Caro direttore,
vi scrivo per raccontarvi la mia storia. Sono un napoletano che è salito da poco a Brescia. Ho speso quel poco che mio padre, morto a novembre scorso, mi aveva lasciato.
Sono laureato in comunicazione col massimo dei voti, master in giornalismo e iscritto all’ordine, carriera di 4 anni all’interno dell’università Suor Orsola di Napoli.
Nonostante tutto pur di lavorare ero venuto a fare l’operaio in un’azienda di Brescia. Poi a causa di mobbing interno e del fatto che dovevo operarmi al tunnel carpale, il proprietario ha ben pensato di cacciarmi mandando affanculo tutti i miei diritti di lavoratore.
So di essere una voce tra migliaia, ma oggi potete fare una buona azione denunciando la mia storia e magari prendendola a cuore. Sono un italiano e merito rispetto, così come tutti coloro che vogliono migliorare loro stessi ed il loro paese. Spero vivamente in un vostro riscontro.
Lettera firmata
Classica storia che succede a tantissimi, laureati o no (anzi spesso succede proprio a chi ha un titolo di studio). L’adattarsi a fare di tutto è da decenni la regola che vale per tutti. Come per tutti quelli che non hanno la fortuna di essere simpatici o di avere datori di lavoro onesti, spetta la sorte di essere usati per fare anche il di più quando serve e poi, alla prima occasione, essere scaricati come una scarpa vecchia. Con il fatto che tutti siamo utili ma nessuno è indispensabile e con la circostanza molto in voga oggi, come in anni remoti, che l’importante è lavorare anche se non si è pagati, altrimenti si è lavativi, il lavoro è diventato una forma di schiavitù, oppure una chimera, a seconda dei punti di vista. Perchè ormai è tutto un punto di vista, quello che per me è un diritto, per il datore di lavoro è un costo, e. per chi questo diritto non l’ha e non può ottenerlo, è un privilegio…. Il lavoro nobilita l’uomo…..
Ninete di cui meravigliarsi, purtroppo. La risposta più in uso da parte dei cosiddetti “datori di lavoro” di oggi difronte a qualsiasi opposizione di diritti anche minimi è: “Se ti va bene è così, altrimenti ci sono altre decine di persone pronte a sotituirti anche da subito”. Questa è la sintesi della crisi mai superata, della mancanza di prospettive, della rassegnazione forzata alla precarietà di gran parte di coloro che comunque devono lavorare per vivere, anzi solo per sopravvivere.
E non fa eccezione fra lavoro manuale e intellettuale. Uno degli scandali e delle vergogne più grandi è anche l’atteggiamento e la posizione padronale e ipocrita dei sindacati, capaci solo di difendere i loro privilegi e chi è già tutelato, ignorando gli altri solo perchè nn fanno tessere e non portano reddito. Non a caso il bravo vescovo monari, nella sua pastorale del lavoro, si definiva a casa sua nella cgil o nella cisl… Campa cavallo…
Una storia tristissima, che dimostra come questo paese vada cambiato dalle radici.
Non è tristissima, è soltanto una storia comune. E, come dicevo, i poteri forti (industriali, sindacati, chiesa) sono quelli che determinano queste situazioni. Che ci vogliono tutti poveri e tutti bisognosi per imporci ancora le loro condizioni. Infatti loro stanno sempre a pancia piena e sempre sui loro scranni. Il resto subisce.