di Claudio Bragaglio – La vittoria del sindaco Del Bono, oltre che oggetto del desiderio è anche motivo duna riflessione critica per il PD nazionale? Nutro più dun dubbio. Anche in presenza di autorevoli valutazioni fatte dallon. Gentiloni e dallon. Martina, segretario del PD. Infatti il PD ha finora solo sfiorato il cuore del problema. Si dice: vittoria del buon governo. Vero. Ma fu pure vera la sconfitta del buon governo di Martinazzoli e di Corsini, nel 2008. Come vera anche la sconfitta del buon governo di Fassino a Torino. Il buon governo, quindi, è condizione imprescindibile, ma non sufficiente.
Il di più, di cui oggi dice Brescia, è unoperazione – tutta politica – di costruzione dun nuovo Centro Sinistra e del Civismo. Come ieri a Milano con Giuseppe Sala. Quindi non generici appelli alla società civile ed ai corpi intermedi, ma una leadership inclusiva ed un progetto, chiaro ed aperto, in cui forze sociali e cittadini possano riconoscersi. E non già leadership o partiti monocratici ed autoreferenziali. Con Cantores del PD saliti sul carro del vincitore, pur sostenendo ancora politiche opposte.
Le due vittorie di Del Bono 2013 e 2018 – rappresentano lordine logico degli addendi di alleanze politiche, sociali e civiche. E non già quelle del Rosatellum, con alleanze prima rigettate e poi inutilmente improvvisate. Già nel 2013 le primarie di Del Bono con la lista civica di sinistra con Fenaroli, già segretario della Cgil. Lapparentamento con Castelletti e la sua lista civica e socialista. Insieme poi al civismo moderato e cattolico di centro.
Da quellimpianto Del Bono è ripartito nel 2018. Con un PD perno duna alleanza che ha coinvolto anche Liberi e Uguali. Con una visione aperta, unitaria e plurale, ben diversa dal mantra decennale dun PD autosufficiente per lintero centro sinistra. Ottenendo, peraltro, come PD bresciano anche il migliore risultato di partito, passando da circa il 25% a quasi il 35%. Esito non scontato a Brescia, dopo le scelte sconsiderate fatte dal PD nazionale per le candidature parlamentari.
Ma nella battaglia della Loggia, il PD bresciano, deciso, ha scelto lunità. Sottraendosi alla morsa tra renzismo ed antirenzismo. Merito di Emilio Del Bono è la scelta unitiva delle diverse anime, sia per la Lista che per la Giunta. Linea ben diversa, anche qui, da chi scommette sulla rottura a sinistra per poter inseguire il voto di centro.
Ma lunità non è scindibile dalla corresponsabilità. Ed il principio come un sol uomo dietro a chi comanda è unidea militare che crea in un partito democratico solo fratture.
Anche sulla retorica del cambiamento ci si è risparmiati molto. Nella società del rischio e delle paure il voto per la Loggia di Del Bono è stato anche la ricerca dun approdo fermo ed affidabile. Proprio per quella Loggia, intesa come Palazzo e come Piazza. Lancoraggio al migliore municipalismo civico e democratico della nostra città. Magari senza neppure saper bene – da Trebeschi a Padula, da Panella a Martinazzoli e a Corsini – chi ha fatto cosa. Ma con Asm, A2A, Teleriscaldamento, Metrò, Musei, Parchi son le opere ed i servizi ai cittadini a parlare per loro.
Lorgoglio bresciano delle opere fatte e da fare, è stato bene interpretato da un Sindaco che si è collocato in quel solco, aggiungendovi poi molto del suo. Meritando così la vittoria ancor prima della battaglia. Con una Destra decapitata delle sue stesse candidature, da contrapporre a Del Bono.
Il ruolo di Cattolici e Sinistra è la chiave di volta proposta da La Repubblica a commento del voto di Brescia. Anche sul tema dirompente dellimmigrazione, con Salvini in campo e sconfitto. Condivido. Nella memoria evocano il senso duna storia non smarrita, ma che può e deve reinventarsi nel futuro.
Il segretario del Pd Martina ha posto in relazione Martinazzoli e la nascita dellUlivo, nel 94, con il 2018 di Del Bono. Parole impegnative, ancor prima che elogiative. Ma ancora non convincente è il rapporto tra lallarme per il governo Lega-M5S ed il cammino attuale del PD. Con il Congresso stesso scandito dai ritmi lenti della normalità, quando si è già in uno stato di eccezione. Più da bradipo che da ghepardo.
Il tempo saccorcia e ci è nemico. La politica deve ripartire da se stessa. Da subito e non dallinerte attesa della società. Il PD parla di alternativa come se disponesse di anni e non già solo di mesi, col laccio attorno al collo. Solo promuovendo da subito il nuovo campo del Centro Sinistra il PD può definire anche la propria natura politica. Infatti la vera politica è tale solo se fa politica. E ben oltre il proprio ombelico.
Quindi non la via cieca che va oltre il PD, ma di chi pensa solo a come spartirsi leredità. Ma quella dun PD, diverso dalle sue stesse origini, perno decisivo dun nuovo Centro Sinistra plurale.
Il Pd, nel torpore, soffre ancora il gelo della sua sconfitta. Evoca il campo del Centro Sinistra, ma non se ne rende ancora protagonista, aprendo tavoli con nomi e cognomi del sociale e del politico. Come invece sè fatto a Brescia, a Milano, in molte città. Nel Paese reale. Da protagonista se non tutti per convinzione, almeno per necessità – come se in primavera ci fosse la tempesta perfetta, anche delle elezioni politiche, con il Rosatellum e le sue attuali inesistenti coalizioni. Con larea cattolica democratico-popolare, oggi ai margini, che ritorni insieme alle varie anime della Sinistra sociale e politica come a Brescia – protagonista duna politica progressista ed antipopulista.
* Presidente della Direzione Lombarda del PD
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