Cannabis legale a rischio dopo la sentenza, i negozianti: caccia alle streghe

Per il momento la vendita di Cannabis legale continua: i negozi possono continuare a vendere foglie essiccate da fumare, ma il futuro del settore è incerto

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Gianpiero Occhialini di Hempatia davanti ai prodotti EasyJoint, www.bsnews.it
Gianpiero Occhialini di Hempatia davanti ai prodotti EasyJoint, www.bsnews.it

Tempi duri per negozi specializzati e semplici tabaccai: vendere nei growshop cannabis light con thc fino a 0,6 per cento è potenzialmente reato. Lo hanno stabilito le Sezioni unite penali della Cassazione con l’informazione provvisoria 15/2019, che mette teoricamente fine a un contrasto di giurisprudenza, dando così uno stop alla vendita della ‘cannabis light’.

CHE SUCCEDE ORA AI NEGOZI DI CANNABIS

Per il momento – è importante precisarlo – la vendita di Cannabis legale continua: i negozi possono continuare a vendere foglie essiccate da fumare, liquidi per la sigaretta elettronica, gocce e oli da ingerire. Ma la sentenza mette in forse per il futuro la vendita di questi prodotti e, dunque, la sussistenza stessa dei negozi che vendono canapa legale. Un mercato sempre più florido, che anche in terra bresciana conta diverse decine di negozi con catene che hanno investito cifre significative per lo sviluppo del business. Che fine faranno? La parola, sostanzialmente, spetta alla politica. Ma nel settore la paura è molta, viste le dichiarazioni di alcuni esponenti del governo.

IL NODO GIURIDICO  

Secondo la sentenza della Cassazione, integra il delitto di spaccio la commercializzazione a qualsiasi titolo dei prodotti derivati dalla cannabis sativa L., salvo che siano del tutto privi di efficacia drogante. Il contrasto di giurisprudenza è composto secondo l’orientamento restrittivo: la legge 242/16 qualifica come lecita soltanto l’attività di coltivazione della canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/Ce del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla che possono essere commercializzati. Insomma: rischia la condanna per spaccio di droga chi commercializza a qualsiasi titolo foglie, inflorescenze, olio e resina ottenuti dalla coltivazione di cannabis sativa L (cfr. sentenze 34332/2018 e 4920/2019).

I REQUISITI PER LA COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS LEGALE

Sono tre – informa una nota dello Sportello dei diritti – i requisiti affinché sia lecita la coltivazione di cannabis: la varietà deve essere una di quelle ammesse, iscritte nel catalogo europeo; la percentuale di thc inferiore o pari allo 0,2; la coltivazione finalizzata a realizzare uno dei prodotti espressamente indicati dall’articolo 2, secondo comma, della legge 242/16. Gli usi consentiti sono vari: dagli alimenti ai cosmetici, dal florovivaismo ai materiali per la bioedilizia fino ai prodotti per la bonifica di siti inquinati.

Smentito l’orientamento secondo cui dall’interpretazione della norma emergerebbe che è lo 0,6 per cento di thc il tetto cui la cannabis non è considerata dalla legge come produttiva di effetti stupefacenti rilevanti sul piano giuridico. E ciò perché in base all’articolo 4 della legge 242/06 nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni quando dai controlli sulle coltivazioni emerge un contenuto complessivo medio di thc superiore allo 0,2 per cento ma inferiore a 0,6. Prevale la lettura rigorosa secondo cui, come risulta dai lavori parlamentari, la nuova normativa si applica alle varietà che non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico in materia di stupefacenti. Il pg aveva chiesto di rimettere gli atti alla Consulta. Di recente la Suprema corte aveva confermato il sequestro di profumi per ambienti alla cannabis in quanto prodotti non contemplati.

IL COMMENTO DI UN NEGOZIANTE

“La sentenza – commenta Gianpiero Occhialini, titolare di Hempatika, una delle prime catene bresciane – fa sicuramente riflettere: fa riflettere su quanto troppo spesso la mancanza di conoscenza possa generare paura ed una conseguente caccia alle streghe e fa riflettere su quanto la politica e il buon senso non viaggino sullo stesso binario. Ma comunque – aggiunge Occhialini – tale provvedimento non sancisce assolutamente la fine dei negozi dedicati alla canapa ed i suoi derivati: abbiamo già avuto in passato una sentenza della cassazione altresì favorevole alla commercializzazione dei prodotti alla canapa. Inoltre non scordiamo che la cannabis light avendo una soglia di thc sotto allo 0,5 % non ha effetti quegli effetti droganti che preoccupano così tanto una certa corrente di pensiero. Quindi direi 1 a 1 palla al centro. Serve una norma definitiva e univoca?”, chiosa il titolare di Hempatika, “certo che sì”.

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