Vi siete impegnati, avete studiato come scrivere un curriculum, dopo averlo redatto lo avete inviato alle aziende più affini al vostro percorso di studi e finalmente siete riusciti a strappare il primo colloquio con il responsabile delle risorse umane. L’ansia che accompagna un colloquio di lavoro può indurre a dire cose di cui poi ci si pente o a commettere errori: ecco perché è importante far mente locale in anticipo pensando a ciò di cui non è conveniente parlare. Per esempio, parlare di ferie ancora prima di essere assunti potrebbe non essere una mossa molto intelligente: ma questo è solo uno dei tanti sbagli in cui i candidati finiscono per incappare, spesso senza che neppure se ne rendano conto. D’altra parte, ci deve pur essere un motivo se il 19.9% delle ricerche di personale – secondo quanto comunicato da Confindustria, UnionCamere e Sole 24 Ore – resta inevaso: vuol dire che praticamente un’azienda su cinque non è in grado di reperire la persona di cui ha bisogno.
Le ragioni che spiegano tale circostanza sono molteplici, ma tra queste c’è senza dubbio l’inadeguatezza dei sistemi di reclutamento; da non sottovalutare, poi, il fatto che i livelli retributivi di ingresso sono più bassi di quel che ci si attende. In parallelo, c’è da fare i conti con le difficoltà messe in mostra dai giovani, e più in generale da coloro che aspirano ad avere un lavoro.
Come comportarsi a un colloquio
Quali sono gli atteggiamenti da assumere a un colloquio, dunque? Ovviamente è vietato mentire sulle proprie esperienze e sulle proprie capacità, non solo per questioni etiche ma banalmente perché prima o poi i nodi vengono al pettine e le bugie sono destinate ad essere scoperte. Non è consigliabile, inoltre, eccedere in sicumera. Tuttavia, la sincerità va bene, purché non vada a ritorcersi contro il candidato: parlare dei propri punti deboli, rivelando di essere superficiali, pigri o irascibili, potrebbe non essere una mossa vincente se si è interessati a ottenere una posizione lavorativa importante.
I punti deboli
Molto spesso, nel corso di un colloquio di lavoro viene posta ai candidati questa domanda: indicare i propri punti deboli, che ovviamente non avete relazionato nel curriculum. Che fare in una circostanza del genere? Il consiglio è quello di menzionare aspetti che siano sì negativi ma che possono essere migliorati. Lasciare intendere che si sta lavorando sui propri difetti equivale a mandare un messaggio positivo, poiché mette in evidenza un problema ma al tempo stesso lascia spazio per la sua soluzione. Non è utile, invece, parlare dei propri tratti negativi come se si trattasse di ostacoli impossibili da superare.
La situazione italiana
Stando ai dati forniti in occasione Festival del Lavoro a Milano a proposito della situazione lavorativa dei giovani, nel corso degli ultimi dieci anni si è assistito a una riduzione di 1 milione e 400mila giovani occupati, tenendo come riferimento la fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Se nel 2008 la disoccupazione giovanile era pari al 21.2%, oggi sfiora il 35%. Sarebbe sbagliato, però, attribuire la colpa di tale situazione interamente ai giovani, in quanto la questione è un po’ più complessa, e chiama in causa – tra l’altro – la grande distanza che c’è tra il mondo delle imprese e il mondo della formazione, che spesso non riesce ad assecondare le richieste e le esigenze delle aziende.
Ad allarmare, in particolare, è il numero di laureati che si occupano di mansioni che non hanno niente a che fare con il loro livello di istruzione: questo fenomeno ha un nome preciso – si parla di sovraistruzione – e nel nostro Paese coinvolge più o meno 320mila giovani. Non può essere trascurato, poi, lo squilibrio territoriale che ormai è un mantra quando si parla di Italia: in alcune aree del Belpaese il lavoro semplicemente non c’è, dato che la maggior parte delle richieste proviene dal Nord Est e dal Nord Ovest.