La foto lo ritrae in sella alla sua moto, con lo sguardo sornione, e chissà che non sia proprio quello il mezzo di cui uno struzzo – secondo il racconto fatto da Bevenuti alla figlia – mangiò un giorno i pezzi di ricambio durante la riparazione.
Al di là delle storie, la certezza è che ha avuto una vita davvero ricca di avventure Elia Benvenuti, lo scalpellino di Paratico partito non ancora maggiorenne per fare la guerra e rimasto per oltre dieci anni a combattere in Africa, tra Somalia (la foto reca la dicitura Comando R. Corpo Truppe Coloniali della Somalia Italiana), Eritrea e Kenya. Dove sarebbe stato catturato dagli inglesi e portato in un campo di prigionia in Tanzania.
Lì Elia – era il 1943 – ha inciso su una roccia il suo nome, la sua data di nascita e le sue passioni (W l’Italia, W il Re). Non è dato sapere se l’abbia fatto per lasciare un segno temendo di morire, oppure se abbia deciso di fare quella incisione per passare il tempo durante la sua prigionia. Questo non l’ha raccontato a nessuno.
Sessant’anni dopo, però, una scrittrice italo-americana – Annamaria Alfieri – ha trovato un articolo di giornale in cui si parlava si quella “misteriosa” iscrizione sulla roccia. E ha scritto a BsNews per cercare di ricostruirne la storia. Grazie agli utenti del gruppo Facebook Sei di Paratico se… BsNews.it è riuscita a trovare una delle figlie e a farsi raccontare di Elia. Lo scalpellino che ora occupa un posto quasi indelebile nella storia grazie a quella roccia.