Depositate le motivazioni

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    La corte d’assise di Brescia ha depositato ieri le motivazioni che hanno spinto i giudici a condannare all’ergastolo Bruno Lorandi. 283 pagine che ricostruiscono la vicenda dal ritrovamento del corpo della donna privo di vita, nella sua casa di via Vespucci a Nuvolera, il 10 febbraio 2007, sino all’arresto del marito.
    Bruno Lorandi avrebbe ucciso la moglie Clara Bugna, strozzandola e strangolandola per poi sistemarla in soggiorno, simulando una rapina, per sviare da sè i sospetti. Al di là di ogni ragionevole dubbio, sarebbe lui l’autore dell’omicidio della moglie e ogni altra ipotesi è stata abbandonata. Bruno Lorandi avrebbe addirittura premeditato l’uxoricidio, uccidendo la moglie per non mettere a rischio il segreto che custodisce sulla morte del figlio Cristian, ucciso il 28 aprile 1986. La moglie avrebbe rappresentato ormai un ostacolo, da rimuovere prima che potesse parlare. L’omicidio sarebbe avvenuto sul letto, dove la donna sarebbe stata strangolata con la cintura dell’accappatoio. L’ora del fatto sarebbe compresa tra le 2.50 e le 8.50, con maggiore probabilità che sia compresa tra le 4.50 e le 6.50. Lorandi sarebbe colpevole anche di simulazione di reato, avendo inscenato una finta aggressione; Clara non si sarebbe mai alzata per accendere il ferro da stiro (le sue ciabatte erano ancora ai piedi del letto, le tapparelle tutte abbassate, nessuno aveva fatto colazione all’arrivo degli agenti). Resta da chiarire il movente. Le motivazioni enunciate da Enrico Fischetti, presidente della corte d’assise, avanzano un quadro molto dettagliato. «Da una parte vi era Clara, spinta da ansia di verità nella ricerca degli autori dell’omicidio di Cristian, disposta a tal fine a dedicare risorse economiche e il resto della vita; dall’altra vi è Lorandi che per anni ha protetto il segreto relativo alla morte del figlio, di cui conosce l’autore o gli autori, e che vede minacciata la pace e tranquillità, anche economica. Lorandi doveva continuare a proteggere il segreto». Lorandi aveva l’ossessione, prossimo alla pensione di «dover affrontare giornalmente a tempo pieno la spinta di verità della moglie. La risposta di Lorandi a questo quadro instabile è stata una risposta drastica e primitiva: sopprimere il suo giudice e la sua ossessione».

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