I vitigni autoctoni dimenticati: la Nosiola | BARBERA & CHAMPAGNE/5

Il mio Vinitaly 2019 è stato in parte dedicato alla conoscenza della nosiola e di seguito trovate i miei appunti rispetto agli assaggi più convincenti...

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Larghiller e Nosiola
Larghiller e Nosiola
Stefano Bergomi
Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – Fiera, happening, salone internazionale, vetrina, degustazioni, anteprime, premi, stretta di mano con il politico di turno, fuori-fiera, difficile dire cosa sia diventato il Vinitaly.

Essendo alla settima partecipazione sento di aver acquisito un po’ di esperienza sul campo e riconosco alla manifestazione qualche pregio. Ad esempio quello di permettere l’approfondimento di vitigni particolari, con produzioni limitate, talmente rari da risultare di difficile reperimento nella vita quotidiana del degustatore appassionato, tra supermercati, enoteche e winebar.

E visto che al Vinitaly i produttori ci sono quasi tutti, è possibile lanciarsi in una comparazione, alla ricerca di somiglianze e divergenze, per capire le potenzialità del vitigno, le diversità di interpretazione e di espressione stilistica.

Il mio Vinitaly 2019 è stato in parte dedicato alla conoscenza della nosiola e di seguito trovate i miei appunti rispetto agli assaggi più convincenti. Prima però qualche indicazione per inquadrare varietà e tipologie di vini.

NOSIOLA: vitigno autoctono del Trentino, in passato diffuso in tutta la regione, progressivamente abbandonato per l’incostanza della produzione e in conseguenza dell’affermazione di vini dal gusto internazionale. Non certa e ancora dibattuta la storia etimologica del nome; secondo alcuni da ascrivere al ricordo di nocciola, riscontrabile nel finale ammandorlato del vino. Oggi la produzione è concentrata soltanto nell’areale di Toblino, nella Valle dei Laghi, e sulle colline intorno a Lavis. L’ampio soleggiamento e la costante ventilazione, anche grazie all’influenza del Lago di Garda, permettono la piena maturazione delle uve, medio-tardive rispetto ad altre più precoci a bacca bianca coltivate nelle stesse zone.

VINO: Il colore è giallo paglierino con riflessi verdolini. Si distingue per profumi delicati, di fiori bianchi e frutta acerba. Il gusto è secco, un annuncio di freschezza che lascia il campo a un corpo armonico con vaghe sensazioni fruttate e  minerali, su un finale tendenzialmente amarognolo.

Per buona parte la produzione è orientata verso un vino da consumare giovane, con il solo affinamento in acciaio. Non mancano però sperimentazioni con affinamento in legno, a testimonianza delle buone doti di invecchiamento. Infine la chicca presente nella Valle dei Laghi: il Vino Santo, passito prodotto da uve messe ad essiccare su graticci e vinificato durante la Settimana Santa di Pasqua.

MIGLIORI ASSAGGI

Bolognani, Nosiola 2018 – affinamento in solo acciaio. Mi ha particolarmente colpito per un naso ricco, con sentori fruttati più evidenti rispetto ad altre nosiole d’annata assaggiate. In  bocca regala un sorso nitido, fresco e pulito. Non avvolge ma sorprende per una leggera acidità che esce non immediatamente, a donare persistenza. L’azienda, a conduzione famigliare, è situata nella zona di Lavis.

Cantina di Toblino, Largiller 2012, vino frutto della selezione delle uve del vigneto “Argiller”, tra i migliori cru dell’intera valle. Sovramaturazione in pianta, macerazione a freddo a contatto con le bucce, pressatura soffice e fermentazione in botti grandi di rovere per 6 anni. Nonostante il tempo trascorso il vino sembra giovanissimo, trasmette la sensazione di poter rimanere in bottiglia, e migliorarsi, ancora per lungo tempo. Tra i migliori testimoni della longevità dei vini prodotti da nosiola. Il processo di vinificazione e affinamento concepito sembrerebbe mirare alla complessizzazione da note terziarie del vino. All’assaggio invece non si riscontrano inutili pesantezze o innaturali sovrastrutture, anzi stupisce per un gusto fine e profondo. Non manca di freschezza, ma ancora una volta è la leggera nota minerale che personalmente appassiona, qui accompagnata da sensazioni di frutta gialla quasi matura e miele. Il naso è ampio, oltre che all’agrume e al burro, ci sono rimandi al  floreale di ginestra e camomilla.

La cantina di Toblino è una realtà cooperativa, recentemente ha integrato la propria offerta anche con ospitalità e hosteria.

Pisoni, Vino santo 2005, colore incantevole di giallo ambrato con riflessi dorati, Complessità e persistenza olfattiva, nel bouquet in primo piano si riscontrano evidenti sentori di frutta esotica. Al sorso si rivela molto intenso, rotondo ma non pesante, di austera compostezza, dal gusto delicato e armonico. I 14 anni ormai trascorsi dalla vendemmia non si fanno sentire, il vino convince con un sorso pieno, non stucchevole, ad invogliarne la ripetizione.

La famiglia Pisoni è giunta alla quarta generazione di viticoltori, anche se l’origine è legata all’arte della distillazione.

In conclusione i vini da nosiola sono solo all’apparenza semplici; un’analisi attenta rivela come non siano mai banali, con un gusto delicato e ricercato.

Filo conduttore nel confronto ai banchi d’assaggio della kermesse veronese è stata la sorpresa dei produttori nel trovarsi di fronte qualcuno espressamente interessato ad approfondire la nosiola, quasi ormai rassegnati all’anonimato alla quale è stata relegata.

Il mio consiglio, invece, è di provarne l’assaggio, ne rimarrete stupiti.

* sommelier per passione

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