Da Gerolamo Rovetta a Fiorello

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Renato Borsoni - www.bsnews.it
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di Renato Rovetta – Salvo qualche eccezione importante e pressoché dimenticata intorno al ‘500, e qualche voce paludata nel ‘700, la cultura bresciana non ha dato al teatro italiano niente altro di interessante, mi pare. Ma un’eccezione c’è, e vale la pena di rilevarla. Proprio un secolo fa moriva a Milano, che era diventata il suo luogo di vita e di lavoro dopo la giovinezza trascorsa a Brescia, lo scrittore e drammaturgo Gerolamo Rovetta. Nella Sala delle Statue che precede il Ridotto del teatro Grande, nel mezzo della parete destra, c’è un busto del Nostro che fa da pendant a quello collocato di fronte e dedicato a Giuseppe Verdi. Nel 1910, dopo la sua morte, un comitato cittadino aveva affidato l’opera al più noto scultore liberty del tempo, Leonardo Bistolfi. L’opera al cui pagamento avevano contribuito tra gli altri il Comune, La Società del teatro e l’Ateneo, fu inaugurata nell’agosto del 1911 alla presenza nientedimeno che di Giacomo Puccini. Le opere teatrali di Rovetta, oltre ai suoi  romanzi che divennero subito popolari, infiammarono le platee di tutta Italia: in modo particolare Romanticismo (1901), un dramma patriottico del quale si impadronirono per decenni tutte le compagnie del nostro paese, da quelle professionali a quelle amatoriali. Tra queste ultime la più conosciuta a Brescia si chiamò addirittura “Perseveranza-Rovetta” e aveva sede a Brescia in vicolo delle Stelle (attuale Aab). Dal secondo dopoguerra in poi, la produzione del drammaturgo bresciano venne quasi totalmente dimenticata dai nostri palcoscenici, che invece riservarono alcune occasioni interessanti ai drammi di Giuseppe Giacosa, coetaneo e amico di Gerolamo, e particolarmente al suo “Come le foglie”. Ma nel marzo del 1981, nel teatro S.Chiara, accadde un piccolo curioso fatto teatrale. Avevamo chiesto agli allievi dell’ultimo anno della Scuola Civica del Piccolo Teatro di Milano di mettere in scena “ Alla città di Roma” dramma pressoché sconosciuto di Gerolamo Rovetta: una cruda analisi della borghesia lombarda a lui contemporanea, che i giovani affrontarono con entusiasmo guidati da un regista alla sua prima vera prova di palcoscenico. Si chiamava Giampiero Solari. Si, è lui, quello che da qualche tempo, dopo molte importanti esperienze nella prosa, è approdato al grande pubblico dando vita a operazioni televisivamente memorabili come gli show di Fiorello.

DA IL QUOTIDIANO IL BRESCIA – 19 FEBBRAIO 2010

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