Chagall e la polemica sulle grandi mostre

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Claudio Bragaglio
Claudio Bragaglio

di Claudio Bragaglio* – La mostra di Chagall mi pare sia striata da troppe polemiche. Si tratta ora di evitarne di nuove e di maneggiare con cura quelle già esistenti. Per il buon esito della mostra stessa. Ciò mi porta subito a dire che non m’avventuro sulle questioni tirate in ballo per eventuali interessi del Direttore Di Corato per Mostre, Cataloghi e Case editrici. Di questo risponderanno Piattaforma Civica dell’avv. Onofri e Centro Destra. Per quanto mi riguarda vorrei stare al merito, dicendo di condividere la scelta, seppur estemporanea, della mostra di Chagall, con Dario Fo. Ma, a differenza di altri, in piena coerenza con la mia precedente condivisione anche della proposta di Goldin. Penso infatti abbia ragione il prof. Vasco Frati quando osserva che “al di là delle cortine fumogene… si tratta d’un progetto che ripropone il metodo Goldin dell’iniziativa organizzata chiavi in mano”. Ha quindi senso rileggere la discussione estiva su cui sono intervenuti in molti, tra cui Sindaco, Vicesindaco e Direttore. Per trarne una morale, come si diceva un tempo. In particolare debbo una risposta ad uno stimato amico di vecchia data. Al presidente Massimo Minini che mi sollecitava una modifica delle mie opinioni. Ma non avrei mai pensato di poterlo amichevolmente contraddire – e con troppa facilità – a distanza di così pochi mesi. Gli argomenti opposti a Goldin sono ben noti. Almeno quelli pubblici e senza voler dar peso a chi ha evocato imbarazzi per la sua matrice, “troppo corsiniana”. O ai classici contrasti tra “prime donne”, ma con l’equivoco sul “gender”, trattandosi nel caso nostro di tre “maschietti”. Con in evidenza i loro bravi e per nulla dissimulati attributi artistici. Un “contrasto tra scuole”, s’è detto, ma forse in omaggio all’ipocrisia, prima ancora che ad un desueto pudore vittoriano. M’ero allora sorpreso non tanto del no a Goldin – ci stava – ma per la contraerea dei “sacri principi” messa in campo. Del tipo: mai più grandi mostre itineranti come un’astronave in S. Giulia, priorità al nostro patrimonio museale, perché Goldin non ha lasciato neppure le impronte digitali, non possiamo ricominciare a spendere per le mostre, sarebbe come mettere il rossetto ad una signora in fin di vita, non abbiamo bisogno di un’invasione di turisti, grandi mostre la solita solfa, abbiamo un’opposta strategia culturale…Infine, con un’esibizione spericolata dell’ombelico proprio: i musei Pompidou, Met e Moma fanno la propria programmazione e non l’affidano certo a terzi, ad un Goldin di turno. Così noi. Parole tutte virgolettabili, espresse da vari protagonisti.\r\n\r\nDi certo sappiamo che la proposta Goldin (5 milioni per l’allestimento, 350 mila visitatori) era migliorativa rispetto alle precedenti della Giunta Corsini. Per il Comune poi un impegno di 400 mila euro, più o meno come per Chagall. E m’immagino tra mesi la ridda acida dei confronti. Chi, come me, assentiva ritiene invece che una città d’arte non contrappone, ma fa convivere Grandi Mostre e valorizzazione di risorse proprie. Proprio come Brescia fa ora – e bene – con Chagall, che convive col percorso particolarmente positivo e multiforme, già messo in campo dalla Giunta Del Bono e dall’Assessorato Castelletti. Ma ancora oggi mi chiedo il perché d’una batteria così polemica di argomenti, poi contraddetti. Al punto da far ritenere ai maliziosi che ci fosse nient’altro che una pregiudiziale sul proponente. Sappiamo di corsi e ricorsi sulle Grandi Mostre. Un pendolo praticato pure dal binomio Paroli-Rolfi che nel 2008 contrappose al Goldin-Corsini la “brescianità”. Per inseguire poi Sgarbi ed ingaggiare infine l’Artematica di Brunello per Matisse, finita in truffa in un Tribunale. La mostra di Goldin forse non ci poteva stare per ristrettezza di tempi e di confronto, per la maggiore complessità organizzativa rispetto a Chagall. Per cose ragionevoli, insomma. Non per “sacri principi” scolpiti nella sabbia, in compagnia degli immancabili corifei, sempre pronti per qualunque coro. Ma neppure per l’impuntatura di personalismi di ruolo, che non meritano udienza alcuna, tanto più se adombrano ricatti. Importante ora è il punto da cui si riparte. Ovvero da possibili Grandi Mostre, rilegittimate con Chagall. Facendo tesoro del passato, per poter andare oltre e meglio. Rileggere ciò che ha scritto sulla stampa locale (18.8.15) un protagonista come Agostino Mantovani, in merito alla verità delle Grandi Mostre, rappresenta cosa utile. Soprattutto per coloro che pensano che il mondo debba sempre ricominciare da capo e, ovviamente, solo…da loro stessi.\r\n\r\n* Ex assessore comunale\r\n\r\n 

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