi, il dato è ridotto allo zero. Senza virgole. Fuori i civici e i centristi di centrosinistra (da Gitti a Sberna), fuori la sinistra, che quasi sempre in passato aveva avuto un nome tra Parlamento e Regione.

Che resta? Resta un partito con poca rappresentanza e senza una chiara leadership nazionale e locale, in cui quando si chiede ai militanti chi comanda la risposta sono una decina nomi. Comanda il segretario Michele Orlando, il cui nome è frutto di un accordo che forse non c’è più? Comandano Mottinelli e Galperti, escluso improvvisamente da Roma? Comanda il “diversamente renziano” Girelli? Comandano Bragaglio e la sinistra decimata dalle uscite e tagliata fuori da tutti i posti? Comanda Del Bono, che (giustamente) si è sempre tenuto fuori dalle logiche di partito? Comanda il deputato Bazoli? Comandano il segretario cittadino De Martin e i renziani della città? Comandano i renziani della provincia che vanno da Vivenzi a Del Barba, passando per Ratti e Groli, che – pur forti – non hanno rappresentanti tra Roma e Milano e non hanno mancato di esprimere il loro malcontento per come il partito bresciano ha approcciato gli utimi passaggi elettorali? Chi comanda?

E poi: riusciranno tutti questi nomi a mettersi d’accordo per dare una gestione chiara e forte al partito oppure prevarranno le divisioni con inevitabili ricadute sulla Loggia? Il fronte rappresentato da Girelli e la sinistra, con qualche corrente renziana, apriranno nuove prospettive e nuove maggioranze a livello locale come si vocifera da settimane? Ad oggi prevalgono le divisioni. Da Roma – con il nuovo congresso e l’annunciato passo indietro di Renzi – potrebbe arrivare un aiuto per formulare una risposta convincente e positiva a queste domande, ma non è detto.

I voti, poi, non vanno meglio. Tra il 2013 (Ambrosoli, 110mila voti) e il 2018 (Gori, 110mila) il Pd ha perso 50mila voti nel Bresciano (le preferenze sono passate da 36mila circa a 18mila, ma qui la colpa è soprattutto della congiuntura). Ed il dato della città è una magra consolazione. Qui, infatti, il Pd è il primo partito e tiene (o meglio: perde pochissimo). Ma i calcoli veri si faranno soltanto a maggio con il voto per la Loggia. E per vincere Del Bono – a fronte di un ballottaggio quasi scontato – avrà comunque bisogno di confrontarsi con l’elettorato grillino in un dialogo dall’esito incerto.

Perdere anche la Loggia (con tutto il sistema di potere che ne consegue) per il Pd sarebbe fare non uno, ma due passi oltre il burrone. E se fino a ieri questa era un’ipotesi quasi impossibile, oggi – in tempi di caos – non lo è più. Con tale paradosso ben presente il gruppo dirigente del Pd bresciano deve approcciarsi alle prossime settimane. Nella certezza che le elezioni della città sono la linea del Piave – le Termopili per evocare la storia greca – del Pd bresciano, anche a livello provinciale. Da lì, se passa il “nemico”, la guerra è persa. E per fermare gli avversari i leader del partito bresciano devono avere una sola direzione.

 

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19 Commenti

  1. Il Pd è già sostanzialmente morto e lo dimostra cosa è successo ai leader! Orlando fuori! Vivenzi fuori! Ora che se ne va Renzi poi dei renziani non rimarrà niente di niente!!! Tristezza!!

  2. x Merenda, INGRATO PARLARE DI PD MORTO: CI SONO MIGLIAIA DI MILITANTI E LEADER GIOVANI PRONTI AD AFFERMARSI, LA VERITA’ E’ CHE I VECCHI DOVREBBERO FARSI TUTTI DA PARTE. VIA CHI HA PIU’ DI 60 ANNI

    • Non è un problema di età della classe dirigente, ma di idee, di strategie e pure di marketing elettorale. Lo tsunami che ha travolto il Partito Democratico sta tutto in quattro parole: giovani, periferie, Sud del Paese, immigrazione, cioè enormi temi che identificano bacini di consenso che hanno trasferito massicciamente il voto alla Lega ed al Movimento 5 Stelle. Ed invece, le proccupazioni del Gran Capo sono in tre parole:”no inciuci, no caminetti, no estremismi”, cioè sotto sotto il suo pensiero non va al Paese, ma a come riciclarsi da sconfitto lui e il “giglio magico” alla faccia di militanti, seguaci ed elettori, i pochi rimasti…

  3. Renzi ha sbagliato tuttto con arroganza e così il gruppo dirigente bresciano. Mi chiedo perché Vivenzi non abbia detto nulla!

  4. Ma quelli della sinistra del partito non hanno ancora capito che gli errori di Renzi sono minori di quelli dei vari esponenti che loro sostengono???? Non hanno preso un voto fuori dal Pd e non ne portano al Pd!!! Gli elettori hanno bocciato tutto quel mondo consociativista che faceva capo a Cgil e cariatidi varie. Ora serve una svolta: meno Renzi e più renzismo!!!!

  5. Mi sia concesso dire la mia anche in questa sede, apprezzando l’analisi di chi ha scritto l’articolo vorrei però sottolineare che il voto della città sarà sganciato da quello delle politiche e quindi non potrà che premiare Emilio Del Bono di fronte al vuoto della coalizione opposta.

  6. Nel collegio uninominale di Brescia, il pentastellato Sorial ha raggiunto il 19% (con circa 29.000 voti) il centrodestra quasi 43% e il centrosinistra 30%. Alla tornata comunale cambia certamente tutto, ma anche meno della metà di quei voti pentastellati potrebbe fare la differenza al ballottaggio. Certo, mentre si sussurra dell’imposizione di un candidato leghista per il centrodestra e si fa il nome di Tacconi visto il 25% dei consensi al Carroccio e solo il 12% a Forza italia, a Del Bono potrebbe bastare la forza delle sue Liste Civiche più o meno cammuffate e più o meno farlocche per vincere, ma la partita ad oggi appare molto più aperta di quanto non lo fosse fino al 3 marzo.

  7. Il Pd è uno zombie gli elettori anno capito che l’unica possibilità di cambiare è Grillo la sinistra non rapprsenta nessuno ora

    • Ed infatti, come ho scritto chiaramente, la differenza proprio e solo al ballottaggio comunale tra centrodestra e centrosinistra la possono questa volta determinare i voti (davvero parecchi…) pentastellati dal momento che verrà data libertà agli elettori M5S al primo turno di schierarsi di qua, di là o non andare a votare al secondo. Ed è abbastanza difficile che 30.000 persone restino tutte a casa.

        • Sono sempre trentamila elettori: tanti. E le vicende nazionali con il dialogo aperto tra Di Maio e e Salvini con in più magari una candidatura cittadina leghista dell’ultima ora come quella di Molgora al posto della Vilardi, qualche mal di pancia lo ispira comunque…

  8. Ancora contro quelli della sinistra del partito! Le ha lette le preferenze alle elezioni regionali oppure no?
    Si è accorto delle preferenze di Miriam Cominelli che ha più che raddoppiato quelle della candidata renziana in pectore Avanzini o i dati elettorali non li sa leggere?
    Ma come si fa a non fare un minimo di autocritica di fronte a un risultato disastroso del partito di questa natura?
    Ricordo che la Avanzini è anche membro della segreteria provinciale, ossia quella cabina di regia che ha fatto le scelte.

    • Viste le scelte e i risultati, più che una cabina di regìa, quella provinciale e pure quella nazionale ricordano la…Spectre o il KGB.

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